house of mirrors

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Il conosciutissimo rumore della porta che si apriva accompagnato dal suono degli stivali non poteva che voler dire che Allison era tornata.

Come tutti i lunedì sera aveva dormito da sua madre, e a distanza di quattro anni mi chiedo ancora come facciamo a sopportarsi vedendosi così spesso.

«Ciao cadaverina, come stai?» mi si avvicinò e mi stampò un bacio sulla guancia, poi si buttò sul divano lanciando da qualche parte gli stivali.

«Domenica sono andata a trovare Scott.» dissi tutto d'un fiato, mentre strizzavo gli occhi sperando che non me lo facesse ripetere.

Allison si tirò a sedere, poi mi guardò stupita.
Non avevo avuto il coraggio di parlarle di Scott fino ad ora, ma sapevo che in qualche modo avrei dovuto dirglielo.

«Tu... Tu cosa?» sembrava quasi delusa.

Come da copione, mi toccava ripetere di nuovo cosa era successo.

«Mi hanno chiamata dall'ospedale, dicendo che Scott doveva parlare con me e Dylan con urgenza, quindi siamo andati. In sostanza ci ha detto che gli sono esplosi un po' di organi interni e... E che aveva qualche giorno di vita.» dissi il tutto scandendo le parole e assicurandomi che questa volta non dovessi ridire tutto un'altra volta.

La guardai piena di tristezza, mentre i suoi occhi celesti sembravano svuotarsi.
Lei abbassò la testa, in preda alle lacrime, e io iniziai a desiderare come sempre in queste occasioni di diventare talmente piccola da sparire.

«Perché non me lo hai detto prima?» aveva tutto il diritto di chiederlo, ma ignorai la domanda.

«Mi ha detto un'altra cosa.» presi un respiro profondo. «Lui ti amava.»

A quelle parole la testa di Allison scattò verso di me quasi a chiedere conferma, e io le sorrisi.

«Credo... Credo che andrò in camera mia.» sussurrò lei, e decisi di lasciarle il suo spazio.

Si alzò a fatica dal divano, e si diresse verso le scale, e potevo sentire già i suoi singhiozzi causati dal pianto.
Cercai di non stare a pensarci troppo, avrei finito per deprimermi anche io.

Mi alzai, in un cassetto della cucina avevo messo le matrioske e il biglietto, e andai a prenderle per cercare di capire qualcosa.
Era da domenica che ceravo di collegarle in qualche modo a qualcuno che conoscessi, ma dopo due giorni passati a fissarle aspettando un'illuminazione avevo praticamente gettato la spugna.

Ad un certo punto, il suono di una mail in entrata mi svegliò, e corsi verso il computer rimettendo nel loro cassetto le matrioske.

"Oggetto: ammissione universitaria.
Lindsey Brandon, con la presente le comunichiamo che è stata ufficialmente ammessa all'Università Statale di Medicina."

Sbuffai, me ne tornai verso la cucina, poi mi bloccai di colpo.

«Cosa?!» iniziai a correre di nuovo verso il computer, poi aprii di nuovo la mail.

Lessi di nuovo, rendendomi conto davvero di ciò che stavo leggendo.

«Oh mio dio!» strillai come una femminuccia, saltellando prima su un piede poi sull'altro mentre correvo per la sala.

Mi venne in mente dopo che Allison stava probabilmente inzuppando di lacrime il letto in camera sua, e che magari era il caso di contenermi.

Decisi di mettere a bollire dell'acqua per fare un tè, e recuperai dalla lavastoviglie la tazza rossa di Allison preparando la bustina di tè alla vaniglia che lei beveva sempre quando era giù di morale.
Per poco non mi ustionai una mano, ma in qualche modo riuscii a portare il tè su per le scale e bussai alla porta della camera di Allison.

Paralyzed - Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora