Cortesia e informazioni per l'Imperatore

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Interludio
(Parte prima)

XXII

La Corte.

Un palazzo di finzioni e menzogne nascoste dietro a marmi lucidi e argenteria scintillante. Un insieme di torri e cupole bronzee, circondate da specchi d'acqua che riflettevano la luce del sole, a mezzodì, e della luna, alla seminotte. L'ostentazione del lusso e della ricchezza.

Dankar ricordava ancora la prima volta che suo padre lo portò al cospetto dell'Imperatore. Aveva sette orbite. Sette orbite di pura ingenuità inchinate di fronte a quell'enorme trono, a esibire un rispetto che in realtà era più invidiosa ammirazione. All'epoca, il palazzo imperiale gli era sembrato il posto più bello di Galthorn, con i grandi lampadari a kerosene, le colonne dorate, il tappeto viride come le giubbe a guardia dell'intera capitale. Era immenso. Decine di stanze nobiliari e lunghi corridoi decorati con quadri e statue marmoree conferivano all'ambiente un aspetto sontuoso, lussureggiante. A chi non sospettava nulla della Corte, o di Morlion, avrebbe potuto quasi sembrare un posto sacro. Peccato che di sacro, quel palazzo, non avesse proprio niente.

Dopo più di venti orbite, Dankar aveva nuovamente percorso gli infiniti scalini che collegavano la Grande Piazza all'ingresso. Erano ventotto. Li contava ogni volta, con il fiato sempre più corto. Per qualcuno erano solo ventotto scalini, per lui era come scalare l'Heidpeak, la vetta più alta del Verkheid.

L'ultimo mezzo ciclo era stato come arrancare in un girone della morte. Si era risvegliato qualche notte prima nel laboratorio di Grimm, steso su una brandina, ricoperto di una poltiglia melmosa e nauseante e fasciato con bende color fango. Il suo socio dalla chioma cerulea se ne stava seduto sul suo sgabello, la braccia piegate sul tavolo da lavoro e la testa appoggiata sopra esse, circondata da provette e alambicchi, immerso in un sonno profondo.

Lo aveva messo al corrente su quanto era accaduto. Aveva preso il Fuoco, una condizione da tempo quiescente nel suo organismo che era stata riattivata dalla debolezza del suo corpo. Gli svenimenti non erano più così frequenti, ma dopo il viaggio a Keltam e il frazionamento dell'antidoto, l'ultimo periodo era stato molto faticoso per lui. L'ambiente perfetto per il diffondersi di una maledetta infezione.

Si era riaddormentato guardando l'amico sonnecchiare e si era svegliato dopo venti giri lenti d'orologio, spaesato, ma pressoché guarito. Le bende erano tornate al loro normale colore e le ferite avevano smesso di spurgare, donandogli un po' di pace. Aveva inspirato profondamente, si era rimesso in piedi, come sempre, e aveva riunito tutti, dando loro le indicazioni necessarie per i giri a venire.

Ora si trovava sulla soglia del salone principale della Corte, con Tommy al suo fianco e Soffie che gli teneva la mano sinistra, fingendo una soggezione e un rispetto che ancora gli erano impossibili da sentire, pronto per mettere in atto il suo piano.

Le due giubbe verdi a guardia del Palazzo li avevano perquisiti e avevano chiesto loro il motivo della visita.

"Cortesia e informazioni per l'Imperatore", aveva risposto Dankar, mostrando loro la Lettera di Corsa, donatagli da Calidius al momento della nomina a corsaro imperiale.

I due si erano recati da Morlion, lo avevano informato dell'arrivo di quegli inaspettati ospiti ed erano tornati da loro con un atteggiamento decisamente più indulgente. Li avevano accompagnati all'interno della Grande Sala circolare, fino a raggiungere i piedi del trono.

«Sire», disse uno di loro, inchinandosi e invitando i tre giovani ospiti a imitarlo. «Il Capitano Dagger e i suoi... soci.» Un dubbio si insinuò nella sua voce mentre volgeva lo sguardo verso la bambina.

Dankar e Tommy piegarono leggermente la schiena e il capo davanti alla presenza di Calidius, mentre Soffie si prodigò in una profonda riverenza, ricambiando quello sguardo curioso con uno decisamente meno amichevole.

Diefbourg. La città di maschere e bugie.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora