Chiamata. 1/2

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Questi capitoli li ho scritti da ormai qualche giorno ma non riescono a convincermi più di tanto. Sono anche dell'opinione però che se non li pubblicassi non riuscirei nemmeno a continuare. Perciò, scusatemi se sono un po' noiosi, mi servono per altre cose che ho intenzione di portare avanti.

Grazie mille e scusate l'attesa❤.





Era notte tarda.

Non c'era alcun rumore fuori dalla sua finestra le cui persiane, qualche ora prima, probabilmente distratto, aveva lasciato aperte.

La luce entrava dalla finestra e rivelava il corpo del ragazzo sotto le lenzuola, accucciato come un fagotto alla ricerca di calore, mentre si perdeva nei propri sogni.

In realtà era stato abbracciato dal sonno già qualche ora prima di quella che veniva segnata sopra al suo telefono; era letteralmente crollato appena la sua guancia era entrata in contatto con il tessuto del cuscino bianco, probabilmente perchè stremato dalla mattina che aveva passato.

Si era svegliato presto e non aveva trovato nemmeno cinque minuti per sedersi un po' e rilassarsi: era stanco sia fisicamente che mentalmente, quindi di un po' di riposo era letteralmente ciò di cui aveva bisogno (e a dir la verità, lo aveva desiderato per tutto il giorno.)

Non c'era rumore che si sentisse in quella casa: vigeva un silenzio tombale, che se di notte era rilassante, di giorno era inquietante.
Fortunatamente, di assenza di voci quella casa peccava: per un motivo o per un altro, per gli ospiti o per la musica che veniva sparata dalle casse di un telefono, quel silenzio era vivibile solo dai più svegli, quelli che la notte in quella casa rimanevano con gli occhi aperti, incapaci di dormire.

Di tanto in tanto si sentiva lo scricchiolare di un mobile, altre volte il vento che si spingeva contro gli alberi fuori dalle mura di quella casa, ma era delicato, quasi come per portare rispetto alla stanchezza di quel giovane ragazzo.

E proprio in mezzo a tutto quel silenzio, un telefono prese a squillare.

Il proprietario di quella stanza fece uscire un gemito infastidito, ancora in dormiveglia, prima di mugolare di nuovo.

Quando il primo squillo diventò il terzo, aprì definitivamente gli occhi.

Con la testa che gli girava, si alzò sui gomiti, e per qualche secondo credette che si trattasse della sveglia, ma lui riusciva a distinguerla con la vibrazione delle chiamate; perciò allungó una mano sul comodino e guardò lo schermo, cercando di capire chi fosse a telefonargli a quell'ora.

Appena lesse il nome, il suo viso illuminato dalla luce blu divenne improvvisamente confuso, curioso e infine preoccupato, e strisciò il pollice sull'icona verde verso l'alto.

Si avvicinò il cellulare all'orecchio.

«Pronto?»

«Ciao, é Mattia?»

Il biondo corrugò la fronte, confuso nel non sentire la voce che si aspettava di sentire.
«Sì, sono io.»

«Sono Alex, un amico di Christian. Scusa se ti chiamo a quest'ora, ma devo chiederti un favore.»





Qualche ora prima...

Christian entrò nel locale insieme a Luigi ed Alex, e ispirò a pieni polmoni quell'aria che non assaporava ormai da circa un mese.

Quasi aveva dimenticato come ci si sentisse ad entrare in un locale come quello, dove anche la gente più tranquilla si trasforma per diventare la versione più casinista di se stesso, e Christian sapeva quante ne avesse incontrate in quel genere di posti.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora