Il giuoco più bello del mondo

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Quel pomeriggio piovve, piovve davvero tanto. Il terreno arido che circondava la casa di Sameeha si era trasformato in fango. Il vetro della finestra dalla quale guardava quello spettacolo era rigato di gocce.
Osservò a lungo il paesaggio fin quando la pioggia cessò.
Forse è il caso che vada., pensò la ragazza.
La voce di suo fratello, però le fece cambiare idea.
-Niente da fare. Oggi nulla-
-Ma come?- esclamò Sameeha.
-Il campo è allagato, ed è tutto fangoso fuori-
Sameeha sbuffò e tornò e guardare le gocce sulla finestra.
-Mi dispiace- disse più piano suo fratello.
-Per un giorno non moriremo. Ci andremo domani-
-Buonanotte-
Con quella parola, come se l'avesse ascoltato, il sole sparì dietro le case, e in poco tempo, la Luna iniziò a splendere sul cielo di Marrakech leggermente annuvolato, in quella calda ma piovosa serata di agosto.
La mattina seguente, Sameeha fu svegliata da un fresco odore di terra bagnata, e seppur forse troppo tardi, scese al piano di sotto per cercare qualcosa da mangiare per colazione.
-Tua madre non c'è- la informò suo padre Basaam –Ha portato Zaafir fuori, si è trasferito un nuovo bambino in fondo alla via-
-Faranno amicizia?-
-Spero di sì- annuì Basaam.
-Da dove vengono?-
-Rabat-
-E hanno fatto tutta questa strada per finire nel nostro quartiere?-
-Suo padre non aveva un lavoro, e l'ha trovato qui-
-Meglio-
-Samee!- la chiamò suo fratello maggiore.
-Arrivo-
Seguì la voce di Maahir fino in giardino, evitando la catena di panni appesa ad un filo che occupava gran parte dell'esterno.
Quando Samee vide Faisal accanto al fratello, il suo primo pensiero fu il prossimo appuntamento al campo, quindi si guardò intorno e li raggiunse in un piccolo spazio appartato dove Basaam teneva gli attrezzi da lavoro.
-Ditemi-
-Niente di che, il campo è completamente allagato- prese la parola Faisal –Quindi se vogliamo tornarci il più presto possibile dobbiamo armarci di scope e ripulire tutto dall'acqua e dal fango, il prima possibile, ripeto-
-Non c'è problema- riferì Maahir.
-No, assolutamente, se ne va del campo farò di tutto-
-Perfetto allora- dichiarò Faisal –Che ne dite già oggi pomeriggio? Jawad ha detto di sì-
-Certo. Ci vediamo lì alla solita ora?- chiese Maahir.
-Va bene. E se facciamo un bel lavoro possiamo anche giocare già dopodomani-
-A me va benissimo- ammise Maah guardando la sorella.
-Allora a oggi pomeriggio- sorrise Faisal.
I due fratelli congedarono l'amico e rientrarono insieme alla madre di ritorno dall'incontro con il nuovo bambino.
-Com'è andata, mamma?- chiese Samee mentre si gustava il suo pranzo.
-Bene, il bambino ha la stessa età di Zaafir, e sono andati subito d'accordo-
-È molto simpatico- esclamò il piccolo Zaafir.
Il pomeriggio arrivò in fretta, e altrettanto l'ora di dirigersi verso il campo.
Maah e Samee informarono Zaaf della notizia data da Faisal e trovò un escamotage con la madre per lasciarlo uscire con i fratelli anziché con il nuovo bambino.
-Siamo intesi. Gettate le scope di papà dal balcone e fatele atterrare sull'erba, così che non facciano rumore. Ci vediamo di sotto- ordinò Maah.
-Tornate per cena!- esclamò la madre Nuzha salutando i figli con una mano.
Samee afferrò il suo zainetto, si infilò gli scarponi e andò dai fratelli, armati di scope, e corsero per il quartiere raggiungendo gli altri al campo.
-Bravissimi- li accolse Faisal.
-A lavoro- proferì Jawad.
I dodici ragazzi che costituivano il gruppo dei tre fratelli si misero a lavoro e iniziarono la spazzare via l'acqua dal campo sul quale presto, sarebbero tornati a giocare.
Le scope raschiavano il cemento lasciando delle bolle fangose che Faisal portava via con un panno.
-Ma che bravi questi ragazzi!- esclamò il signor Ali osservando il lavoro dei dodici. –Che bravi, continuate! E grazie a nome di tutti!-
I dodici sorrisero contemporaneamente e tornarono a lavoro.
Dopo circa mezz'ora di attività fece il suo ingresso il piccolo Kashmir, figlio dell'orologiaio, con la sua rinomata borsa.
I ragazzi si riunirono di fronte a lui mentre cacciava le mani dentro il suo sacco. Afferrò una sfera di medie dimensioni e tutti sospirarono di sollievo.
Kash smascherò un sorriso malizioso annuendo con la testa e i sorrisi si fecero spazio tra i volti dei ragazzi.
-Dai, forza!- esclamò un ragazzo del gruppo, impaziente.
Kash tirò su la mano e rivelò un pallone perfettamente gonfiato, con i colori ufficiali di un normale pallone, che era sempre stato sostituito da un ammasso di resti di cuoio e una lucidatura da riflettercisi sopra.
-Fantastico- bisbigliò Jawad.
-Impossibile- mormorò Faisal.
-È tutto nostro- confessò il piccolo Kashmir.
I dodici ragazzi più Kash tornarono ai loro posti nel campo e finirono di togliere l'acqua da cemento. Non si curarono del bagnato, risparmiarono il fango e si posizionarono come una vera squadra fa.
Kash si mise nella sua posizione all'incrocio del vicolo, per controllare se arrivava qualcuno, mentre gli altri dodici, appena udito il fischietto iniziarono a correre dietro il pallone nuovo, praticando uno sport, che, in quel quartiere di Marrakech, era proibito da quasi sei anni. Regola che però, loro infrangevano da ben tre.
Faisal segnò il primo goal e la sua squadra esultò.
Samee era l'unica ragazza nel gruppo, -non considerando la fidanzata di Jawad che lo seguiva fino al campo per poi sedersi sulla panchina delle riserve a guardarsi le unghie-, ma non le dispiaceva. Le piaceva l'idea di essere diversa, diversa da tutte le altre ragazze del suo gruppo, tipo Raniya, che spendeva i suoi pomeriggi a provarsi i vestiti con Najat.
Samee era una clandestina. Praticava il gioco del calcio in una zona in cui era proibito. E le piaceva. Le piaceva uscire con il suo zainetto e correre per le vie aride con i suoi due fratelli per poi trovare la sua squadra che la aspettava. Tutto di nascosto a tutti.
Non avevano squadre definite. Le cambiavano ogni volta per non finire in rivalità o discussioni. I dodici giocavano per divertirsi, per praticare il giuoco più bello del mondo.
La situazione, però, iniziò ad andare storta quando, una sera, di ritorno dal campo, al tramonto, la madre di Samee la accolse con un –Ti ho iscritta alla scuola di danza!-
Zaaf e Maah si pietrificarono e Samee rimase a bocca aperta. Il suo primo pensiero fu "Adesso devo abbandonare tutto? Devo rinunciare alla mia squadra?"
-Non sei contenta, Samee?-
-No- cercò di dire –Cioè sì. Nel senso... Non sono fatta per la danza-
-Nessuno nasce imparato, tesoro. Avrai la prima lezione domani. Devi fare un po' di movimento, e cosa vuoi che faccia una femmina? Calcio?- concluse con una risata.
-Già...- rise nervosa Samee –Il calcio... Che sport poco femminile e... proibito-
-Ah già! Non ci si può nemmeno giocare qui! Bene, allora domani andiamo alla scuola di danza-
Nuzha congedò i figli imbambolati e andò ad apparecchiare per la cena.
-Ma cosa?- riuscì a dire Maah.
-Non parlare, Maah, per favore- rispose Samee lasciando lo sguardo fisso dove la madre li informò della notizia.
-Ma tu non vuoi andare a danza!- disse Zaaf –Vero?-
-Sì, amore. Tranquillo. Io resterò con la mia squadra-
-Sarà difficile- disse quasi tra sé e sé Maah.
-Tu rendi le cose difficili, Maah!-
-Io? Cosa c'entro io? Puoi semplicemente andare da mamma e dirle «No»-
-E poi? Pensi che non mi inscriverà a nessun'altro sport? Io voglio giocare a calcio-
-Sta zitta!- gli urlò contro Maah pensando che i genitori la potessero sentire.
Ovviamente, la paura incessante che qualcuno avesse potuto scoprire il segreto dei tredici ragazzi, disturbava giornalmente la loro quiete. Ma erano ormai tre anni che organizzavano queste uscite clandestine al campo per giocare, e tutto era sempre andato per il meglio.
Nessuno ha mai saputo perché quel quartiere di Marrakech volle bandire il gioco del pallone, si sapeva soltanto che chi sarebbe stato sorpreso, l'avrebbe pagata molto cara.
Ma i tredici ragazzi, nonostante avessero iniziato in giovane età, hanno sempre difeso il loro spirito e organizzato tutto alla perfezione.
Tutte le mattine, prima di pranzo, alle nove in punto, ci si doveva incontrare al campo.
Kashmir portava una pala e dissotterravano il pallone di cuoio che tenevano nascosto. Poi, dalle dieci all'ora di pranzo si facevano nuove squadre con ogni giorno un nuovo capitano.
Il piccolo Kash era incaricato di fare da sentinella all'entrata. Fortunatamente, il campo dove giocavano era nascosto, e lo si poteva vedere solo se in fondo ad una strada, e Kash stava tutto il tempo affacciato al muro per controllare.
Non gli dispiaceva di non giocare. Era troppo piccolo e debole, e con lui sarebbero stati dispari.
Finita la prima partita, i ragazzi rientravano in casa per pranzo, e tornavano al campo alle quattro e mezza per l'inverno e alle cinque e mezza per l'estate.
Poi, la sera, sfiniti a affannati, si ritrovavano ai giardini per parlare di cose da ragazzini. Dopo tutto, l'età media era dodici anni, e il più grande era proprio il fratello di Sameeha, Maahir, che ne aveva quasi quindici.
Kashmir e Zaafir erano i più piccoli. Il primo aveva otto anni, il secondo sette.
La mattina seguente, Samee si svegliò con una strana sensazione in corpo. Tra poche ore sua madre l'avrebbe portata a scuola di danza, e avrebbe dovuto abbandonare per sempre il calcio.
Tutti gli appuntamenti, le corse per le strade per paura di fare ritardo, le volte che i ragazzi si nascosero perché Kashmir li aveva avvertiti che arrivava qualcuno, tutti i sospetti che cercavano di evitare... Sarebbe andato tutto perduto. Samee avrebbe perso tutto. Avrebbe perso tutto ciò per cui era vissuta.
Cosa vuol dire fare danza?, si chiese mettendosi a sedere sul letto.
Guardò davanti a sé e osservò il panorama da fuori la finestra. Maahir e Zaafir dormivano ancora.
Osservò suo fratello più grande. Si ricordò di quando la portò al campo la prima volta. L'iniziativa fu di Jawad. Samee aveva nove anni la prima volta che mise piede sul campo. Si ricordava che Maah la teneva per mano e lei tremava, pensando di star per entrare in un circolo clandestino.
Maah era un comune ragazzo di dodici anni, probabilmente Samee si aspettava che giocasse d'azzardo, o che la stesse per vendere.
Le paure, però svanirono quando vide tutti gli amici di suo fratello. Poi, osservò Maahir giocare a calcio. La prima volta che vedeva quello sport.
Dopo la partita, la portarono in mezzo al campo e le fecero promettere massimo silenzio, in cambio sarebbe entrata dei Marrakashmir, abbreviato MarraKash, una squadra col nome voluto dal cugino di Kashmir, per rendergli omaggio a tutte le volte che li ha avvertiti quando qualcuno era prossimo ad arrivare.
Kashmir aveva quel compito da quando aveva cinque anni, e non li aveva mai traditi.
Sameeha promise fedeltà ai Marrakashmir e da quel giorno iniziò a giocare anche lei.
Ripensò alla danza.
Najat e Thuraya la praticavano da già tre anni, circa.
-Samee, vieni. Andiamo a vedere la scuola di danza- la chiamò sua madre dal piano di sotto.
Sameeha sospirò forte, e con una forza indesiderata, scese dal letto.
Andò verso Maahir e lo osservò cresciuto. Aveva i capelli neri e ricci, adesso arruffati per il caldo e sul cuscino. Aveva la pelle non troppo scura e le labbra carnose, e in quel momento indossava una canottiera bianca.
Maahir era davvero un bel ragazzo, e Sameeha non aveva conosciuto una ragazza che non le avesse chiesto «Come sta tuo fratello?» o «Che fa tuo fratello?» o il classico «Porti anche tuo fratello?».
Sorrise al pensiero. Al pensiero che forse, dal giorno dopo sarebbe entrata nel vero circolo delle ragazze e avrebbe avuto delle amiche femmine. E avrebbe iniziato a parlare di ragazzi, di vestiti e trucchi.
Scrollò le spalle per cacciare via quel brutto pensiero, e si avvicinò all'orecchio di suo fratello.
-Mi dispiace. Me ne vado e non tornerò. Vincete per me-
Lasciò la camera senza girarsi, ma sapeva che Maahir si era svegliato.
La guardò uscire dalla camera sollevato sulla schiena con le braccia indietro, sospirò e poi si buttò di nuovo sul cuscino. Osservò per un attimo il soffitto e poi si girò di lato, verso il letto di Zaafir.
-Fortuna che sei un maschio- sussurrò.
-Non deve andare a danza- rispose Zaafir di spalle.
Anche il fratello minore si alzò sulle braccia e guardò il letto della sorella, di fronte al suo, in quella piccola stanza spoglia.
-Le è toccato. Sta a noi tirarla fuori- disse Maahir.
Quel pomeriggio, i due informarono Jawad che non sarebbero andati al campo per rimediare al problema di Sameeha, e quest'ultima tornò a casa stravolta.
-Com'è andata?- chiese il padre alzandosi dal divano.
-Bene- deglutì Sameeha.
I due fratelli la spostarono in disparte e le chiesero come veramente era andata, e la sorella rispose che era veramente andata bene.
-Incredibilmente bene. Che ci crediate o no. Dico sul serio, è andata tutto alla perfezione-
-E vuoi tornarci?- chiese Zaafir.
-Ovviamente no, ma appena mi hanno visto mi hanno aiutata in tutti i modi-
Così, Sameeha raccontò ai fratelli com'era andata, e partì subito da quando entrò nella scuola.
-Profumava di lacca- ammise Sameeha.
Poi passò agli spogliatoi.
-C'erano delle altre ragazze che si stavano cambiando, ma io non avevo le scarpe adatte, così mi hanno porto le cosiddette punte-

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