Ti importa ancora?

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Scusatemi l'immenso ritardo, e scusate se oggi non ci sarà una doppietta di capitoli. La scuola mi prende molto tempo e non sono riuscita a fare molto, scusate ancora❤.








«Luigi, ma che cazzo, ma vuoi passare quella palla?»

«Eh fra' i tasti non mi funzionano, che vuoi da me?»
Rispose innervosito il più grande, perché bastava non riuscire ad avere il controllo sul proprio joystick, non c'era bisogno che l'altro si infuriasse con lui.
«Ma si vuole riprendere sto coso?»

«Ma fra' l'hai messo a caricare?»
Domandò distratto, mentre si avvicinava al giocatore di Luigi per potergli prendere la palla nonostante stessero giocando nella stessa squadra contro altri due, e fece per prendere lui il comando della situazione.

«Sì che l'ho fatto, é che ultimamente mi sta dando un sacco di problemi. Mi dovrei applicare e vede' cosa non va.»
Constatò, mentre Christian sentiva dall'altra parte del microfono dei rumori; probabilmente era il castano che si stava dando da fare.
«Da quando mio cugino ci ha giocato non capisco più niente con questo coso.»

«Forse ha cambiato qualche comando.»

«Sì, probabilmente, perché se mi ha rotto qualcosa glielo faccio pagare a lui.»

«Ma non ha otto anni?»

«Non me ne frega nulla, chi rompe, paga.»
Rispose orgoglioso, prima di vedere che finalmente il suo joystick stesse dando segni di vita.
«Oh fra' passa di nuovo, sta funzionando.»

«Se mi fai perdere 'sta partita, ti sfondo Luì.»
Lo avvertì, mentre decideva di fidarsi di lui e passargli la palla.

Stavano giocando online ormai da un'ora: in realtà all'inizio erano in cinque in chiamata, poi con il passare del tempo tutti se ne erano andati chi per studiare chi per altri impegni ed erano rimasti solo loro due.

Christian non andava molto d'accordo con la scuola, e la costanza non era sicuramente un pregio di cui si poteva vantare, per cui se non era il periodo delle interrogazioni di aprir libro per lui non se ne parlava.

Luigi invece era quel tipo che studiava solo quando ne aveva voglia, e più volte il più piccolo si era ritrovato affascinato dai suoi ragionamenti: studiava senza stress né pressioni, con la motivazione che lui amava farlo indipendentemente dai voti, perciò capitavano giorni in cui avesse letteralmente la voglia di studiare, di leggere, di comprendere, di ripetere, e giorni in cui non gliene poteva fregar di meno.

A Christian piaceva quel modo di fare, sentiva che fosse decisamente meglio di studiare tutti i giorni con l'ansia che ti divora il petto e anche di non aprire mai libro se non quando fosse strettamente necessario come faceva lui.

Credeva fosse una giusta via di mezzo, peccato che con lui non avrebbe mai funzionato.

Perché Stefanelli non era quel tipo di persona dalle vie di mezzo.

O tutto, o niente.

Non era il tipo che sapeva creare un equilibrio, ma era uno di quelli che risiedeva nell'estremo e se proprio doveva cambiare posizione lo faceva per dirigersi verso l'estremo opposto: e così passava da un confine all'altro, e anche se questo non gli faceva bene e lui riconosceva fosse così, era il suo modo di vivere.

Di tirare avanti.

Perciò la sua vita era un costante salire per scendere e scendere per salire.

Forse in classe stava in silenzio perché poi fuori scuola urlava con i suoi amici, e forse a casa non parlava perché la voce la cacciava per strada.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora