12. L'eroe in trionfo

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Il contrasto cromatico tra la ciocca color fucsia e il resto della capigliatura corvina svettava sul desktop, nel riquadro della finestra di Skype che riproduceva ogni dettaglio in una sua versione dalla saturazione alterata. Tina si sistemò con l'indice gli occhiali dalla montatura scura sulla radice del naso, guardando verso un punto indefinito della stanza. - Mah. Il prof di Semiotica è un fascista, - disse. - A parte questo, tutto bene coi corsi. E te? Come va con la tesi?

- Male, - risposi molleggiando sulla sedia girevole. - Ma va be', fa niente. - Nel piccolo rettangolo in basso a destra vedevo la mia faccia pixelata, con il poster di Leia Organa sullo sfondo. - E... più in generale, invece? Come stanno andando le cose, lì?

- Chiara! - sentii urlare dal piano di sotto. - Ma l'hai staccato tu, il telefono?

Mi girai di quarantacinque gradi rispetto allo schermo, piegando la testa all'indietro. - No! - gridai. Poi tornai a guardare Tina. Non mi aveva ancora risposto e si grattava la fronte con l'estremità delle falangi, in un punto nascosto sotto la frangia. - Tina, oggi ho ricevuto una telefonata sul fisso, non parlava nessuno, c'era solo un respiro dall'altra parte.

Lei mi guardava preoccupata, non diceva nulla.

- Mi dici cosa succede lì? - insistetti.

- Chiara, non so come dirtelo.

- Dio. - I lampioni, oltre la finestra a lato della scrivania, si erano accesi sul marciapiede grigio. - Dimmelo e basta.

Lei sospirò. - Temo non stia andando come avevo previsto.

Rimasi un po' in silenzio. - Che vuol dire che non sta andando come avevi previsto?

- Nel senso, - tossicchiò, - che all'inizio la situazione ha suscitato delle domande: t'avevano visto tutti coi lividi in faccia, eccetera. Ma poi... Be', non so come sia stato possibile, sta di fatto che lui è riuscito a trarsene fuori. Una sera, - mormorò, con lo sguardo sul pacchetto di sigarette appoggiato al tavolo, - sarà stato, boh? Poco dopo l'inizio del semestre, fai conto; ero in giro e ho visto la Lulu uscire da teatro, tutta vestita bene... - Si portò il pacchetto vicino al viso, ne estrasse una cicca con le labbra, lo rigettò di lato, fece scattare l'accendino e una nuvola biancastra con sfumature azzurrognole invase metà dello schermo.

- Eh.

Il fumo iniziò a disperdersi e, poco a poco, riapparve il suo viso stanco. - Pensavo fosse da sola, stavo per andare a salutarla. Poi ho visto uscire anche Nicola. Ho avuto il sospetto ci fossero andati insieme, a vedere i così, lì... I Masnadieri. Così il giorno dopo l'ho presa da parte: "Cazzo ci facevi con Nicola, Lulu? Che ti salta in testa? Ma non hai capito quello che è successo?" E lei m'ha risposto: "Sì che l'ho capito, ho capito che la Chiara è stata aggredita... Ma mica da Nicola".

- E da chi, allora?! - sbottai.

- Non chiederlo a me, eh. Oh, ecco la storia. Lui si è giustificato dicendo che non ne sapeva niente di quel che t'era successo, perché la sera che te ne sei andata lui non era neanche in città. Era andato da suo padre per cena, ed è tornato il giorno dopo.

- No no no no no... - Presi a scuotere la testa. - Non era da sua padre per cena. Era quasi l'una di notte quando è uscito dal condominio. E la sua cena era per terra, - precisai.

- E poi dice che quand'è tornato non eri già più in casa. Punto. E io mi sono incazzata quando ho sentito questa roba, Chiara, devo essere sincera. Ho fatto persino una scenata in mezzo a Piazza Betsabea.

- Una... Scenata?

- Sì, ok?! - si agitò, dimenando la sigaretta in aria. - L'ho beccato lì tutto tranquillo che se la rideva coi suoi amici come se nulla fosse, e mi ha fatto girare le tube. - Poi deviò lo sguardo, al di là dello schermo. - Salvo, già che sei lì mi dai un bicchier d'acqua? No, anzi, dammi la birra. - Poi tornò su di me. - Ho cominciato a urlargli che io ti avevo ritrovata il giorno dopo in un motel con la faccia tumefatta e che mi avevi raccontato tutto, che ti ho ospitata a casa mia, che lui si era preso la tua macchina...

RecursionWhere stories live. Discover now