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Christian sostò davanti al cancello della casa di Francesco; prese il telefono fra le mani, andò nella rubrica e chiamò il biondino.

Fece finire lo sguardo sulle orario: erano le 18:45.

Beh, mica tardi.

Non distava molto quella casa da casa di Luigi ed Alex.

Si avvicinò il cellulare all'orario e aspettò circa appena uno squillo, prima che rispondesse; corrugò la fronte a quella velocità: aveva già il telefono in mano?

«Pronto?»

«Matti, sono giù.»

«Corro.»

Sentì borbottare qualcosa dall'altra parte del telefono, prima che Mattia lo stonasse e fosse costretto ad allontanare l'orecchio dallo schermo; strinse gli occhi.

«Ma te ne vai? Ma stai malissimo.»

«Dai Mattia! Si prende un caffè!»

«Ma che caffè deve prendersi, se vuole un caffè glielo offro al bar che sicuramen- oddio non ho staccat-.»

E staccò.

...

...

...

Cos'era appena successo?

Christian posò il cellulare nella sua tasca, mentre guardava insistentemente il portone di quella casa nell'attesa che si aprisse: voleva riprendersi Mattia, perché ora che sapeva che si era strusciato in quel modo su Francesco, non riusciva a non essere infastidito della sua presenza.

Caffè, poi.
Ma quale caffè?
Glielo avrebbe buttato in faccia il caffè.

Sbuffò di nuovo, ripensando alla risposta del biondo.

«Se vuole un caffè glielo offro al bar.»

Sorrise pensando ad un giorno in cui, come due persone normali, andavano a prendersi qualcosa ad un bar insieme piuttosto che vedersi di nascosto in quel modo.

Si morse il labbro, mentre guardava il sacchetto che fortunatamente si era mantenuto caldo accanto a lui: beh, "fortunatamente" un corno; per mantenere quella temperatura aveva acceso l'aria condizionata, e stava morendo di caldo.

Prese la busta spostandola nei sedili posteriori: da quanto era sbadato il ragazzino, di sicuro ci si sarebbe seduto sopra senza nemmeno accorgersene.

Vero che non sopportasse molto il caldo, ma credeva che forse avesse esagerato un po', per questo si era alzato le maniche della felpa nera fino al gomito.

Guardò di nuovo fuori al finestrino, vedendo finalmente il portone aprirsi.

Ne uscì Mattia con lo zaino della scuola sulla spalla destra, e prima che facesse i pochi scalini della casa che lo avrebbero separato dall'amico, si girò sorridendo e gli diede un abbraccio.

Fulmini, lampi, tuoni.

Era ufficiale: era arrivato a non sopportare una persona ancor prima di conoscerla.

Si era ripromesso di non fare così da quando aveva conosciuto il biondo: perché lui era esattamente l'opposto di quelle voci che si spargevano su di lui, e pensare che se avesse dato ascolto a ciò che gli altri dicevano avrebbe perso tutto quello che stava avendo, lo aveva convinto a non partire mai prevenuto verso più nessuno.

Nessuno, tranne quel Francesco.

Quel Francesco era sicuramente uno stronzo, per forza.

Era ovvio.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora