Tornare a casa.

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Christian aprì la porta d'ingresso, aspettando che il più basso uscisse per poter fare lo stesso. Era sicuro che si sarebbe soffermato a fare un commentino sul suo gesto galante, ormai diventato usuale tanto da non prestarci nemmeno più attenzione nel farlo, ma quella volta Mattia sembrava troppo occupato a muoversi per pensarci.

Il moro chiuse la porta prima di avvicinarsi alle scale verso cui il biondo già si stava dirigendo, e corrugò la fronte.
«Ieri con Alex hai fatto le scale?»

«No, ma mi ha fatto capire che l'ascensore si blocca spesso e non ho intenzione di correre il rischio.»
Spiegò mentre scendeva velocemente i gradini.

Il più alto dietro di lui accennò un sorriso, perché quella particolarità di Mattia di ricordarsi le piccole cose lo attirava sempre di più, e si morse il labbro dalla voglia che aveva di baciarlo.

Non si erano scambiati nemmeno un bacio da quando erano insieme.

Sapeva che un bacio non facesse parte della lista delle necessità di una persona, eppure a lui mancava tanto come se quella fosse acqua e lui avesse camminato per ore nel deserto sotto il sole cocente.

Perció, provò a fare una domanda.

«Se tu tornassi appena un minutino più tardi, cosa succederebbe?»

«Non so nemmeno cosa succederà adesso se arrivo puntuale.»
Fece il giro del pianerottolo, scendendo di nuovo le scale.

Stefanelli lo seguì in silenzio.

Gli dispiaceva essere la causa di quel pasticcio, e a ripensarci la sera prima, nel contattare Mattia era stato davvero un egoista.

Non aveva pensato minimamente al fatto che l'altro stesse dormendo, né tantomeno al fatto che fosse in punizione (per di più, sempre dovuta a lui), e lo aveva chiamato.

E chissà quanta paura gli aveva messo addosso per niente.

Sapeva di poter contare su Mattia, e più fissava la sua nuca da dietro mentre il più basso era occupato a scendere le scale più ne era sicuro, perché era sicuro delle proprie decisioni, delle proprie scelte, ed era sicuro di Zenzola.

Era sicuro di poter affidarsi a lui, ma c'era qualcosa in lui che gli diceva di fermarsi.

Qualcosa che gli faceva notare quanto nel giro di una settimana fosse stato capace di far litigare una persona ben due volte con i propri genitori, e farle fare anche filone una volta a scuola.

Quelle cose, per lui, erano la quotidianitá e quando succedevano, al suo tempo, non si stupiva, ma Mattia era un'altra storia.

Sospirò, prima di vedere il diciassettenne davanti a lui rallentare il passo fino a fermarsi al penultimo gradino della rampa di scale del secondo piano, voltandosi verso Christian.

Il moro alzò lo sguardo verso di lui, cercando di capire cosa non andasse e perché si era fermato così velocemente, prima che vedesse le sopracciglia di Mattia abbassarsi tutto d'un tratto.

Il biondo abbassò gli occhi sul pavimento, scendendo l'ultimo gradino e poggiò i piedi sul ripiano intermedio fra una rampa e l'altra, e prima che potesse continuare la sua strada, bloccó il braccio di Christian.

Sorpreso, quest'ultimo corrugò la fronte, come per chiedergli che succedesse.

Mattia strinse appena la presa sul suo braccio, prima di fare un passo indietro e tirarsi il più alto insieme a lui.
«Quando avrai il turno a casa mia?»

«Mercoledì, la mattina.»
Rispose velocemente, perché in realtà lui quei turni li aveva guardati minimo sette volte solo nella giornata di ieri. «Quando tu sei a scuola.»
Continuò.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora