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Strizzai gli occhi un paio di volte per abituarmi alla nuova luce della stanza.
Sentivo il rumore fastidioso simile ad una di quelle macchine che tengono segno della frequenza cardiaca, voltai leggermente lo sguardo e mi accorsi che quel suono proveniva proprio da quelle macchinette, la stanza era tutta bianca ad eccezione di una piccola scrivania e un armadietto che erano di un legno chiaro.
Il letto sul quale ero sdraiato aveva lo schienale leggermente rialzato e mi permise di vedere bene la stanza senza alzarmi troppo, il letto aveva le lenzuola azzurrine e notai che alla testata posta ai piedi, nelle maniglie che servivano per spostarlo c'erano attaccati una decina di palloncini a elio d'argento a forma di stella, che sospese sembravano formare un cielo stellato.
Accanto a me tra il comodino e il letto c'era uno di quei cosi che reggono le flebo.

Ero in una stanza di un ospedale.

La finestra della stanza era chiusa da una tapparella a tendine ma dalla luce che trapelava potevo intuire che era pomeriggio. Sentii qualcosa toccarmi la mano e abbassai lo sguardo trovando Ania che seduta su un sedia qui accanto dormiva ricurva sul letto stringendomi la mano.
Sembrava esausta, mi si strinse il petto, li avevo fatti preoccupare di nuovo.
La porta lentamente si aprì rivelando Carlos e anche lui sembrava esausto, teneva in mano uno di quei vassoi di cartone per bibite con due tazze da portar via di un caffè espresso o qualcosa di simile.
Mi guardò con uno sguardo assente ma appena vide che lo stavo guardando sgranò gli occhi e fece cadere i caffè, il liquido marrone sbatté sul pavimento schizzando e sporcando anche i pantaloni di Carlos, ma a lui non sembrava importare e continuava a guardami senza battere ciglio.
«R-Rei?»
Mi domandò e barcollando fece qualche passo verso di me.
Il rumore svegliò Ania di colpo che subito si voltò verso la porta.
«Carlos, ma che ti prende?!»
Ania tornò a sedersi sulla sedia senza lasciare la presa sulla mia mano.
«Carlos?»
Lo richiamò notando che l'altro teneva uno sguardo fisso come bloccato, poi si volte a guardare nella direzione che Carlos stava osservando.
«Rei?»
Mi guardò, io li guardai entrambi confuso.

Perché sembrano così estraniati dal vedermi sveglio?

Si certo capisco ero all'ospedale ma non avevo ricordi di cosa mi abbia fatto finire qui.
Gli occhi di Ania si riempirono di lacrime e dopo qualche secondo saltò verso di me, la sedia cadde all' indietro e lei mi abbracciò stringendo le braccia intorno al mio collo e poggiò la testa sul mio petto, sentii che il tessuto di quella specie di tuta-pigiama che indossavo si stava bagnando dalle sue lacrime.
«Rei sei sveglio!»
Mormorò continuando a piangere su di me.
Mi voltai verso di Carlos e lo vidi camminare veloce verso di me, anche lui con le lacrime agli occhi e si abbassò stringendo me e Ania in un abbraccio.

La mia testa era al centro tra quella di Ania e Carlos, provai a guardarli confusi ma erano troppo occupati a stritolarmi qualche ossa per notare i miei sguardi.
«Cosa suc..»
Provai a parlare ma la mia voce uscì come impasta e le parole mi morino in gola, era come se avessi dormito per giorni.
Guardai di nuovo le teste dei miei due amici, e realizzai, il modo in cui hanno reagito al vedermi, come se non si aspettavano che mi svegliassi ma allo stesso tempo lo speravano.

Aspetta da quanti giorni sono così? Quanti giorni i miei amici hanno dovuto patire questo strazio?

«Shh, non sforzati»
Mi sussurò Carlos stringendo di più la presa su di me, la sua voce era corrotta dal pianto.
Dopo qualche minuto Ania e Carlos si staccarano dall'abbraccio, Ania stava ancora piangendo ma mi guardò sorridendo. Poi guardò Carlos.
«Vado ad avvertire lui e la dottoressa, resta con Rei»
Carlos annuì, Ania rialzò la sedia e uscì rapida dalla stanza.
Carlos prese dei fazzoletti dal comodino e un cestino e cercò di ripulire la macchia di caffè dal pavimento, senza smettere un secondo di fissarmi e io continuavo a fissare lui confuso, poi riprese la sedia e si sedette accanto a me, si accasciò posando la fronte sul letto chiudendo gli occhi come se stesse in preghiera e poggiò entrambi le mani sul mio braccio steso sul materasso, sospirò come se qualcuno gli avesse tolto un grosso peso e sentivo che era veramente così.
«Por Dìos, finalmente ti sei svegliato»
Mormorò girando la testa verso di me.
I miei occhi iniziarono a farsi lucidi, li avevo spaventati a morte, li avevo fatti preoccupare così tanto che sembravano due zombie.
«Mi dispiace»
Provai a dire con tutte le mie forze ma uscì solo un sussurro.
Carlos si alzò e scosse la testa.
«Hey, no non devi. Si tutto questo è stato spaventoso ma né io né Ania ti diamo la colpa di qualcosa. Sappiamo cosa è successo, intendo sappiamo di quella sera. Deve essere stato molto difficile per te, lo so e non ti biasimo per questo ne voglio farti la predica, non aiuterebbe nessuno, ma da quando ci siamo conosciuti e siamo diventati amici noi tre ci siamo sempre stati gli uni per gli altri, quindi ti prego la prossima volta che senti che stai per crollare non scappare, resta con me o con Ania. Va bene?!»
Cercò di dirmi con un sorriso rassicurante, ma gli occhi rossi e gonfi di lacrime insieme a qualche occhiaia lo rendevano meno credibile, io provai ad annuire.

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