Capitolo 761: Cum magno risu et delectatione...

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Il Duca di Ferrara si tormentava il grosso anello che portava all'anulare destro senza fermarsi un solo istante. Il suo portavoce, conoscendo quel suo modo di fare, non interruppe mai il suo racconto, convinto che Ercole non solo lo stesse ascoltando con attenzione, ma stesse già cercando una soluzione alla strana questione che gli stava sottoponendo.

Così come, con grande discrezione, il suo messo gli aveva riferito le varie trattative per portare da Roma delle monache che andassero ad abitare il monastero di Suor Lucia da Narni – monaca in odore di santità, rapita con la collaborazione della stessa, un paio d'anni prima e portata a Ferrara, dove il Duca le aveva fatto costruire un monastero tutto nuovo – adesso gli stava riportando anche le novità più spiacevoli che riguardavano il Vaticano.

Per volere dell'Este, ogni notizia andava prima vagliata da lui, e poi, solo in un secondo momento, se lui lo riteneva opportuno, divulgate.

Così come aveva tenuto molto a non far sapere troppo in giro la questione del figlio di Lucrecia, quello che in molti chiamavano l'infante romano, al momento affidato a delle religiose, così aveva soprasseduto e imposto il silenzio sulle chiacchiere riguardanti la scandalosa festa avvenuta il 31 ottobre di quell'anno a cui, aveva detto il portavoce, aveva partecipato anche la giovane Borja.

Quel giorno, quell'ulteriore pettegolezzo, stava facendo sudare freddo Ercole. Voleva a tutti i costi imparentarsi coi Borja, ed era fermamente convinto che suo figlio Alfonso non meritasse certo una santa, ma ogni volta che gli arrivavano voci dall'Urbe, la sua sicurezza vacillava sempre di più.

"Quindi, mi state dicendo – fece a un certo punto il Duca, interrompendo il suo portavoce e puntando gli occhi freddi verso il camino acceso – che Madonna Lucrecia ha partecipato a questa cosa e si è anche divertita."

"Come vi ho detto – asserì l'altro, chinando appena il capo, pensando che un breve riassunto fosse necessario, per evitare fraintendimenti – l'undici, mercoledì scorso praticamente, il papa ha fatto sequestrare dalle sue guardie due giumente, proprietà di alcuni falegnami che stavano andando tranquilli verso Porta Viridaria, e li ha fatti portare nel cortile del palazzo apostolico."

"Questo l'ho capito." disse, gelido, l'Este, fulminandolo con un'occhiataccia: "Non sono ancora rimbambito e di certo non mi scandalizzo nel sapere che il Santo Padre ha rubato deliberatamente due giumente a dei suoi sudditi. È quello che è successo dopo... Voglio sapere se è successo davvero!"

Come a voler trovare conferma, prima di assicurare che fosse così, il messo riguardò gli appunti che aveva preso mentre era ancora a Roma e, leggendoli di quando in quando, ribadì: "Le guardie del papa hanno tolto il carico alle giumente, una volta nel cortile del palazzo, e hanno fatto uscire quattro stalloni dalle scuderie... Potete immaginare cosa abbiano fatto gli stalloni, con due giumente... E il pontefice era alla finestra, assieme alla figlia, guardando la scena con..." si schiarì la voce, ripetendo le parole che aveva sentito usare da Johannes Burckardt in persona: "Cum magno risu et delectatione..."

"Quella sgualdrina..." borbottò allora l'Este, immaginandosi quasi il giovane – e per lui in realtà sconosciuto – viso di Lucrecia Borja mentre guardava gli stalloni montare le giumente, così come doveva aver guardato con interesse il padre e il fratello montare le cantoniere alla festa del 31 ottobre...

Certo, Ercole conosceva suo figlio, ne vedeva tutte le pecche e le enormi carenze... Da un lato era conscio del fatto che Alfonso non meritasse di meglio, che quella meretrice romana. In fondo, invece di occuparsi di quello che avrebbe dovuto, passava le sue giornate a sporcarsi le mani come un fabbro e a correre nei peggiori postriboli di Ferrara a cercarsi donne ben peggiori di quella Lucrecia Borja...

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte V)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora