Capitolo 30. Confessioni.

528 29 14
                                    

"Potrei sapere per quale motivo hai voluto che venissi al cantiere con te? Non avevi bisogno del mio aiuto, mi pare." Quando siamo ormai seduti al tavolo di un ristorante italiano molto accogliente mi azzardo a porgergli la domanda che mi ronza in testa da un po'.

"Non c'eri mai stata. In quanto mia segretaria devi pian piano conoscere ogni cosa di questo lavoro."

Sarà, ma a me qualcosa non torna. Lo guardo dubbiosa e lui se ne accorge.

"Non avevo voglia di andarci da solo, volevo stare con te, ok? E volevo farti vedere la bella vista dall'attico. Non succede nulla se ti ho rubata un paio d'ore dall'ufficio. Hai il permesso del capo, mi pare."

"Ok." Rispondo soddisfatta per aver ottenuto la verità. "Tu cosa mangi?" Chiedo posando gli occhi sul menù.

"Credo una pasta, qui la fanno buonissima, proprio come in Italia."

"Tu sei stato in Italia?" Chiedo curiosa.

"Sono stato in un sacco di posti. In alcuni solo in vacanza per qualche giorno, in altri ci ho vissuto alcuni mesi o anni, a volte." Mi rivela.

"Vissuto? Non sei sempre stato a New York?" Ne ero convinta. Nulla mi ha mai fatto supporre il contrario.

La mia domanda non trova risposta perchè al nostro tavolo si presenta una giovane cameriera per prendere le ordinazioni.

"Ditemi, avete deciso cosa prendere?" Parla al plurale ma il suo sguardo è puntato solo su Alex, se lo sta mangiando con gli occhi. Ho capito che è bello e sexy ma un po' di contegno, accidenti!
E poi è mio. Mio, mio, solo mio!

"Un'amatriciana per me." Risponde lui, senza dar segno di aver notato le occhiatine di apprezzamento della ragazza. "E tu Reb?"

"Anche per me, grazie." Non ho avuto tempo di guardare per bene il menù così decido di prendere la stessa cosa.

"Da bere?"

"Acqua naturale." Alex risponde per entrambi e prima ancora che la cameriera si sia allontanata, sculettando più del dovuto, riprende il nostro discorso.

"Ho vissuto a New York, Los Angeles, Firenze, Londra, Parigi, Miami e di nuovo New York. Greg lavorava per una ditta internazionale, si è dovuto trasferire più volte e noi con lui."

"Caspita. Io non mi sono mai allontanata più di tanto da New York. Credo che il posto più lontano in cui sono stata sia Richmond, e mi ci hai portata tu il mese scorso." Quasi mi vergogno ad ammetterlo.

"Ma come? Non sei mai stata in vacanza?" Mi domanda stupito ed io, mentre la cameriera ci porta prima l'acqua e poi i nostri piatti di pasta, mi chiedo se sia arrivato il momento di dirgli qualcosa in più su di me e la mia vita di merda. Dopo tutto lui si sta aprendo, mi ha raccontato molte cose su di sé e la sua famiglia, forse è ora di ricambiare.

"Fino ai diciotto anni mia madre non mi avrebbe mai dato il permesso. Ne un soldo, del resto." Inizio a dirgli. "E poi è impazzita ed io mi sono dovuta prendere cura di lei."

Alex alza gli occhi dagli spaghetti all'amatriciana che stava iniziando ad arrotolare alla forchetta e li posa su di me.

"Soffriva di Alzhaimer, da un paio d'anni era ricoverata in un istituto apposta per persone con questo disturbo." Gli spiego. "Non mi riconosceva da un bel pezzo ormai, ma era quasi meglio così, è sempre stata una gran stronza con me. Forse mi dava la colpa per averle rovinato la vita, anche se non sono stata io a farmi mettere incinta dell'amante col risultato di essere stata mollata sia da quest'ultimo che dal marito sterile."

"Come mai non ne ho mai saputo nulla?" Mi chiede, dopo attimi di sbigottimento. Sembra dispiaciuto.

"Per lo stesso motivo per cui io non sapevo che i tuoi fossero separati, che avevi una sorella e che hai girato il mondo, immagino: non parlavamo più di tanto, scopavamo solo." Cerco di fare una mezza battuta per alleggerire il momento ma lui sembra non darle peso, probabilmente è troppo scioccato per le mie confessioni.

"E tuo padre?" Chiede con un filo di voce, temendo di fare una domanda scomoda.

"Non ha mai voluto sapere nulla di me, se n'è andato prima ancora che nascessi, non ho idea di chi sia." Faccio del mio meglio per mostrarmi più tranquilla di quanto non lo sia in realtà. Ho sempre cercato di non pensare troppo a mio padre, farlo mi provoca un misto di tristezza, rabbia e delusione. Se lui avesse deciso di esserci, non certo per mia madre ma almeno per me, forse la mia vita sarebbe stata diversa, meno incasinata, più serena.

"Mi spiace. Sei una persona meravigliosa, non ti meritavi tutto questo." Non ho mai visto Alex così empatico nei miei confronti.

"Nonostante tutto me la sono sempre cavata. E poi ho avuto anche io le mie fortune, tipo incontrare Penny, lei è la mia roccia, so che ci sarà sempre per me. A proposito, sai che si sposa?" Cerco di cambiare argomento e riportare un po' di allegria, questo pranzo rischia di diventare troppo impegnativo.

"Con quel Dave?" Chiede, ed iniziamo finalmente a mangiare chiacchierando del più e del meno.

                     __________________

Sono in auto diretta verso casa ed il mio cellulare non fa altro che vibrare. Gli lancio uno sguardo veloce vedendo il nome di Cora sul display ma non rispondo finchè non parcheggio davanti la mia palazzina e spengo il motore.

"Cora." Dico infine portando il cellulare all'orecchio e scendendo dalla macchina.

"Dimmi subito cosa sta succedendo! Stamattina te ne sei andata con Alex non so dove e non sei tornata per pranzo, ti è stato appiccicato tutto il pomeriggio e all'uscita ti ha scortata alla macchina salutandoti con un bacio che ha fatto venire la pelle d'oca pure a me!" Sta urlando come una pazza.

"Calma calma! Ora ti dico ma stai calma!"

"Racconta tutto!" Mi ordina.

"Siamo andati a fare un sopralluogo al cantiere di Gantry Parck e poi, data l'ora, ci siamo fermati fuori a pranzo. Nel pomeriggio abbiamo lavorato in ufficio, come al solito."

"Non evitare la parte più interessante! Ho visto che vi baciavate nel parcheggio!"

"Bhe, si, è successo." Ammetto mentre apro la porta di casa e mi trovo davanti Penny. Anche lei è in attesa di spiegazioni da parte mia, da quasi ventiquattro ore ormai.

"Senti, vuoi venire a cena qui da me? Anche Penny è pronta per farmi il quarto grado, almeno dico tutto ad entrambe in un colpo solo."

"Arrivo subito." Cora non ci pensa due volte e mi chiude il telefono in faccia.











Per Sempre CosìWhere stories live. Discover now