XVI

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Vanja Benjamin Ivanov, Delirium, Mosca-Russia.

Il Delirium era colmo anche quella notte e Jackie aveva assicurato a me e Edrian un posto nel privè centrale, dal quale si poteva supervisionare ogni centimetro del bar. Tutti i clienti sapevano chi fossimo e non solo perché le camice nere arrotolate fino ai gomiti esponevano i tatuaggi della Drakta, ma perché ogni fottuto cliente conosceva alla perfezione la nostra fama e la nostra nomea; in più, quel luogo apparteneva alla Drakta.

"Ti hanno notato tutti." Il sussurro di Edrian fu attutito solo dalla pesante musica che rombava nel locale. "Uomini e donne comprese."

La sua mano si avvicinò pericolosamente alla mia coscia e risucchiai l'aria tra i denti; lo udii ridacchiare contro il mio collo e mi spostai di un millimetro dal suo caldo corpo pulsante.

Mesi fa, prima di lasciarmi completamente andare e di abbracciare, in modo piuttosto altalenante, la mia vera natura, avevo avuto paura che una volta assaggiato il frutto proibito: Edrian, non ne sarei riuscito più a fare a meno.

Con mio sommo piacere, era proprio così.

Vi era qualcosa in Edrian, che non mi permetteva di allontanarmi, era come se fosse un pezzettino di ferro ed io una calamita, irrimediabilennte attratta da lui; era un afrodisiaco, una ventata d'aria fresca durante un'estate soffocante; una via d'uscita dal buio in cui eravamo costretti a vivere.

"Concentrati sul lavoro, Ed." Adocchiai le pareti del privè e tirai un sospiro di sollievo al ricordo che ciò che avveniva all'interno fosse oscurato all'esterno. "O anche se sono nipote di Dimitri, ci servirà su un piatto d'argento a pezzetti."

"Quanto la fai lunga... per due moine."

Si abbandonò in una posa scomposta e maliziosa, deliberatamente maliziosa, tanto che gli rifilai una gomitata alle costole. Mi sorrise civettuolo e si portò il drink alle labbra con deliberata lentezza.

"Qualcosa non va, Van?"

La sua voce si abbassò e assunse quella classica sfumatura erotica che utilizzava quando ci... Mi costrinsi a terminare il pensiero e mi sollevai di scatto.

"Già, qualcosa proprio non va." Adocchiai il punto dei miei pantaloni in cui il suo sguardo stava aleggiando e grugnii infastidito. "O sta andando fin troppo bene."

Si sollevò e come al solito mi soverchiò con la sua prestanza fisica; nonostante i due centimetri di altezza di differenza, la sua aurea era così intensa da sembrare più alto di almeno dieci.

"Fai il tuo lavoro, Ed." Gli appoggiai la mano sul petto per spintonarlo, ma lo stronzo si avvicinò di più. "Edie," lo redarguii. "Non abbiamo tempo."

"Ne riparliamo in camera, Vanja." Mi strizzò l'occhio. "Vado a lavorare."

Mi sfiorò le labbra e abbandonò il privè. Prima di essere in grado di uscire da quella stanzetta dovetti attendere dieci minuti... dieci lunghi minuti in cui mi focalizzai sulla respirazione ed un milione di immagini scabrose e raccapriccianti. Ritrovato il mio solito aplomb, degna eredità della parte inglese della mia famiglia, sgusciai fuori dalle pareti e mi incamminai verso l'ingresso.

Mio zio Dimitri aveva chiesto di sorvegliare l'ingresso e le liste degli ospiti, per questo superai il bancone e raggiunsi le due ragazze all'entrata del club più quotato di tutta Mosca.

"Buonasera." Dovevo assolutamente focalizzarmi sulla nostra missione o la Drakta avrebbe perso terreno in Russia, a causa di quella minaccia. "Sono Vanja Ivanov." Sorrisi cordiale, sapendo perfettamente che effetto procurassi alle ragazze, soprattutto quando mi addossavo con il gomito sul bancone e mi scompigliavo i capelli rossi. "Non so se qualcuno vi ha avvertito del mio arrivo."

Accettazione |THE NY RUSSIAN MAFIA #6Onde histórias criam vida. Descubra agora