42. Ragazza interrotta

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Trigger Warning

La stanza nella quale Aurora si rifugiava ormai da tre giorni aveva assunto il classico odore di stantio e di aria consumata.
Le compagne di stanza, Darlene e Megara avevano provato in tutti i modi a farla uscire, ma Rory rifiutava qualsiasi contatto con il mondo esterno, al di fuori delle sue lenzuola, il suo cuscino bagnato e asciugato delle lacrime almeno otto volte al giorno e un vaso di acqua sul comodino.

Non aveva bisogno di altro in quel momento.
Necessitava una mente libera, che però non poteva permettersi di avere, poiché i pensieri la divoravano dall'interno lasciandole un vuoto.

Che cosa avesse fatto le settimane prima nemmeno lo ricordava.
Che cosa fosse successo dentro quella prigione però sì.
Ricordava le scodelle di cibo bianco, scotto, forse marcio.
Ricordava i rumori dei tuoni, le fronde degli alberi che si infrangevano su quella minuscola finestrella in cima alla cella, unico scampolo di luce in un buio pesto.
Unico contatto con il mondo esterno.

Ad Aurora non serviva più quel mondo esterno, che era morto con lei.
Era morto con la sua voglia di vivere e con i suoi scherzi.
Era morto con la sua fame e la sua sete di avventura, lasciandola denutrita, fondamentalmente priva di qualsiasi energia.
Era morta non fuori, ma dentro.

Prendeva ogni momento non come una fiaba non raccontata, ma come una fiaba che non aveva tempo di esser letta.
Spesso i raggi del sole a mezzogiorno battevano diritti alla sua finestra, e allora si rannicchiava ancora più sotto le coperte, perché la sua pelle non meritava di vedere quella luce. Non meritava di regalarsi quel tepore.
Lei non meritava di regalarsi quei momenti di gioia, perciò si racchiudeva ancor di più in quel crogiolo di coperte e sogni infranti, dove la luce non poteva penetrare ed il benessere non si sentiva accolto.

Laddove ogni desiderio muore, portando con sé un pezzo di Aurora.

Per il terzo giorno di seguito, Ralston si recò dentro quella stanza, ma ad accoglierlo non c'era il sorriso della bruna.
Ad accoglierlo c'era il silenzio.

"Aurora ti prego"-era l'unica cosa che riusciva a dire.
Si mise seduto tra il letto e il comodino, lasciando che il suo corpo venisse in contatto con il fresco pavimento della stanza, le sue mani palmate a terra per darsi stabilità.

"Ti prego dimmi perché stai così"
Nemmeno questo riuscì a far muovere il malloppo di coperte che Ralston guardava dal basso verso l'alto.
Era un ragazzo a cui non piaceva arrendersi, Nott, soprattutto se si trattava della sua amata.
Gli occhi verdi di lui non rilasciavano più la stessa luce di prima.

"Septimus mi ha detto della cosa...insomma del fatto che si è dichiarato, ma non devi fartene una colpa se non ti piace. Tra me e lui è tutto a posto, nessuno dei due prova rancore per l'altro, quindi se è questo che ti preoccupa puoi stare tranquilla."

Ma niente, ancora nessun movimento. Ancora nessuna voce.
Rory sembrava morta, e se non ci fosse stato il suo respiro a confutare questa condizione, Ralston si sarebbe allarmato.
Ma Aurora respirava, portava avanti l'angoscia di inspirare ed espirare aria consumata da sotto le coperte.
Sarebbe stato molto più facile per lei tapparsi le narici e smettere di esistere.
Ma la presenza di Nott non le permetteva questo, perché sarebbe stato così male all'idea di perderla, e lei non poteva permettersi di fargli passare l'inferno di un lutto.

"Aurora...è un momento difficile per entrambi, io so benissimo come ti senti. Anche io sono stato lì, anche io ho vissuto quei terribili momenti. Perciò nessuno può capirti meglio di me."

Venena -TMRDove le storie prendono vita. Scoprilo ora