In mano alla Dèa obesa

204 2 2
                                    

Con un sospiro Kàruza si destò dal lungo sonno ristoratore in cui era sprofondata. Di rado le era capitato un risveglio piacevole come quello.

Aprì gli occhi solo per rimanere abbagliata dalla sfolgorante luce del giorno. Ammiccando si mise seduta, schermandosi il volto con una mano. "Hm... ho dormito troppo. Sarò ancora in tempo per confondermi tra le pellegrine?" Si domandò, ancora intontita dal sonno.

Presto la confusione lasciò il posto alla terribile consapevolezza di quello che le era capitato; aveva affrontato la sacerdotessa Siunte nel campo di mais. Ed era stata sconfitta, soffocata dalle tette di quella cicciona. Era il suo ultimo ricordo.

Significava una cosa sola: era stata catturata dalle fedeli della Dèa obesa Allarmata spalancò gli occhi e si guardò attorno. Ciò che vide la lasciò stranita; che luogo di prigionia era mai quello?

La stanza era splendida: spaziosa, dotata di due ampie finestre e con al centro il grande letto dove si era svegliata. I muri attorno erano rossi nella parte inferiore, mentre quella superiore era di pregiato stucco bianco che risplendeva alla luce del sole, decorato da temi di frutti, cornucopie e di ogni genere di cibo. In un angolo c'era una grande tavola di legno sprovvista di sedie. A parte questo non vide altri mobili e, ovviamente, della sua sacca da viaggio non c'era traccia. Il suo unico effetto personale era il due pezzi che indossava.

La strega tastò l'ampio materasso del letto scoprendolo comodissimo. Questo spiegava come mai avesse dormito così a lungo quando era abituata a poche ore di sonno per notte, la maggior parte delle quali passate all'addiaccio. Le coperte rosse profumavano di lavanda, corredate da quattro enormi cuscini bianchi, così soffici che sembravano fatti della stessa sostanza delle nuvole. Il tutto era sostenuto da una massiccia struttura di scuro legno lucido.

Kàruza scese dal letto. Gli eleganti tasselli di legno che coprivano il pavimento le diedero una piacevole sensazione sotto i piedi nudi. Si mosse con cautela, come se ogni passo potesse rivelare una trappola mortale. Uno dei muri era dotato di una massiccia porta a due battenti fatta dello stesso legno scuro del letto, sprovvista di maniglie e serrature. Kàruza provò a spingerla. Non fu per niente sorpresa di trovarla inamovibile, probabilmente sbarrata dall'esterno.

Sul muro di fronte si apriva un'altra stanza priva di porta. All'interno vi scoprì un bagno più attrezzato e lussuoso di quelli visti alla locanda delle terme, compresa un'enorme vasca e uno specchio grande quanto uno dei muri. Non c'era niente di sospetto o pericoloso, almeno a prima vista.

Si accostò a una delle finestre, l'unica cosa che tradiva il reale scopo di quel luogo con le solide sbarre di ferro di cui erano dotate. Rimanendo nascosta dietro il muro Kàruza sporse la testa e sbirciò all'esterno.

Non appena lo ebbe fatto sentì il cuore sprofondarle nel petto; era stata portata al Grande Tempio.

Doveva trovarsi al primo o al secondo piano di uno degli edifici interni, supponeva una specie di torre. Pochi metri più in basso si estendeva un rigoglioso giardino. Lo popolavano alberi carichi di frutti, filari di cespugli di more e di mirtilli, il tutto decorato da aiuole fiorite il cui aroma saturava l'aria. Portici di pietra bianca e imponenti edifici a più  piani circondavano il giardino. Al di là di questi non si scorgeva altro che le alte e massiccie mura del tempio.

Kàruza si ritrasse non appena vide due paffute ancelle attraversare il giardino. Parlavano e ridevano tra loro senza badare alla torre e in breve sparirono in uno dei portici. Kàruza si spostò alla seconda finestra solo per scoprire uno scenario simile; da lì riconobbe la cupola sotto cui si trovava il salone delle offerte, ma nient'altro.

A quel punto le rimaneva da fare solo un'ultima verifica. Tornò seduta sul letto e si concentrò, focalizzando la sua magia. Come aveva temuto poté solo avvertirla, ma anche il più lieve tentativo per impiegarla finiva a vuoto. Lo stesso valeva per la sua capacità di rubare energia vitale, completamente conpromessa. Kàruza intuì subito cosa poteva generare tutta quell'interferenza magica: gli alberi del giardino. Erano stati incantati dalle ciccione per rendere quella torre una prigione magica di prim'ordine. Anche se avesse qvuto con sé i medium più pregiati e potenti non avrebbe mai potuto forzare da sola una simile difesa.

La sacerdotessa della DèaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora