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Jackie

Manca da una giornata intera.

La sua assenza mi fa tremare come una foglia, dentro di me so che è fuori a commettere uno dei suoi omicidi e questo mi fa vergognare di me stessa perché ancora non sono scappata via. Mi passo una mano tra i capelli, alzandomi dal divano con nervosismo per poi avvicinarmi alla finestra. Tento di alzarla, ma credo che sia stata bloccata da fuori perché non si muove di un centimetro. Brett ha pensato a tutto, era prevedibile. Inspiro, mordendomi l'unghia con nervosismo per poi guardarmi intorno nel salotto del piano di sotto.

Devo andarmene da questo posto.

Marcio in corridoio e prendo il pesante vaso di terracotta messo di lato al portone. Ritorno nel salotto, resto a debita distanza ma scaglio il vaso con tutta la forza che ho in corpo. La finestra si rompe, credo di riuscire a passare ma devo stare attenta a non tagliarmi. Non posso restare un minuto di più in questa casa, devo scappare e urgentemente anche. Vado al piano di sopra per prendere la borsa e il portafoglio così da potermi muovere facilmente. E pensare che prima sentivo l'angoscia all'idea di andarmene da Chicago, ora invece voglio scappare da essa a gambe levate. Ho bisogno di comprarmi un altro telefono, devo anche chiamare mia madre. Tiro su con il naso, indossando la giacca di pelle per poi scendere le scale di fretta. Non ho preso la valigia, ma non importa: non avevo comunque nulla di importante oltre i vestiti.

Passo l'arco del salotto, pesto con lo stivale alcuni cocci di vetro e in seguito oltrepasso la finestra mettendo prima una gamba e dopo l'altra. Rischio di cadere a faccia in giù, ma per fortuna mi riprendo subito. Neanche mi guardo indietro mentre corro a per di fiato nel vialetto. Non sono brava a orientarmi, inoltre è buio e vedo poco e niente. Impreco, accorgendomi di due fari che illuminano la strada. Non mi sembra la macchina di Beltran, perciò mi butto in mezzo alla carreggiata e alzo le mani così che si fermi. L'uomo al volante inizia a suonare, ma riesce a rallentare in tempo.

«Sei per caso impazzita?» sbotta, allargando le braccia.

«Ho bisogno di un passaggio, è urgente» lo scongiuro.

L'uomo è un tipo robusto, ha l'aspetto trasandato e la maglietta grigia sporca di senape. Potrebbe essere anche un pazzo, un maniaco, ma al momento farei qualsiasi cosa pur di scappare. «Dove devi andare?» chiede. «All'aeroporto» parlo, facendo il giro dell'auto quando mi fa segno di salire. «Non sono di passaggio, ma visto che ti sei buttata in mezzo alla strada non mi lasci altra scelta» sbuffa. Lo ringrazio, sedendomi sul sedile per poi passarmi una mano tra i capelli sciolti. Mia madre sarà preoccupata a morte per me, ma non saprei neanche come spiegarle la situazione: le sto raccontando così tante bugie da farmi schifo. «Per caso ha un telefono?» domando.

Mi getta un'occhiata di sbieco, toccandosi il cappellino verde che ha in testa. «Sì, ma si può sapere da dove sbuchi tu?» mi guarda perplesso.

«Ho passato una pessima giornata, mi scusi...» mento.

Mi porge il cellulare, intanto guida con una mano sola.

Compongo il numero, sperando risponda in fretta.

Risponde al terzo squillo, per fortuna. «Mamma...» soffio. «Oddio, è Jackie!» esclama, mentre in sottofondo sento le voci di mio padre e di mio fratello. «Ero preoccupata a morte per te, si può sapere che fine hai fatto? Ti ho lasciato trenta chiamate nella segreteria, pure tuo fratello e tuo padre hanno provato a contattarti ma risulti sempre inagibile.» Mi mordo il labbro inferiore, prendendo una decisione che so già mi ucciderà a morte. «Mamma, sono successe delle cose che non posso spiegarti al momento...» mi trema il labbro inferiore, invece la voce si spezza. L'uomo al volante mi guarda un attimo con preoccupazione, ma presto rivolge lo sguardo davanti a sé. «Jackie, adesso te ne torni a Jacksonville capito?» intima.

