Crane capitolo 1

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Quelle piccole luci blu mi giravano intorno con passo lento, ma deciso.

Mi coprivano le braccia e i piedi che non poggiavano terra. Stavo davvero volando?

Non riuscivo a distinguere nessun colore o suono, tranne uno: una voce maschile che urlava disperatamente il mio nome.

Poi lo vidi; quel fascio di luce del color delle tenebre, inquietante e pericoloso. Mi travolse completamente. Ero immobilizzata da quella gabbia soffocante di oscurità. Non riuscivo a trovare una via d'uscita, una luce.

Perciò l'unica cosa che feci, oltre a tremare, fu chiamare a squarciagola un nome che purtroppo non ricordai.
Però sapevo che quel nome era familiare e mi donava almeno un po' di calore; di speranza.
●○●○●○●

"Su svegliati tesoro."-Disse la figura seduta sul mio letto.

Mi scosse un po' e tornó all'attacco: "Dai, sbrigati! È pronta la colazione e sai che oggi non puoi fare tardi."

"C-chi sei tu, mostro?!"-Chiesi in modo teatrale.

"Tua madre! E chi se no? Dai Grace, vestiti e scendi."

Lavai il viso con acqua gelida per connettere definitivamente il mio cervello. Stanca, guardai il mio riflesso allo specchio: ogni cosa di me gridava stanchezza.

Aprii l'armadio e mi infilai la prima cosa che trovai.

Non mi importava più di tanto, il caldo afoso di agosto uccideva i miei nervi, già messi a dura prova dall'orario improponibile della mia sveglia.

Mi sistemai svogliatamente i lunghi capelli lisci castani e tracciai, con non poca fatica e pazienza, una linea di eye-lyner sui miei occhi color malva.

I miei occhi erano l'unica parte che davvero mi piacesse del mio corpo, color malva, nessuno li aveva così e per quanto questo fosse così strano e particolare, li trovavo anche affascinanti.

Ciondolai giù per le scale sbuffando rumorosamente e mi andai a sedere a capotavola, il posto di papà. 

Posizionato proprio sotto l'aria condizionata, molto amato nelle giornate calde come quelle d'agosto, era motivo di tanti litigi passati. Ma quel giorno me la passò liscia, poiché capiva la mia ansia.

Con lo stomaco chiuso, mangiai frettolosamente la mia fetta di pane e me la svignai. 

"Finito. Mi dileguo mamma."

"Che velocità. Comunque ricorda di ricontrollare le valigie."

Annuii tristemente.
Erano le sette del mattino e quello stesso giorno mi sarei trasferita.

Cambiavo città, per via del lavoro di mio padre. Senza potermi davvero ribellare alla decisione, non potevo far altro che tacere e salutare i miei più cari amici, la mia routine. 

Mentre sistemavo alcuni vestiti, guardai le tante foto appese al muro che raffiguravano i miei amici e col labbro tremolante finii di preparare tutto.

Mi sdraiai sul letto con le cuffie alle orecchie e lentamente il dolce abbraccio del sonno mi culló, mentre ascoltavo uno dei tanti brani salvati nel cellulare.
○●○●○●

"Grace! GRACE!"
Sentii gridare il mio nome.

Aprii a fatica gli occhi.
Due pozzi azzurri mi guardavano preoccupati.

"Grace, tutto bene?!"- Chiese il ragazzo sconosciuto.

"Tranquilla. Ci sono io con te."
○●○●○●

La sveglia che impostai sul telefono mi ruppe letteralmente i timpani.
Mi ero addormentata con le cuffie.

"Ancora quel sogno?"- Pensai sconsolata.

La figura di mamma varcó la porta in legno.
"Posso?"- Chiese bussando.

"Tanto ormai sei dentro."- Le risposi.
Sorrise soltanto.

"Fra mezz'ora andiamo in aeroporto."

"Lo so. A dopo."

Lei annuì e mi lasciò da sola con i miei numerosi pensieri.

"Si parte."

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