I Cacciatori

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Manno e Roscio, uno farmacista l'altro dottore, erano vicini di casa.
Ciascuno possedeva due cani e un fucile.
Ogni domenica andavano a caccia.
Puntavano ai fagiani e sparavano. Bang!
"Mancato" diceva Manno.
"Ci penso io." Diceva Roscio puntando con sapienza l'arma. Bang!
"Mancato." diceva Roscio.
Andavano avanti così dalla mattina alla sera, erano lo zimbello dei cacciatori, ma i due non se ne curavano, perché lo facevano come passatempo mentre chiacchieravano di politica o di calcio.
Roscio era più sboccato di Manno, aveva idee ben precise, "Basate sulla scienza" come era solito definire le sue argomentazioni.
Manno era invece più pacato e tranquillo, un relativista convinto del suo relativo sapere, spesso cadeva nel nichilismo quando si accorgeva di quanto fossero scarsi a cacciare.
"Forse dobbiamo smettere." Disse Manno.
"Troviamo l'ultimo fagiano. Se lo manchiamo, appendiamo i fucili sopra i nostri camini. Ci stai?"
Manno accettò, e coi cani  cominciarono ad aprirsi la strada lungo l'erba alta, finché uno stormo di fagiani non s'alzò in cielo.
Manno e Roscio alzarono i fucili, l'occhiolino per mirare e poi Bang!
"Mancato." Disse Roscio.
"Io non ho sparato." Disse Manno caricando l'arma.
"Vai, il tuo ultimo colpo. Là c'é un fagiano che vola più basso. Spara-spara!" disse Roscio, e Manno in fretta e furia puntò e fece fuoco.
"Mancato." disse, sospirando.
"Aspetta-aspetta! Guarda!" urlò Roscio indicando il cielo "Guarda! Hai preso qualcosa!" ed effettivamente qualcosa stava cadendo, pareva proprio un fagiano.
I cani scattarono fulminei, Manno e Roscio li seguirono saltellando e esultando come i matti.
Giunsero davanti alla preda che già i cani se la contendevano a morsi, e Manno chiese "Ma che animale é?" "E che ne so?! Via! Via!" urlò Roscio ai cani che lasciarono cadere a terra la creatura storpiata dalla morte: un ometto sbarbato e ricciuto, vestito con una tunica e possessore di due ali d'un bianco brillante.
"Ma che é?!" sbottò Manno.
"E' un angelo!" disse Roscio.
"Ma che angelo e angelo, questo viene da chernobyl!"
"Questo é chiaramente un angelo! Guarda com'é vestito! Guarda la sua faccia innocente! E guarda le sue ali! Non esprimono l'Onnipotente?"
"Oddio ho sparato a un angelo!" realizzò Manno mettendosi le mani in faccia.
"Ma non é stata colpa tua!" disse Roscio all'amico disperato "Tu non volevi mirare a lui, volevi mirare ai fagiani!"
"Oddio, chissà che angelo é?" "Ma chissenefrega! Amico mio, amico mio..." disse Roscio all'amico singhiozzante "... usa la testa! Hai idea di quanto valga un angelo?"
"No."
"Nemmeno io, ma chi l'ha mai visto un angelo dal vivo?!"
"Ma questo é morto! E l'ho ammazzato io!"
"Sì, ma qualcosa varrà pure un angelo, no?! E' una rarità! Potremmo venderne i capelli, le unghie, i denti! Al mercato di domani! Dio ti ha premiato! Ti ha dato una miniera d'oro! Dai, aiutami a trascinarlo in paese! Su-su! Olè-Olé! Al mercato!".
Così i due cacciatori cercarono di trascinare l'angioletto lungo tutta la strada che li separava da casa, ma più si avvicinavano al paese, più l'angelo si faceva grosso e pesante.
I due cacciatori non si arresero, e c'impiegarono tutto il pomeriggio, tutta la sera e tutta la notte, per poi arrivare in paese a mattina inoltrata, col mercato già iniziato da un'ora.
Stanchi morti allestirono un baracchino raffazzonato per appendere l'angelo a testa in giù, come una comune volpe o lepre.
Ma tale selvaggina, contrariamente a quel che pensava Roscio, non destò alcuna attenzione, inoltre Manno non era d'aiuto, interdetto dall'omicidio divino, e stava immobile in un angolo, continuando a pregare che non gli cadesse in testa un meteorite.
Perciò Roscio decise di prendere in mano la situazione dicendo "Ti aiuto a venderlo, però voglio la metà del guadagno." "Cosa se ne fa un morto della metà?" disse Manno, ma Roscio, fregandosene, si voltò verso la folla dicendo "Sijore e sijori, questo non é Icaro, e non é nemmeno caro! E' un angelo vero e proprio! Scientificamente provato! Venite sijore e sijori! Partiamo con l'asta! Si parte da centomila euri!"
Subito la folla si accalcò attorno al baracchino ma molti cominciarono a urlare "E' UN SEMPLICE FAGIANO! IMBROGLIONI!" e altri "BUUH! FARESTE BENE A NON BESTEMMIARE COSì TANTO!" e la folla si volatilizzò all'istante.
Roscio li mandò tutti a quel paese, ma poi vide che uno straniero era rimasto a guardare l'angelo.
Roscio disse "Le piace?"
"Direi che é l'insieme di tutto che mi affascina." disse lo straniero, un tipetto magro e vestito di stracci.
"Che intende?"
"Intendo che mi affascina questo baracchino fatiscente e la sua, diciamo, merce abbondante."
"Bene, allora. Come ho ben detto prima, si parte dai centomila. Ha da offrire di più?"
"Che animale é? Sicuro un fagiano, ma perché costa centomila?"
Roscio, pronto a fregarlo "E' un fagiano celeste. Detto angelo. Una rarità. La sua carne é cibo degli dei. Una squisitezza da mettere a tavola. Scientificamente provato, sijore e sijori."
"Ti do centomila."
"Davvero?"
Lo straniero cavò dalla tasca uno smartphone, tappettò sullo schermo e disse "Te li ho inviati tutti sul conto."
"Oh-uh, se non vedo, non vendo."
"Toh, guarda. Questo é l'assegno che ho mandato alla tua banca."
"Questa tecnologia ci fregherà tutti."
"Però, il patto é questo: voi verrete con me a mangiare questa prelibatezza che ho pagato così tanto."
"Ma tu non sei di qui."
"Esatto, abito leggermente fuori. Ma ho una macchina. Su, seguitemi."
Disse liberando i piedi dell'angelo dalla corda, Roscio disse "Fai attenzione che pesa tantissimo.", ma lo straniero lo sollevò senza sforzo, portandoselo in spalla.
"Avanti, seguitemi."
Caricarono nel bagagliaio l'angelo morto, e poi Roscio si fece mezz'ora di auto con lo straniero strano al volante e Manno timorato di Dio dietro.
Si fermarono in un grosso villone, dove lo straniero li fece accomodare nella sala da pranzo.
Li intrattenne con un'applicazione che aveva venduto l'anno prima, mentre la domestica in cucina arrostiva il fagiano celeste.
E Manno e Roscio immaginavano il momento in cui l'angelo, con la testa mozzata, spellato e rimpinzato di erbe e aromi vari, sarebbe stato servito a tavola.
Manno avvertendo dei capogiri s'alzò per dire "Signori, a me mi sa che é giunta la mia ora."
"Cosa?!" chiese preoccupato lo straniero.
"Diceva l'ora di andare a casa! Ah-ah!" disse Roscio cercando di nascondere l'imminente attacco di panico dell'amico.
"Ma come? Non vuoi mangiare il fagiano celeste?" chiese lo straniero.
"No-no, certo che vorrebbe." disse Roscio "E' solo che s'é fatto tardi, e noi dobbiamo proprio tornare a casa dalle nostre mogli."
"Mandatele dei messaggi che state fuori a cena."
"No, lei non conosce mia moglie." disse Roscio mimando i due maroni con pollici e indici "E la sua é pure peggio!" Disse indicando Manno, pallido in viso.
Giunse all'improvviso una folata di profumo di carne arrosto.
Gli stomaci di Manno e Roscio, che non mangiavano da ormai un giorno, tuonarono.  
Ma proprio grazie a quel delizioso odorino vennero lasciati andare dallo straniero, che disse "Questo fagiano celeste profuma divinamente! Non può essere una fregatura. Ve li siete meritati tutti quei centomila bigliettoni."
Così, Manno e Roscio, per strada, lontani da casa, camminarono pensando alla cena di quello straniero che non sapeva distinguere un fagiano da un angelo.
Poi Roscio disse a Manno "Amico mio! E' quasi notte e Dio non t'ha ancora ucciso. Te lo dico io: Dio voleva che uccidessi quell'angelo! Agli angeli non puoi mica sparare! Chi l'ha mai fatto prima? Dio voleva che tu lo uccidessi per farci fare un sacco di soldi! Te lo dico io: Dio t'ucciderà un domani, non oggi."
"Eh, infatti. Potrebbe uccidermi domani..."
"Non domani. UN domani."
Manno ci pensò su, poi sospirò e disse "Speriamo sia così. Io comunque il fucile lo appendo comunque." "Oh, andiamo! Ora che avevamo avviato un'attività di vendita di fagiani celesti!" "No, io appendo il fucile e basta. C'ho ancora in testa quell'angelo tutto storpio." disse Manno, ma Roscio, capriccioso "Ma abbiamo appena spennato un deficiente! Quello ora si mangerà una creatura divina mezzo uomo e mezzo pollo!" "Io non sparo più, l'ho detto e lo faccio." troncò Manno.
"Come vuoi." disse Roscio "Vabbeh, lo appendo anch'io il fucile. Che ci vado a fare da solo a caccia? E' pericoloso."
"Che faremo la domenica pomeriggio?"
"Andiamo a pescare?" disse Roscio.
"Massì, andiamo a pescare." e proprio nel momento in cui Manno pronunciava questa frase, la domestica dello straniero posò il vassoio sul tavolo e lo scoperchiò, svelando il più bel fagiano arrosto mai visto prima d'allora.
La pelle dorata, fumante e in alcuni punti ancora pulsante dal forno, trasudava olio e grasso che scendeva lungo le forme gonfie di carne, agglomerandosi sul fondo assieme al rosmarino e alle patate arrosto di contorno.
Lo straniero divorò quel fagiano celeste in cinque minuti, tant'era buono.
"Oddio, che mangiata." disse prima di ruttare.
Poi si voltò verso la domestica e disse "Sei divina, Madeline."

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