𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐈𝐈𝐈 𝐩𝐭. 𝐈𝐈

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27.

Alla fine aveva trovato la sua aula, beccandosi anche quella famigerata ramanzina dalla professoressa di filosofia.
«Bianchi, sono le 9:10, come me lo spieghi questo ritardo? Hai l'autorizzazione della vicepreside? Vabbè, per questa volta non fa niente, ma la prossima volta ti devo mettere una nota, perché non si entra senza accompagnamento! Se ti succedeva qualcosa mettevi me e la scuola nei guai».

Si era seduta al suo posto quasi barcollando dalla stanchezza, vicino a Luna, che l'aveva guardata stranita.
«Ma che hai combinato?».
«Lu', ti prego, ne parliamo dopo», borbottò con la testa sul banco.

Passò l'ora a sonnecchiare e a sentirsi nelle orecchie altre micro ramanzine sul fatto che non stesse seguendo la lezione.

Quando Rosa rispose che aveva un po' di mal di testa, l'insegnante le aveva semplicemente risposto che se era così allora sarebbe dovuta rimanere a casa.

"Sì, così se non era la ramanzina per il ritardo, era una ramanzina per la prima assenza all'inizio dell'anno", pensò infastidita.

La campanella del cambio d'ora suonò e la professoressa se n'era andata borbottando qualcosa contro Rosa.
Con tutte le cose che le passavano per la testa, però, non fece nemmeno caso alle parole.

«Mi spieghi ora che è successo? Andrea ci ha detto all'ultimo che entravi in seconda ora. Se volevi fare filone per matematica, avresti potuto invitarmi!».
«Non ho fatto filone, Luna».
«Saltare un'ora, al paese mio, è fare filone».
«Ho avuto un contrattempo».
«Dicono tutti così. Dai, perché hai fatto filone?».

Rosa alzò la testa dal banco solo per incenerirla con lo sguardo.
«Dovevo sistemare casa».
«Ah, sì, un buon motivo per lasciarmi da sola nelle grinfie del professor Mannati...», si finse offesa.
«Luna, perfavore».
«Ma che ti prende? Sia tu che Andrea avete una faccia bianca».

«Io non ho dormito molto bene. Andrea non lo so», mentì su Andrea, sapeva perfettamente che anche lui non aveva dormito bene. Per colpa sua.

Luna appoggiò il mento sul dorso della mano, fissandola dritta negli occhi. Era preoccupata, si capiva, ma cercava di nasconderlo.

«Dai, ti offro un caffè alle macchinette dopo».
«Non ne ho bisogno, grazie Luna».
«Qualcos'altro allora? Ho quattro euro, non fare complimenti».
«Davvero, Lu', ti ringrazio ma sto bene così».

«Ma c'è un motivo in particolare per cui stai così depressa?», continuò.

"Sa essere piuttosto insistente", pensò Rosa, suo malgrado.

«Ho solo fatto una figuraccia prima sbagliando classe e di certo sentirsi richiamati alle nove di mattina non è piacevole...tutto qua», rispose per accontentare la sua curiosità.
«Che classe?».
«Chi si ricorda, non ho neanche guardato gli studenti perché c'era il muro davanti. Ma purtroppo l'insegnante l'ho preso proprio di faccia», borbottò.

Luna rise, dandole una pacca energica sulla schiena.

Averla come compagna di banco era più impegnativo che divertente e Rosa si ritrovava spesso a pensarlo.

Anzi, forse era più corretto dire che lo aveva pensato fin dal primissimo giorno di liceo, quando una ragazza dai capelli rasati da un lato e dallo stile punk anni duemila si era seduta vicino a lei senza dire una parola.

A volte riguardando indietro si chiedeva come avrebbe fatto a superare i primi tre anni di superiori se non ci fosse stata lei.

I suoi unici amici all'epoca erano Andrea e Melissa, ma loro avrebbero dovuto finire l'ultimo anno delle medie essendo più giovani di lei e questo le aveva inculcato il timore che non sarebbe sopravvissuta da sola.

Rosa indelebile (In Revisione)Where stories live. Discover now