Capitolo 5

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QUINN:

Mi paralizzai alle sue parole.

Avevo sentito bene ? Conosceva il mio problema con il cibo ?

"T-ti stai sbagliando." Balbettai in preda al panico sperando di riuscire a convincerlo senza alcun risultato. Lo intuì dal fatto che alzò gli occhi al cielo visibilmente infastidito aggiungendo uno sbuffo sonoro.

"Non mentirmi. Detesto quando lo fanno." Ringhiò freddamente puntandomi il dito contro.

"Io non sto mentendo." Continuai alzando le mani in segno di resa beccandomi un occhiataccia da parte sua.

"Non mentirmi ti ho detto." Tuonò ancora facendomi sobbalzare.

Abbassai lo sguardo verso il pavimento bianco rassegnandomi a quella triste verità, sapeva tutto e niente che avessi detto gli avrebbe fatto cambiare idea.

"È stata lei non è vero ?" Chiesi in un sussurro riferendomi alla direttrice dell'istituto, solo lei poteva essere stata.

"Me l'ha detto la direttrice, si." Rispose fermo.

"Quella stronza.." Mormorai tra me e me stringendo i pugni "non aveva nessun diritto-" mi bloccò all'istante impedendomi di continuare a parlare.

"Invece aveva tutto il diritto di dirmelo. Sono tuo padre ed è mio dovere saperlo. Questo non è un gioco, è una cosa importante, cazzo. È a rischio la tua salute." Urlò sempre più forte zittendosi completamente.

Lui non poteva capire ciò che io provavo, nessuno poteva farlo.

Inizialmente era una cosa nervosa, stavo male per alcune dinamiche e mi si chiudeva lo stomaco. Da lì si trasformò in una sfida contro me stessa.

Non mangiare mi faceva solo del bene.

A scuola mi avevano sempre deriso, soecialmemte per il mio aspetto fisico.

Tutto quello che ingoiavo mi faceva ricordare quanto non potessi permettermi di mangiare, e così i sensi di colpa aumentavano facendomi salire i conati di vomito che non riuscivo a trattenere. Era più forte di me.

Io volevo solamente aiutare me stessa, diventando più magra mi sarei piaciuta di più e sarei piaciuta anche agli altri, forse. Il problema era che quel livello di consapevolezza sembravo non raggiungerlo mai, volevo sempre di più.

"Non intrometterti nella mia vita ed esci dalla mia camera." Ringhiai a denti stretti una volta che mi staccai dai miei pensieri guardandolo dritto negli occhi.

Non avevo intenzione di parlare con lui di questo.

A quelle parole si irrigidì notevolmente incenerendomi con lo sguardo "ho tutto il diritto di intromettermi, sono tuo padre."

Mi scappò una risata guardandolo divertita.

Era serio ? Lui che aveva aspettato 17 anni per conoscermi ? Ma quanto poteva essere ipocrita ?

"Non te ne è mai minimamente importato di me e adesso, dopo 17 fottutissimi anni ti comporti da padre premuroso ?" Domandai ironica incrociando le braccia al petto.

Mi afferrò bruscamente per un braccio stringendolo mentre mi guardava in cagnesco.

"Ti conviene abbassare i toni con me, stupida ragazzina." Mi minacciò freddamente mentre aumentava la presa, cercai di non pensare al dolore che mi stava facendo cercando di divincolarmi dalla sua stretta.

Con un gesto secco mi avvicinò di più a lui, eravamo a pochi centimetri di distanza, sentivo il suo respiro sul mio viso.

"E ti conviene non rispondere se non vuoi dei guai." Aggiunse provocandomi più del dovuto.

My 'Dad'Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora