NET | SPICCHIO QUATTRO

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«Perché sei venuto in stracci a casa mia, Jungkook?» lo accolse il corvino dal secondo ingresso che portava difilato alla sua stanza.

Neanche se si fosse presentato in cenci scarmagliati, logori e toppati, propri dei mendicanti.
Quelli del bodyguard erano abiti che rivelavano le sue gambe un po' smagrite e maggior parte delle braccia visto che aveva addosso una maglia a maniche corte.

«E come sarei dovuto venire, scusa?» replicò il ventisettenne, fermo come un monolito sulla soglia della porta.

«Ci sono i miei genitori e i miei parenti.»

«Avvisa prima.» rispose Jungkook.

I due discreti e di nascosto, senza farsi vedere dai parenti, si andarono a rintanare nella camera da letto di Taehyung.

«Cos'è questa barbetta? Anzi no, ti dona. Sembri più intimidatorio e maschile, ed essendo il mio bodyguard ne hai bisogno. Un maschio alfa, roar.» sbottò in una risata di scherno il corvino, «Tieni, indossa questo. Svelto.»

«Taehyung?» soggiunse una lontana voce anziana.

«Vai, vai.» incitò a voce bassa, spingendo il maggiore verso la cabina armadio della propria camera da letto.
E dopodiché tirò le tendine di bambù nero per coprire la figura di quest'ultimo.

«Taehyung, perché stai facendo aspettare così tanto i tuoi parenti? Sono ospiti importanti, vedi di sbrigarti. Inoltre, ci tenevo a farti presente che se non ho risposto alle tue chiamate in questi ultimi giorni è perché non è nel mio interesse ricevere una chiamata da parte tua. A maggior ragione se riguarda la tua vita e il tuo spensierato modo di vivere che non condivido. Se riguarda affari, sai benissimo che devi rivolgerti al signor Baek, il mio segretario. Io e te non abbiamo nulla in comune, se non le informazioni genetiche. Quindi te lo chiedo per cortesia, blocca il mio numero e ovviamente quello di tua madre. Non chiamarmi papà quando siamo tra di noi, non ci tengo.»

Il padre, nonché signor Kim, giunse dal figlio con il suo solito atteggiarsi burbero con il prossimo.

Quando padre e figlio parlavano c'era sempre lo scatenarsi di un mare in burrasca.
Avevano dietro un triste e lungo passato che aveva come protagonista principale il loro sciocco orgoglio.

Taehyung quando più di mezz'ora fa aveva risposto al telefono a Jungkook era stato semi sdraiato sul letto della camera da letto in completo blu Allthemen, tanto ostinato a evitare i propri parenti, invitati con uno scarso avviso a casa sua dai genitori.

Era il proprietario della casa però non aveva potuto né rifiutare e né controbattere.

Perciò quella chiamata era stata come una grossa boccata d'aria fresca per lui.

«Okay. Come vuoi, ahjussi.» così, il corvino per deridere del padre usò un onorifico vezzeggiativo, usato per riferirsi a un comune anziano.

«Ti sembra siamo soli noi due? E come ti permetti di darmi dell'ahjussi? I tuoi parenti potrebbero sentirti dal piano di sotto.»

«Ah, già. Il mio bodyguard è qui. Purtroppo, abeoji, credo ci abbia sentiti. Non è vero, hyung?» scostò le tendine, in modo teatrale, affinché il padre potesse scorgere la figura del bodyguard in un completo nero.

L'anziano rimase sconvolto.

«Però credo se noi due gli aumentiamo lo stipendio al doppio di quello di ora, lui tacerà senza fiatare. Non è vero, hyung? Terrai serrata quelle labbra se mio padre contribuisce un po'? Potresti diventare ricco stando in questa famiglia. Sai, abbiamo tanti di quei segreti e tu potrai sfruttarci.» denigrò ulteriormente il padre.

UNDER YOUR BREATH, TAEGGUKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora