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«Hey ragazzina, svegliati»
Sento dei colpetti sulle guance finché non apro gli occhi e il disturbatore si ritira.
«Ah allora stai bene» dice sarcastica la stessa persona che era svenuta all'inizio dell'operazione.
«Sina...» sussurro cercando il suo letto. Anche io sono stesa su uno di questi rialzi e scendo velocemente per cercare la ragazza mora.
«Sina...si è svegliata?» chiedo all'uomo mentre guardo il corpo di mia sorella, fermo, con solo piccoli sussulti a identificare ogni respiro. Almeno è viva.
«No, non anc- oh aspetta, girati» indica dietro di me, oltre le mie spalle, e subito mi giro per vedere se Sina sta avendo qualche miglioramento.
Grazie al cielo è proprio così, sta tentando di aprire gli occhi e sistemarsi sul lettino scomodo.
«Sina! Santificate siano le mura! Sono così felice! Su su, ti aiuto io a sistemarti» Mi avvicino sistemandole il guanciale e aiutandola a mettersi comoda.
L'uomo, dopo avermi avvertita che ci lascerà un po' di privacy, esce dall'infermeria.
«[T/n] che è successo?» chiede a bassa voce la mora, ancora con poche energie.
«Hai cercato di suicidarti. Ti ho trovata stesa a terra con tutto quel sangue. Ho temuto il peggio ma ti sei ripresa, dopo diverse ore, ma almeno sei viva. Non fare mai più una cosa del genere. La vita è una cosa molto preziosa. La più preziosa probabilmente. Ti sembra il modo di giocarci? È come prendere un vaso delicato e iniziare a lanciarlo in aria. Non mi sorprenderei se cadesse e si rompesse. Questo è quello che hai fatto anche tu con la tua stessa vita»
«Ma sono sana e salva. È questo che conta»
«E io non sarò sempre qui per te pronta a riportarti nel mondo dei viventi. Si può sapere che ti è saltato in mente?»
La ragazza gira la testa dall'altra parte, osservando il Sole sorgere. È così presto eppure sembra essere già il tramonto per come mi sento psicologicamente...
«Mi è sembrato l'unico modo. È stato l'unico a non preoccuparsi troppo di ciò che ho fatto. Tu, nonostante ora stia cercando di farmi uscire da qui, mi ci hai pur sempre rinchiusa e non posso nemmeno darti torto, lo avrei fatto anche io al tuo posto. Ma lui continuava a sorridermi come la prima volta. Come posso andare avanti senza vederlo più?» confessa iniziando a singhiozzare e senza guardarmi negli occhi, persa ancora a osservare l'esterno.
Mi siedo vicino a lei prendendo una sedia e accostandola al letto. Stringo la sua mano che ricade sul sottile materasso cercando di darle un minimo di conforto.
«Noi usciremo subito da qui. Ho la lettera del Comandante di questo posto che lo approva. Torneremo dagli altri e ti aiuteremo tutti insieme a trovare un nuovo scopo. So che non lo dimenticherai mai, quello che c'era tra di voi era speciale, ma come ti ho detto mentre non eri cosciente-»
«"Devi continuare a vivere, per entrambi". Tu...l'hai detto veramente? Come è possibile...pensavo di essere morta o quanto meno in un sogno»
La guardo confusa, tentando di cogliere qualcosa di sensato nel suo discorso.
«Capita di sentire la voce di chi è estraneo a un sogno»
«Non lo so...era un posto strano...ero in luogo isolato che non ho mai visto prima. Vedevo un cielo stellato magnifico ed ero seduta su un terreno sabbioso, o argilloso, non ho ben distinto cosa fosse. Poi è arrivato Marco e ho pensato che quel posto celestiale fosse il Paradiso, finalmente ero morta e l'ho raggiunto. Stavamo di nuovo insieme quando ho sentito una voce dire esattamente le tue stesse parole. Non avevo ben distinto a chi appartenesse ma a quanto pare sei tu»
Quel luogo...non ricordo bene come sia possibile ma è una descrizione familiare, come se lo avessi visto anche io ma è difficile che capiti di sognare le stesse cose. Se solo ricordassi quando ho avuto quella visione...sarebbe di grande aiuto.
«[T/n] tutto bene?» mi scuote lei. Torno in me con un sussulto e le dò una risposta affermativa. Odio questa sensazione: sai qualcosa ed è proprio sulla punta della lingua ma non riesci a ricordare cosa.
«Su aggrappati a me, ti aiuto a uscire da qui. Da oggi sarai nuovamente libera» sorrido gentilmente prendendole il braccio e passandolo intorno al mio collo. Lei si alza ma lo ritrae velocemente.
«Non serve. Riesco a camminare, tranquilla. E poi non posso far sforzare te, hai già i tuoi problemi a cui pensare. Mi arrangio»
Giusto, sono la bambola di ceramica ormai.

𝕄𝕌ℝ𝔸 {Jean x reader}Where stories live. Discover now