Tra apatia, rabbia e amore.

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L'acqua scorreva dal rubinetto infrangendosi contro la porcellana del lavandino.

Mattia guardava il suo scorrere violento, ascoltava il suo rumore, fissava le gocce di quell'acqua che si era buttato in faccia e che ora gli scendevano lungo il viso.

Contava le gocce che cadevano dalla punta del suo naso, dalle sue labbra schiuse, dal suo mento.

Alzò lentamente lo sguardo puntandolo sullo specchio.

Ti odio.

Glielo ripeteva qualcuno nella sua testa, ma lui nemmeno lo ascoltava.

Si sentiva in un altro mondo, si sentiva come se avesse un fischio nelle orecchie, si sentiva come se tutto attorno a lui non fosse reale.

Le sue emozioni, le sue lacrime, la stessa violenza di quell'acqua che scendeva da quel lavandino non era reale.

Si fissò allo specchio, in silenzio, senza pensare a niente.

Poggiò pesante una mano sulla leva, chiudendo il rubinetto.

I suoi occhi brillavano.

Era un bel celeste.

Lo riconosceva.

Splendeva in mezzo a quelle iridi lucidi.

Era carino con gli occhi rossi.

Era un pensiero sadico, eppure in quel momento parve un dato di fatto.

Si sentì un estraneo a quel corpo in cui si trovava in quel momento.

Poggiò una mano sullo specchio.

Tracciò il contorno delle proprie labbra.

Non ricordò se fossero sempre state così o se fossero diventate così gonfie a causa dei morsi.

O forse lo ricordava.

Non gli importava a dir la verità.

Perché non era vero.

Non si sentiva vero e non si sentiva reale; si sentiva come se fosse dentro un film, come se vedesse il mondo dentro ad una pellicola e si sa che alla fine i dettagli non sono mai poi così tanto rilevanti.

Sui dettagli ci si sofferma nella televisione, si fanno mille riprese, si avvicina la telecamera.

E alla fine quei dettagli non sono più dettagli.

Abbassò lo sguardo sul suo collo.

Aveva un segno rosso.

Non era un succhiotto.

No, no, quello se l'era fatto da solo.

Si era grattato forte, appena sotto l'orecchio destro.

Inclinò il viso di lato, cercando di scoprirsi di più quella porzione di pelle.

Si accarezzò con le dita.

Pensò che se avesse avuto i capelli più lunghi l'avrebbe nascosto meglio.

Ma non importava.

Presto sarebbe passato.

Il bello del farsi male é che ci sono mille modi per nasconderlo.

E Mattia lo sapeva bene.

Si sorrise allo specchio.

Prima era un sorriso complice, divertito, quasi come se fosse un'altra entità a parlare alla sua vittima.

Poi quel sorriso divenne triste, mortificato, rassegnato, rendendosi conto che quel corpo era il suo.

Ed era reale.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora