Capitolo 29

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«Dannazione, Eve. Vuoi smetterla di farti paranoie?» Mormorai a me stessa mentre camminavo tra la folla di persone nella strada principale.

Me ne ero andata da non molto dal locale e mi innervosivano le persone, me, Jake e il mio fottuto bisogno di pensare a lui.

Nella fretta come qualche ora prima mi sentì sbattere nella schiena e mi scappò un lamento di dolore girandomi verso il colpevole.

«Ancora tu?» Strillai dimenticandomi del dolore nella schiena.

Il ragazzo che aveva sbattuto qualche ora fa contro di me era nuovamente davanti a me con il suo sorriso malizioso e da schiaffi.

«Veramente, sei tu che ostacoli il mio cammino. Non ti hanno insegnato a non rivolgere la parola agli sconosciuti?» Mi prese in giro.

Ebbi voglia di tirargli il tacco dieci a spillo che indossavo però il mio lato razionale ed educato, per fortuna, prevalse e tirai un sospiro per calmare la mia ira.

«A mai più, coglione!» Esclamai sorridendo. Mi voltai per andarmene ma il suo braccio mi trattenne facendomi ritornare nei suoi occhi.

«Prima che te ne vai . . . come riesci a parlare con tanta disinvoltura?» Mormorò pensieroso.

Lo guardai come se gli fosse spuntato un'occhio sulla fronte e alternai lo sguardo fra lui e la sua presa che teneva con fermezza il mio braccio.

«Dimmi che è un fottuto scherzo.» Borbottai.

Mi strattonò fino a che me lo ritrovai a pochi centimetri dal mio viso, così facendo involontariamente la mia testa si inclinò all'indietro per sfuggire alla sua eccessiva vicinanza.

«Tu non mi conosci.» Mormorò ad un tratto, potei notare l'espressione di sgomento sul suo viso, il ché mi fece corrugare la fronte per la confusione.

«E direi, per fortuna.» Risposi strattonando il braccio, inutilmente, nella sua presa.

I suoi occhi scattarono nei miei, la presa si intensificò a tal punto da farmi male e gemere per il dolore ma era nulla in confronto ai suoi occhi divenuti improvvisamente neri.

«Per tua sfortuna, mi conoscerai adesso.» Sussurrò. Oh, cazzo!

«Tu - Non può essere vero . . .» - Cercai di divincolarmi dalla sua presa. - « . . . tu non sei reale, sto sognando. Ero nel locale, ho bevuto più del solito. Mi risveglierò nel mio letto.» Farneticai.

Il suo petto venne scosso da una risata e si avvicinò lentamente al mio viso per poi scendere sul collo. «Mh, avresti un sapore così buono, chissà se a letto sei così indomabile.»

«Lasciala stare.»

I miei occhi strabuzzarono nel vedere l'uomo al muro che si divincolava nella presa di qualcuno che gli stringeva il collo con una mano sola e quel qualcuno non poteva essere niente di meno che Jake.

«Tu?» Sussurrai incredula, stordita e confusa.

«Cosa te ne importa di quella sgualdrinella?» - Ringhiò senza voce l'uomo sotto di lui. - «La vuoi condividere» Continuò imperterrito ma venne spezzato da un lamento e dalla presa di Jake che si intensificò.

«Sarà meglio che sparisci dalla mia vista se non vuoi che ti stacchi la testa per appenderla in casa mia come souvenir, Baron.» Ricambiò rauco, Jake.

Lasciò di colpo la presa sull'uomo che si massaggiò il collo e gradualmente riprese il suo colorito normale. Mi scoccò un'occhiata maliziosa per poi volatilizzarsi dalla mia vista. Il mio corpo era bloccato, ero rimasta inerme tutto il tempo, sentivo ancora il fiato viscido di quell'uomo su di me e Jake si girò, mi fissò come per capire se ero ferita e vidi la sua espressione alleggersi nel notare che stavo fisicamente bene.

«Eve, come ti senti?» Esclamò avvicinandosi.

Si chinò su di me che ero seduta sul cemento freddo del marciapiede con le gambe incrociate e strette al petto tra le braccia, fissai i suoi occhi e capì che vicino a lui, mi sentivo protetta.

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