𝙸𝚕𝚕𝚞𝚜𝚒𝚘𝚗𝚎.
ɪʀɪɴᴀ
1° Agosto 2012
The Woodward Hotel,
Ginevra, Svizzera
Ore: 11:32Edgar ordinò il servizio in camera per la colazione.
Nella suite c'era un comodissimo tavolo rotondo di fronte alle vetrate affacciate sempre sul lago, e il personale dell'Hotel aveva sistemato tutto lì. Dal pane tostato accompagnato dal burro e quattro gusti diversi di confettura a uova strapazzate, due salsicce, un pomodoro tagliato in due e grigliato per Edgar e pancake con fragole, lamponi e mirtilli per me. L'odore poi si amalgamò deliziosamente a quello del caffè, del tè e della spremuta d'arancia e il mio stomaco mi aveva fatto patire una fame da lupi.
Non immaginai di potermi sentire al settimo cielo per del cibo e vagamente un secondo mi straziò la mente con il ricordo delle due fette di pizza che Raphael mi aveva servito nel momento di estremo bisogno di nutrirmi. Cacciai via quelle immagini ancora cruentemente vivide nella mia testa e cercai di godermi quella giornata che si prospettava priva di spiacevoli sorprese.
Non avendo nulla da mettere, avevo indossato anche io l'accappatoio dell'Hotel e mi ero accomodata al tavolo prima di Edgar. Dovendo ancora ultimare i piani per quella giornata, si era rifugiato in terrazza con il cellulare attaccato all'orecchio.
Cominciai a mangiare agguantando con le dita la frutta da sopra la pila di pancake. Afferrai poi la forchetta e il coltello ma non appena il mio sguardo cadde sulla lama di quest'ultimo, la lasciò cadere.
Un gelido brivido attraversò per intero il mio corpo e un fastidioso peso mi schiacciò il petto.
Fissai quella posata, la lama, in particolare, e mi parve di vederla incandescente. Un tremore mi scosse entrambe le mani.
Non era possibile.
Credevo di star bene e non era così.
Quel coltello mi riportò alla mano di Serrano, al momento in cui mi appoggiò la lama contro il petto per ferirmi, alle mie urla strazianti dal dolore, all'umiliazione di essere ripresa.
Trassi un respiro profondo e provai con tutta me stessa di riprendermi ma non riuscii a toccare il coltello.
Potevo sbagliarmi ma quella puttanata aveva un nome ben chiaro. Avevo subito un trauma e soltanto per esperienza potevo dire con certezza che suoni e oggetti riguardanti a quel trauma mi avrebbero fottuto la mente.
Qualcuno bussò alla porta e io sobbalzai.
Edgar rientrò dal terrazzo e andò ad aprire.
Due dei suoi uomini spinsero un appendiabiti dorato nella suite, lasciandolo in mezzo al salotto. Una pila di abiti era attaccata allo stand e sotto, appoggiati sull'asse una decina di scatole e una busta.
«Potrai fare altro shopping quando usciamo. Per ora spero che questo sia di tuo gradimento.» disse Edgar mentre gli uomini se ne andavano.
Stupita, passai lo sguardo dagli abiti a lui. «Edgar, mi bastava soltanto un cambio...mi hai preso un intero guardaroba.»
Edgar guardò confuso lo stand. «Non è un intero guardaroba. Questo non è nemmeno un terzo di quello che hai a Las Vegas.» mi fece notare.
Venne a sedersi davanti a me e, come se non avesse fatto nulla, cominciò a mangiare.
Sospirai, presi la tazza di tè tra le mani e mi avvicinai a lui. Gli lasciai un bacio sulla tempia. «Grazie.» sussurrai e andai a vedere cosa mi aveva preso, immaginando che avesse lasciato fare allo staff dell'Hotel quegli acquisti.

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Devotion 3 // Omertà E Onore //
ChickLitTerzo e ultimo libro della serie Devotion «ɴᴏɴ È Qᴜᴇꜱᴛᴏ ᴄɪÒ ᴄʜᴇ ᴛɪ ʜᴀɴɴᴏ ɪɴꜱᴇɢɴᴀᴛᴏ. ᴅᴇᴠɪ ᴘᴀᴛɪʀᴇ ɪʟ ᴅᴏʟᴏʀᴇ ɪɴ ꜱɪʟᴇɴᴢɪᴏ.» 🔞TW