18. Recupero

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Aiutò Greg a spostare l'ennesimo bancale di legno, e restò ad osservarlo mentre lui e Tariq lo fissavano saldamente al muretto in cemento con dei chiodi che, dopo tanta ricerca e scompiglio sul fatto che non li trovasse più, erano fuoriusciti magicamente dalla tasca posteriori dei pantaloni dell'uomo, che aveva poi sbruffato e affermato che non ne sapeva niente, e che aveva già controllato lì più volte. In effetti, fra il loro disordine era difficile trovare qualsiasi cosa, e avevano perso in una giornata una quantità indefinita di materiale che poi Skye aveva trovato sparso ovunque tranne che nella loro cassetta degli attrezzi.
Gli uomini che Skye aveva conosciuto la prima volta che era entrata in stalla, aveva scoperto fossero tre entità ben diverse e non parte integrante di un unico essere, come invece credeva essendo che ogni loro movimento e pensiero era connesso curiosamente all'altro, un po' come il rapporto speciale che scorreva fra Joseph e Finn, ricordò amaramente.
Quando uno rideva, si accodavano in coro tutti gli altri, e quando uno si innervosiva, iniziava a blaterare contro l'altro, creando baccano inutile anche solo per via dei loro tre vocioni.
I tre, si chiamavano Greg, Tariq e Zaid; Greg era quello più alto e massiccio, aveva la stessa stazza di uno stallone, la testa folta di capelli ed una barba curata. Zaid era minuto e pelato, indossava spesso una maglia a righe troppo aderente per la sua pancia gonfia mentre Tariq era quello più paffuto, dai capelli ricci e dei baffi troppo lunghi che gli finivano sul labbro superiore.

Nonostante la stanchezza che si portavano sulle spalle oltre che alcune piccole ferite riportate dal crollo, non avevano perso comunque la loro vivacità, e anche mentre tutti gli altri erano spompati e taciturni, bastava il loro chiacchiericcio per riempire tutta la zona di lavoro. «Passami quel martello» bofonchiò Zaid indicando un punto accanto a lei. Si protese verso la panca e trovò la cassetta degli attrezzi, frugò al suo interno e dopo poco gli passò ciò che aveva richiesto. Lo afferrò Greg e iniziò a martellare ripetutamente sul chiodo che cercavano di fissare accuratamente. Li aiutava da due giorni, e Skye aveva scoperto che in loro non c'era galanteria e pettegolezzi. Potevano sembrare rudi, ma si divertiva in loro compagnia, sembrava come se stesse vivendo costantemente davanti ad una troupe comica. Per la prima volta da quando era giunta nel deserto, Skye in loro presenza avvertiva un sentore di normalità. Come se non fossero mai stati in una guerra, e stava semplicemente passando del tempo con i suoi cugini dopo un pranzo domenicale in famiglia. Era proprio quella la sensazione che i tre suscitavano in lei. Oltre alla gratitudine di non trattarla diversamente da chiunque loro collega, inoltre i tre non erano per niente invadenti, l'unica domanda che le avevano posto, incuriositi da quel giorno in cui aveva diagnosticato la cura dello stallone della regina, era stata da dove avesse imparato a gestire e conoscere cosi bene i cavalli.

Per questo aveva scelto di starsene con loro in stalla, piuttosto che starsene in cucina ad aiutare le domestiche, che perlopiù passavano il loro tempo a lucidare i pavimenti o a spettegolare fra loro di qualche notizia trapelata dal Palazzo o qualche ciancia inutile. Quello poteva sembrare un'ambiente più consono alla ragazza che forse Icaro si aspettava fosse, eppure non le si addiceva affatto. Preferiva ritornare nella camera di Ginevra e Raya con delle schegge incastrate dentro i polpastrelli delle dita ogni notte piuttosto che essere rintanata nelle cucine dove mai nessuno prestava troppa attenzione a lei. Non aveva ancora capito se lo facevano per paura o per altre ragioni ancora ignote. Aveva imparato a sorvolare lo sguardo di disapprovazione di Raya che continuava a riservarle ogni sera quando la vedeva rincasare con gli scarponcini pieni di paglia e sterco, le ribadiva spesso che la compagnia di quei tre fosse poco raccomandabile per una dama come lei, tantomeno il fetore della stalla.

Ma forse Raya ignorava che Skye era tutt'altro che una dama. Lei si sentiva ancora un soldato, anche sotto alla gonna grigia che portava. Qualsiasi gioiello o abito che provassero a farle indossare, non la rendeva una persona diversa da ciò che era in realtà. E questo Ginevra l'aveva capito bene, per questo non le diceva nulla quando la vedeva sgattaiolare via dalla stanza alle prime luci dell'alba per accudire i cavalli o proseguire i lavori.

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