11 - Inganni e Sotterfugi

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Galassia, Asgard.

Che senso ha?

Era una domanda che Lilith non si era posta in nessuna occasione.
Un quesito che la sua mente non concepiva, perché non aveva mai avuto dubbi su ciò che desiderava per se stessa.

Eppure, dopo tutti quei secoli, dopo tutte quelle battaglie e quegli anni passati a fuggire, il suo cervello aveva deciso di fermarsi un secondo a pensare.
Riflettere sulla sua vita, su tutto ciò che aveva fatto.

Inevitabilmente, seduta sui gradini malandati di quel porticato, con lo sguardo perso nel vuoto, si era ritrovata a chiedersi che senso avesse continuare con quella vita.

Non dubitava di sé, aveva gran tenacia e forza, ma anche lei, alla fine, era stata colpita da quelle emozioni di sconforto.

Sin dal momento in cui aveva messo piede sulla Terra, aveva combattuto. Lilith portava avanti una battaglia per la sua libertà da sempre. E la stanchezza iniziava a farsi sentire. Quella pausa che si era presa a New York, era stata senza dubbio rigenerante. Ma quando credeva di avere finalmente il coltello dalla parte del manico, ecco che arrivava lui, inaspettato, a piantargliene un altro nella schiena.

Quindi, si domandava che senso avesse continuare a combatterlo, se tanto lui sarebbe sempre stato due passi avanti a lei.
Che senso aveva continuare a scappare, se tanto lui riusciva sempre a trovarla, in un modo o nell'altro.

Avrebbe mai potuto sedersi e rimirare l'orizzonte senza dover pensare più a nulla?
Avrebbe mai trovato la pace?

Vedeva tante possibili risposte a quelle domande e in nessuno scenario vi era una conclusione positiva.

Ma arrendersi e sottomettersi a un volere superiore, che non venisse direttamente da lei, era inconcepibile. Quindi, per quanto stanca, provata e sconsolata fosse, non se la sentiva comunque di mollare.

Non era una che si arrendeva.
Non abbandonava i suoi scopi.
L'unico modo per fermarla era ucciderla. E uccidere una Dea pressoché immortale era impossibile, quindi, fino alla sua vittoria, non ci sarebbe mai stata pace per la sua anima oscura.

«Puoi andare a deprimerti da un'altra parte e non sui gradini di casa mia?» Elin era arrivata con un balzo davanti a lei, sbucando quasi fuori dal nulla. O forse era semplicemente Lilith che, troppo assorta nei suoi pensieri, nemmeno si era accorta della sua presenza.

«Ah, bentornata. Il tuo giro di ricognizione mattutino ha portato nuovi frutti?» le domandò la Dea dell'Oscurità, alzando un sopracciglio e scacciando finalmente via le preoccupazioni dalla sua mente.

La bambina raddrizzò le spalle, alzando il mento, assumendo una posizione fiera, mentre le mostrava il suo bottino. Dalle ampie tasche della sua veste marrone, aveva tirato fuori qualche luccicante gioiello colorato e un pezzo di stoffa pregiata.

«E quante volte hai rischiato di farti scoprire?» le domandò Lilith, facendo sì che l'espressione della bambina si imbronciasse. Nello smorzare l'entusiasmo era la migliore.

«Solo dal commerciante di stoffe, ma sono riuscita a seminarlo» rispose, ritirando avidamente quel suo tesoro e salendo i gradini, sopra i quali la donna stava ancora seduta comodamente.

«Credi che una parte di quei gioielli potrebbero essere impiegati per comprarci del cibo o devo provvedere io, con i miei modi, a quello?» chiese poi la Dea, girando di poco la testa, così da osservare Elin con la coda dell'occhio.

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