Capitolo uno - Elly - Il sole

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Mi sono sempre chiesta se il sole si stanchi mai di brillare. Cioè, lui non smette mai di dare calore e illuminare le nostre giornate.
E se un giorno lo facesse?
E se un giorno decidesse che noi non siamo più degni di lui?
E se un giorno si stancherà di bruciare, come faremo?
Io non riuscirei a stare senza di lui, credo che ogni giorno lui sia in grado di illuminare una piccola parte di me, ogni giorno cerca di sorridermi per incoraggiarmi ad andare avanti.

E' da un po' che sto guardando quella palla luminosa che sta sulla mia testa. Sono stesa sul prato e osservo quello sfondo blu che cambia sfumatura tutti i dì, passa dall'azzurrino al rosso ogni volta che il tramonto è alle porte e l'alba ai suoi inizi.

Oggi non c'è neanche una nuvola, sono tutte state spazzate via dal vento gelido che con se ha portato via anche l'inverno, lasciandosi alle spalle le prime margherite tra i campi.

L'essenza della primavera si inizia a sentire. Il sole pungente che si apre fra le nuvole, i boccioli degli alberi che si schiudono per lasciar spazio a mille fiori variopinti, le farfalle tornano a svolazzare delicatamente appoggiandosi ogni tanto, forse stanche delle loro ali e della loro esistenza. Un po' come me.

L'odore di margherite appena sbocciate inonda le mie narici come una cascata. L'erba mi punzecchia la pelle con insistenza creandomi un prurito fastidioso di cui non riesco a liberarmi. Nonostante questo non mi muovo di un centimetro. Non riesco a non ammirare ogni cosa che mi circonda, è tutto così magico e non voglio perdermi neanche un secondo della bellezza che emana.

Da lontano sento una voce chiamarmi.

"Elly vieni è ora di pranzo!"

Giusto, la mia nuova famiglia. E' da poco che sono in questa casa, giusto due giorni fa mi hanno trasferito qui. Non ho neanche disfatto le valigie perché so che la mia permanenza non sarà tanto lunga, come sempre d'altronde. Tornerò presto all'orfanotrofio in cui vivo fin da quando sono nata. Vorrei chiamarla casa, ma io in questa vita non ho un posto che possa chiamare così, non mi sento mai a casa.

Mi alzo dal manto verde in cui mi ero stesa e mi incammino verso la sontuosa villa a due piani, molto moderna e dall'aria elegante. Appartiene a Noha Bailey, un uomo sulla settantina che vive con la moglie Cecilia, donna da fuori molto autoritaria e colta. Infatti appena entrata qui ho notato il piano a coda nel centro del soggiorno. Quanto vorrei suonarlo, pensare che le mie dita produrrebbero una canzone mi affascina, riuscirei a lasciare il segno per pochi minuti.

Mi siedo a tavola davanti a loro due. Cecilia ha preparato la zuppa, sembra invitante ma non la mangerò. Quindi prendo un pezzo di pane e inizio a mangiucchiarlo pezzo per pezzo. I due mi guardano al quanto straniti dal mio comportamento, così normale ai miei occhi.

"Elly perché non mangi la zuppa?"
mi chiede il signor Bailey con una voce titubante. D'altronde non mi conoscono e hanno paura della mia reazione alla sua domanda.

Non rispondo. Sono sempre stata una ragazza di poche parole e dal carattere timido. Non amo farmi sentire tra la folla, risultare appariscente tra molte persone. Mi piace stare nel mio, chiusa in una palla di vetro dove il mondo esterno non riesce a toccarmi, a contaminarmi con i suoi problemi. Ne ho già troppi nel mio di mondo.

"Elly non avere paura di noi, siamo qui solo per aiutarti e darti una casa in cui stare"
Cecilia cerca di migliorare la situazione, ma non sa che invece l'ha peggiorata.

Quelle parole.
"Siamo qui per aiutarti".
Risuonano nella mia testa come un Déjà-vu e mi portano indietro a 5 anni fa. Come un'onda i ricordi mi travolgono. Fa troppo male per sopportare tutto di nuovo.

Gli occhi mi diventano lucidi e mi alzo di scatto per scappare in una camera che non sento mia.
Niente è mio.

Chiudo la porta con una forza che non sapevo neanche di avere.

Il fiato mi inizia a mancare e la stanza comincia a girare. Come se un'ombra mi impedisse di respirare.
Pensieri su pensieri vorticano nella mia mente contorta.

"Non sei nessuno"

"Nessuno ti vuole aiutare, stanno tutti mentendo"

"Non importi a nessuno, neanche i tuoi genitori ti hanno voluto"

"Nessuno ti vorrà come figlia"

"Sei un disastro, guardati"

Ogni pensiero creato dal mio cervello è una lama che mi trafigge il cuore. Anche se non è la prima volta che li sento, loro mi uccidono ogni volta.

Mi appoggio alla porta e scivolo lentamente sul pavimento, rannicchiandomi su me stessa come un gomitolo. Le lacrime scendono pesanti sulle guance e non mi impegno neanche ad asciugarle. Inutile farlo se tanto subito dopo ne escono altre mille.

Qualcuno bussa la porta ma non ne faccio neanche caso, troppo rumore nella mia testa per sentire quelli esterni.

Prendo un libro tra i miei scatoloni.
"Se questo è un uomo" di Primo Levi.
Mi perdo tra le sue parole, viaggio tra le pagine come una farfalla appena liberata. Mi nascondo dai predatori, i miei pensieri.

Gli occhi si appesantiscono e un sonno pesante mi prende alla sprovvista.
Mi addormento con gli occhi ancora lucidi e il libro in mano.
Sapevo che non avrei avuto la buonanotte dai miei nuovi "genitori" e che non mi avrebbero disturbato fino all'indomani.

Questa giornata è conclusa, ma è solo l'inizio.

Hey! 🤍
Ecco a voi il primo capitolo.
Chissà cosa succederà a Elly nel prossimo?

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