28. Le due Regine

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Riuscì a risvegliarsi senza urlare. Guardò le sue mani vuote, assaporando il ricordo di quel sogno in cui le aveva strette intorno al viso di Saleem.
Mentre il cuore galoppava ancora all'impazzata, capì il motivo del suo risveglio brusco. Guardò la porta.

«Sono io» era la voce di Koraline quella oltre al legno. Voltò lo sguardo al suo fianco, Icaro non c'era. Si alzò frettolosa e aprì la sua dama.
«Stanno facendo tutti colazione» l'avvisò come buongiorno, andò verso l'armadio e aprì le due ante. Quando non vide nessun abito al suo interno, sospirò e iniziò a frugare nelle valige ancora sparse sul pavimento, da una di esse cacciò fuori un abito avorio ancora confezionato nella sua fodera trasparente. «Questo ricorderà a tutti che sei davvero una giovane sposa, non solo una Regina» Koraline annuì convinta a se stessa prima di afferrarla per un braccio e spingerla verso il bagno.

Non obiettò mentre la preparava, con tutti quei pensieri dubitava che Skye avrebbe saputo fare di meglio, cosi la lasciò fare. Se doveva continuare a fingersi una Regina, immaginò di dover apparire presentabile e impeccabile anche quando dentro si sentiva marcire lentamente.

Non diede neanche uno sguardo alla sua figura riflessa nello specchio mentre lasciavano la stanza e attraversavano il corridoio e le scale a chiocciola. Per tutto il tempo si concentrò a ricordare ogni angolo di quel posto, anche se era cosi grande che le sembrava un labirinto infinito.
Scesero altre scale, e una volta giunti al piano terra, entrarono in tre diverse porte prima di arrivare alla sala da pranzo grande quanto tutto il primo piano della sua intera casa di Dover.
Icaro fu il primo che vide, era intento a leggere un libro seduto sotto ai raggi del sole che provenivano dall'enorme finestra al suo fianco. Maicol accanto a lui, lo guardava silenzioso mentre assaporava il restante caffè dalla sua tazzina.
Fu Constance a notarla per prima, era appoggiata al davanzale della stessa finestra, si illuminò radiosa nel vederla. In un angolo remoto della sala, Pierre e Ronald erano in piedi con una postura rigida accanto alla sua amica Ginevra, come se fossero pronti a proteggerla di fronte al primo passo falso di chiunque. Sorrise fugacemente a loro prima di sedersi nella sedia che Koraline le spostò educatamente.
«Buongiorno» si sentì dire. Un cameriere non perse tempo a posarle un piattino di dolci davanti al suo viso. Constance si accomodò al suo fianco e si avvicinò una tazzina fumante. Sembrava euforica come una bambina d'innanzi al suo regalo di Natale.
«Buongiorno Maestà, oggi è davvero una splendida giornata, mi hanno riferito che il bosco si è asciugato da tutta la pioggia dei giorni scorsi» portò la porcellana dipinta a mano verso le sue labbra. Solo alla luce del sole, notò la somiglianza con il figlio, avevano gli stessi occhi e gli stessi lineamenti. «Il bosco? ah già il bosco. Sembra bellissimo» si affrettò a dire, aveva quasi dimenticato l'enorme giardino contornato dai boschi che li avevano accolti il giorno prima. Sorseggiò anche lei il tè che gli avevano appena portato, ma dopo il primo piccolo sorso, lo ricacciò subito indietro sputandolo nella tazza. «Cos'è questa roba? ho bisogno di caffè» boccheggiò per il liquido caldo che quasi le aveva ustionato la lingua. Doveva annotarsi che il tè della Nuova Capitale era completamente diverso da quello britannico a cui era piacevolmente abituata.
Solo allora Icaro alzò un sopracciglio verso di lei, il suo sguardo era tagliente mentre Constance rideva sommessa al suo fianco. «O misericordia, portare un buon caffè a questa Regina!» ordinò divertita ad uno dei camerieri presenti nella sala. Due di loro si affrettarono ad uscire verso le cucine adiacenti, come se ne valesse della loro stessa vita.
«Grazie» farfugliò ricomponendosi, come sua prima impressione immaginò che non fosse granché.
Sentì lo sguardo del Re bruciare ancora su di lei, quegli occhi verdi solitamente limpidi si adombrarono trasformandosi in una foresta tempestosa mentre scivolarono lungo tutto il suo corpo.
«Il Re sembra apprezzare il tuo vestito» fu Constance a notarlo per prima, ammiccando verso di lei. Come colti in fragrante, entrambi separarono i loro sguardi puntandoli altrove imbarazzati. Skye si concentrò sul tavolo in massello ed Icaro suppose sulle pagine che reggeva fra le dita. «Dovrei ringraziare la mia dama» si sentì dire con voce fioca. Percepì il sorriso di Koraline di fronte a lei.
«Se permetti, nessun vestito potrebbe renderti mai onore» sorrise la Regina al suo fianco, spostandole una ciocca di capelli. Una cosa che aveva già capito di quella corte, era che nessuno sembrava essere quello che appariva.
Constance, se non avesse saputo a cosa ambiva in realtà, le sarebbe stata quasi simpatica con quel suo fare premuroso, quel gesto disinvolto le ricordò proprio quello di una madre benevola. Ma sapeva che quella era una maschera, e che sotto di essa vi era molto da temere.
«Ti va di fare uscire per allenarci a scherma?» propose il figlio rivolto a Yuri.
«È da tempo che non ti faccio il culo» rispose quest'ultimo chiudendo il libro con un tonfo, gli rivolse un sorriso caldo, come se davvero apprezzasse passare del tempo con lui. Non poté fare a meno di correggerlo mentalmente, erano solo dieci giorni che Icaro non faceva il culo a Maicol, non poi cosi molto. Sorrise ricordando il volto tumefatto di quest'ultimo scivolare via dai suoi pugni.
«Mi piacerà ricominciare» affermò quasi contento, si alzò scoccando una rapida occhiata d'avvertimento a Skye.
«Spero che al nostro ritorno sarete ancora qui, l'affido a voi tre» si riferì alle due dame e all'altra Regina al suo fianco che in sincronia annuirono fedelmente, non provò neanche a nascondere il suo tono divertito, perché sapeva di stargli facendo un torto.
Cosa avrebbero dovuto fare da sole loro tre? giocare con l'uncinetto o spettegolare sul personale? erano cose che a Skye di certo non piacevano.
Quando si allontanarono fuori alla porta, Skye scattò in piedi come una molla. «Non possiamo...» la voce le divenne un sussurro, non le piaceva l'idea di Maicol ed Icaro da soli con un fioretto fra le mani. «Non so. Seguirli? Guardarli mentre si allenano?» concluse un po' preoccupata. La risata melodiosa di Constance le accarezzò il timpano. «Oh mia adorata. Non temere, il tuo Re ritornerà presto da te. Credimi, ci si annoia guardare come giocano a scherma» si alzò anche lei, posando sul tavolo la sua tazza. «Sai, ti capisco. Anche io, come te, nei primi mesi di matrimonio desideravo stare insieme a mio marito tutto il giorno e a tutte le ore» le sorrise ampiamente. Finalmente arrivò il suo caffè, che prese a volo dal vassoio ancor prima che il cameriere avesse tempo di passarglielo.
«Effettivamente guardandovi mi ricordate me e il mio Re» Skye storse il naso, e non per il sapore amarognolo del caffè, ma perché quelle parole le sembrarono molto lontane dalla realtà.
Prima che Constance potesse accorgersi della sua espressione le chiese «A tal proposito, dov'è che si trova il vostro Re?»
Il sorriso largo di Constance sembrò diminuire mentre le rispose «Questa è una lunga storia» si guardò intorno, indugiando con lo sguardo sulle sue dame e i soldati infondo alla sala.
«Magari potrebbe aiutarci una bella passeggiata nel bosco, cosi te la racconto» sembrava una richiesta normale, ma il modo insolito in cui la guardava creava sospetti che forse ad attenderla potesse esserci altro, tipo una belva dietro l'angolo pronta a sgozzarla viva.
Ma Icaro non le aveva dato istruzioni particolari su che tipo di rapporto avrebbe dovuto fingere di instaurare con lei. Certo le aveva chiesto espressamente di non restare da sola in sua compagnia. Ma come poteva quando condividevano lo stesso castello e se le ritrovava ovunque?
Non riuscì a frenare il suo istinto di curiosità, voleva sapere di più su Constance e il suo impero. Dopotutto dubitava che l'avrebbe già uccisa rischiando una nuova guerra che forse non avrebbe ancora vinto, per via dell'età di Edwin.
«Effettivamente mi piacerebbe molto vedere il bosco» rispose con indifferenza mentre sistemava un fronzolo del suo abito chiaro.
«Bene, andiamo allora» Constance si incamminò verso la stessa porta da cui erano appena usciti Maicol ed Icaro.
«Un attimo, Maestà. Corro a prendere gli ombrelli da sole» borbottò Koraline, ma prima che potesse muovere anche solo un dito, la donna al suo fianco alzò una mano per fermarla.
«La sorte di noi Regine è quella di non rimanere mai da sole» sospirò quasi innervosita. «Questa passeggiata spero sia solo fra di noi. Non vi preoccupate, nei boschi non c'è nulla da temere» evinse che o accettava quella condizione o niente. Ronald mosse un paso verso di lei.
«Non abbiamo avuto queste direttive. Dobbiamo seguire la Regina ovunque decida di andare» rispose perentorio. Constance rise divertita, i filamenti grigi nei suoi capelli scintillarono come comete sotto alla luce solare «Questi due ti seguono anche nella toilette?» socchiuse le labbra, analizzando bene come poter reagire.
«Su andiamo! È solo una passeggiata. E sono certa che il Re non è stato poi così severo negli ordini, mi sbaglio?» Pierre strinse impercettibilmente la sua elsa, ma non fiatò.
Non voleva mettere i suoi amici in una posizione di pericolo, né voleva mostrarsi il cagnolino docile del Re, perciò disse velocemente «D'accordo» in qualsiasi situazione, anche grazie alla sua squadra, Skye si sarebbe potuta tranquillamente difendere.
«Brava, ora ascoltare la vostra Regina e lasciateci in pace per qualche ora, non chiedo di più» ordinò la donna afferrandola delicatamente per un braccio per portarla al di fuori di quelle porte. Gli dispiacque lasciare alle spalle i suoi amici con quelle facce contrariate, tuttavia la seguì.

RESILIENCEWhere stories live. Discover now