Capitolo otto - Aaron - Il passato

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"Ciao Aaron io vado, è arrivato Daniel a prendermi. Ci vediamo tra un paio di giorni, okay?" Mi dice lei prendendo le chiavi e il suo borsone nero della nike con le rifiniture arancioni.

Non è possibile che lei sia ancora qui.

Siamo nel salotto di casa.
Io seduto sul divano e lei davanti all'uscio.

I suoi lunghi capelli biondi sono raccolti in una cosa bassa, lasciando due ciuffetti sul viso. Questa pettinatura le cornicia perfettamente il viso un po' tondeggiante.
Ho sempre adorato le sue guanciotte, talché le davo sempre mille morsetti per infastidirla.

E' truccata come sempre: Delle ciglia allungate dal mascara e la matita nera che contorna i suoi occhi marroni pieni di vita.

Porta gli stessi vestiti dell'ultima volta che l'ho vista: Leggings neri, un crop top bianco e le Dottor Martens nere in vinile piene di borchie. Erano le sue preferite perché gliel'avevo regalate io per il suo diciottesimo compleanno. Ricordo di aver speso tutti i miei risparmi per quelle.

Mi alzo di scatto.

"No, per favore non andartene mai più. Non andare con lui. Rimani con me ancora un pochino ti prego, ho bisogno di te. " Le dico con la voce che lentamente s'incrina.

"Ma Aaron ci rivedremo martedì, te lo giuro. " Mi cerca di tranquillizzare, non consapevole che tra pochi giorni emetterà il suo ultimo respiro in questa vita.

"No, non è vero. Tu non tornerai mai più, lo so. " Una lacrima, fugacemente, riesce ad uscire dalla palpebra del mio occhio destro.

Lei, in passi decisi, viene verso di me e con il suo pollice mi asciuga lo zigomo. Lascia la mano qualche secondo in più per darmi una carezza a cui io mi lascio andare sentendomi completamente a casa.

"Devi far correre il destino Aaron, io non posso più tornare indietro. Ormai è successo, tu non puoi cambiare il passato. Ora però è tardi, devo andare da lui. Non posso farlo aspettare troppo." Mi dice cedendomi un bacio veloce sulla guancia per poi allontanarsi da me.

Io sento il mio corpo spegnersi. Come la luna che alle prime luci del mattino svanisce perché il sole non la illumina più.

"No, non andare. Mi manchi troppo." Inizio a vedere tutto offuscato e sento la gola pizzicarmi.

"Tranquillo bambino mio, andrà tutto bene. Ritroverai il tuo sorriso, credimi." Mi sorride solo come lei sa fare, puntandomi le pupille dentro le mie e si chiude la porta dietro le spalle.

Mille lacrime scendono prorompenti sulle mie guance.
La testa inizia a girare e fitte dolorose partono dalle mie tempie.

"Perché...sei andata via..." singhiozzo senza respirare e stringendomi la mano sul petto in cerca disperata di aria.

Cado in ginocchio.
Fa troppo male tutto questo.
È un dolore troppo forte vederla andare via così. Di nuovo.

Mi alzo di scatto dal letto con tutta la fronte sudata e il respiro affannato.

Era solo un bruttissimo sogno.
Anche se sembrava così reale, me la immagino ancora a un palmo dal mio viso consolandomi.

Perché non posso cambiare il passato?

Vorrei tanto rifare tutto da capo.
Non lasciarla andare mai più, le direi tutto il bene che le voglio e quanto mi ha aiutato nella mia misera vita.

Senza di lei credo che ora io non sarei niente.
Non crederei nei sogni.
Non mi piacerebbe così tanto la musica.
Io sono cresciuto grazie a lei.

Ed ora se nè andata per sempre senza sapere quanto era importante per me.
Vivrò con il rimpianto per tutta la mia esistenza.
Perché sono sicuro che io non la supererò mai.

***

Decido di alzarmi anche se sono le cinque del mattino.

Vado nel bagno e guardandomi allo specchio trovo mille difetti in me che vorrei tanto eliminare.
Vorrei tornare a come ero prima; spensierato senza vedere i segni che il dolore a riversato pesantemente su di me.
I miei tratti del viso ormai sono sempre più scavati, le occhiaie violacee sempre presenti e il corpo che si sta scolpendo sempre di più per tutto l'allenamento che faccio per distrarmi.

Mi metto una tuta, prendo il telefono con le cuffiette e scendo in cucina per un caffè.
Ancora Loredana non è arrivata quindi devo fare tutto da solo.
Di solito le persone pensano che chi ha una domestica non faccia mai nulla, ma non è assolutamente vero.

Cerco di fare meno rumore possibile preparando la moka perché non voglio assolutamente svegliare i miei genitori e quella ragazzina.
Quando sento il gorgoglio giusto notando che è pronto.
Verso il liquido nero come il catrame nella tazzina e lo bevo tutto d'un sorso facendo una smorfia per l'amaro che mi ha lasciato in bocca.
È una bevanda che ti fa sentire vivo, che tutti usano per prepararsi a un'altro giorno altrettanto triste.

Mi siedo in veranda per vedere i lampioni della città prima che si spengano lasciando spazio alla luce del sole.
Da piccolo pensavo che tutte le lucine fossero le stelle che ho sempre solo sentito parlare a scuola.

Per riordinare un po' i pensieri decido di andare a correre. Mi rilassa molto farlo.

Metto la tazzina nel lavandino e mi fiondo fuori mettendomi gli auricolari.
Ho messo la mia playlist preferita come ogni volta e inizio a correre per la strada quasi deserta tranne qualche auto che esce per andare a lavorare.

Mi sposto su un marciapiede in mezzo a due file di querce, le cui foglie si muovono lentamente con il soffiare del vento.

Il sole sta pian piano sorgendo e illumina quel poco che riesce. I lampioni si spengono e danno spazio a lui e alla mattina ricorrente.

Nelle mie orecchie sento solo la canzone "Swim" dei Chase Atlatic che mi dà la carica per continuare a correre.
Scandisco i passi a tempo di musica, finché non vedo una macchina sfrecciare di fianco a me a una velocità molto elevata e mi spavento all'istante.
L'immagine dell'auto accartocciata sul muretto sospeso nel vuoto mi appare come un flash che non riesco a controllare.

Una stretta al cuore mi invade e sento così tanto dolore che mi induce a trattenere il respiro.

Mi fermo di scatto con il fiatone e guardo il sole, ammaliato dalla sua serenità e gentilezza nel farsi spazio nel cielo di un azzurrino aranciato.

A volte mi ricorda lei e il sorriso a trentadue denti che illuminava quelle giornate in cui tutto andava male; Tutto andava per il verso sbagliato, ma lei con le sue imitazioni divertentissime mi rendeva felice e non me ne accorgevo mai.

Il dolore però, anche ricordandola nei migliore dei modi non se ne va; è come una lama conficcata nel mio cuore che sanguina ogni volta in cui penso così intensamente a lei. I suoi lineamenti, la sua voce, i suoi capelli. Ho paura di dimenticare e lasciare che il tempo me la porti via del tutto. Già non mi può far tornare indietro per sistemare tutto, non voglio che si impadronisca pienamente di lei cancellando i miei ricordi più speciali.

Quanto lo odio.

Quella cosa che contiamo in secondi e che chiamiamo passato, presente e futuro, è il mio più grande nemico.

Io so di non poterlo controllare, posso solo stargli dietro e non smettere mai.

Solo che io mi sono stancato di inseguirlo senza mai fermarmi, voglio sedermi un secondo per metabolizzare tutto ma non posso. Sono sicuro che se lo facessi non ripartirei mai più e questo mi farebbe definitivamente morire.

Ora la mia testa ruota in un turbinio di pensieri che non riesco a fermare.
Forse è ora di tornare a casa.

Mi giro e torno indietro verso il mio quartiere. Tolgo le cuffiette e mi lascio cullare dal silenzio.

heyy!
no, non sono scomparsa lo giuro :)
sono tornata più forte di prima con questo capitolo che, secondo me, spacca veramente.
spero di avervi deliziato con questa mia sorpresa se si può dire.
un bacione a tutti e alla prossima!
Elly Chandler

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 24 ⏰

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