«Non posso farlo» scuoto il capo.

«Cosa vuol dire che non puoi tornare?» sbotta.

«Verrà a cercarmi...» mormoro, sentendo la bocca impastata. Non appena l'auto si ferma al semaforo, mia madre mi chiede di chi sto parlando ma io non posso farle il nome. Se le parlassi di Beltran, il suo alter-ego li ucciderebbe senza rimorso. «Tesoro, mi stai mettendo paura ‒ ti prego, torna a Jacksonville» mi scongiura.

«No, non posso» scuoto il capo irremovibile.

Le chiedo di prendersi cura della famiglia, come d'altronde ha sempre fatto. «Ti prego, si presente per Judith e tenta di non far uscire troppo Sierra» sorrido con tristezza. «Glenn ha bisogno di un amico vero, invoglialo a uscire di casa e a divertirsi» aggiungo.

«Non puoi andartene!» mi urla contro, piangendo.

«Salutami papà, vi voglio tanto bene» concludo, singhiozzando quando li sento richiamarmi con timore. Senza più guardare lo schermo, termino la chiamata, porgendo il telefono all'uomo che sta guidando. «Ragazza non so cosa tu abbia combinato, ma spero che il Signore ti guidi» ammicca, posando il cellulare dentro la tasca.

«Lo spero anche io» annuisco, guardando il finestrino. Quando arrivo di fronte all'aeroporto mi tengo stretta la borsa sulla spalla, il vento di Chicago soffia forte e io mi ritrovo costretta a stringermi la giacca al petto. Saluto con la mano l'uomo che mi ha dato un passaggio, venendo ricambiata. Lo guardo andare via, per poi entrare dentro l'enorme aeroporto di Chicago. A quest'ora sono chiusi tutti i negozi, proprio come sospettavo. Mi avvicino al bancone dei biglietti, trovando una donna sulla sessantina dalla pelle scura e con un taglio di capelli a caschetto. «Salve, può dirmi quali biglietti sono disponibili?» domando, tirando su con il naso. Mastica una gomma, cliccando con il mouse qualcosa al computer per poi farmi cenno di aspettare un attimo. Tra tutte le mete che suggerisce, preferisco visitare la capitale. «Washington, prendo quello» annuisco, tirando fuori il portafoglio. Nei minuti a venire compilo dei moduli e in seguito ricevo il biglietto per la partenza. Ho così tanti pensieri in mente da non riuscire a respirare. Sto per voltare pagina, dovrò rinunciare a molte cose e niente sarà più come prima. Un sorriso amareggiato colora le mie labbra mentre mi dirigo al gate, perché in fondo l'ho sempre saputo che sarebbe finita così.

Non si può salvare chi ha dentro il male.



Angolo Autrice:

Buona domenica  a tutte!

Il Male In Te termina con questo capitolo, so che aspettavate le nuove pubblicazioni con ansia e mi fa piacere sapere che in qualche modo vi ha colpito questo mio nuovo romanzo. Ho in mente tante idee, nuove storie ma per adesso voglio dilungarmi di più con con questa saga. Non si tocca spesso il tema del dark romance su questa piattaforma, non so forse per paura o perché effettivamente è un mondo poco conosciuto. Tuttavia, mi fa piacere sapere che il genere vi abbia incuriosito. 

Come avevo già anticipato, il romanzo avrà un continuo. 

Questa settimana pubblicherò su Instagram la nuova copertina, mentre domenica prossima caricherò i primi sette capitoli del secondo volume. 

Mi raccomando, seguitemi alla pagina Instagram Car_mine01 per rimanere aggiornate sulle mie storie. Scrivete nei commenti se vi è piaciuto il finale oppure l'avevate immaginato in maniera diversa, un bacio.






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