Capitolo 14. Josh's Pov

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Una luce fioca non mi permetteva di continuare a dormire beatamente. Non pensavo che i letti inglesi potessero essere così comodi, eppure?! Avevo dormito come non facevo da tempo. Sentivo persino un dolce profumo di fragole provenire dal mio lato. Strano, data la stagione in cui ci ritrovavamo, non dovrebbero più esserci quei deliziosi frutti.
Aprì gli occhi per controllare meglio cosa potesse essere stato ad emanare una così dolce fragranza e con mia grande sorpresa, mi accorsi di non trovarmi nella mia stanza e di essere in compagnia di... Meg.
Oh, cazzo! Cazzo, cazzo e ancora cazzo. Com'era potuto accadere? Non ricordavo niente della sera precedente. E poi, perché mai, aveva una tetta da fuori? Dovevo coprirla...Oh no! Non ditemi che...Anche io ero come un primitivo, privo di indumenti? No, forse mi stavo sbagliando. Forse, era solo frutto della mia immaginazione. Sollevai più di una volta il lenzuolo per controllare meglio e avere conferma delle mie supposizioni, ma anche il mio gingillo era privo di stoffa coprente.
Dovevo assolutamente tornare nella mia stanza prima che fosse troppo tardi e soprattutto, dovevo farlo nel modo più silenzioso possibile.
Certo che anche di prima mattina era davvero molto carina. Non avrei mai smesso di guardarla, se non fosse stato il voler evitare possibili conseguenze, nel caso si fosse svegliata all'improvviso.
Mi alzai dal letto, cercando di essere silenzioso il più possibile, alla ricerca dei miei box che sembravano essersi dileguati inspiegabilmente. In realtà, tutti i mei indumenti erano spariti senza un perché. Quando, finalmente, terminai la caccia al tesoro, mi fiondai alla velocità della luce nella mia stanza.
"Sei un vigliacco". Forse il mio subconscio non aveva tutti i torti; scappare in quel modo dalla sua stanza, invece di affrontare insieme il problema, era da codardi.
Decisi, dunque, di vestirmi il prima possibile per poter ritornare nella sua stanza con una colazione degna di un perdono da regina. Per fortuna, Meg era sempre stata una buona forchetta, quindi, l'unica carta che potevo giocarmi, era quella del cibo.
Scelsi il menù della colazione, grazie ai ricordi che avevo recuperato tramite i miei sogni. Speravo solo che si trattasse di vere reminiscenze e non di pure fantasie.
Quindi: uova strapazzate; toast solo imburrati perché le piaceva (o almeno credo) scegliere e variare i gusti; marmellata; succo di arancia; cornetti in bianco comprati nella panetteria sotto il nostro appartamento ed infine il classico caffè americano.
Il bancone della penisola era adornato nel migliore dei modi. Avevo persino messo una tovaglia bianca, questo mi faceva sperare, in un inizio di giornata pacifico. Almeno era quello che mi auguravo! L'unica pecca che non avevo tenuto in considerazione, erano i colombini rompipalle.

<< Buongiorno, Josh! >> Adesso parlavano anche all'unisono. Povero me!

<< Ciao ragazzi >>

Senza neanche chiedere il permesso, l'allegra coppietta sì aggrego alla "colazione del perdono". Merda, se ci fossero stati presenti anche loro, come avrei potuto chiarire con Meg?
D'un tratto, la mia riflessione fu interrotta dalle urla provenienti dalla sua stanza. Di sicuro si era accorta di essere completamente nuda, com'era capitato a me, all'incirca un'ora prima.
Quando finalmente ci raggiunse in cucina, con mia grande sfortuna, non diede nemmeno uno sguardo al mio capolavoro, preparato prettamente per lei. Il suo unico obiettivo fu il mio viso. Ogni ragazza normale e con del sale in zucca, mi avrebbe tirato uno schiaffo, ma lei no! No, lei ebbe il coraggio di tirarmi un destro esattamente all'altezza del mio zigomo. Merda, che dolore!

<< Questo è per qualsiasi cosa tu mi abbia fatto! >>

<< Cazzo, Meg, tu sei pazza! Io non ho fatto niente che tu non abbia acconsentito >>

<< Smettila, sei solo un porco!>>

<< Ma sei stata tu a chiedermi di aiutarti con i vestiti...>>

Purtroppo, come al suo solito, non mi diede nemmeno il tempo di terminare la frase che ritornò sparata nella sua stanza, non prima di aver afferrato al volo un toast.
Per tutto il giorno non mostrò la minima intenzione di voler raggiungere il salotto, oppure, semplicemente di uscire. Conoscendola "bene", per quel che potevo ricordare, era chiusa nel suo pensatoio a riflettere su cosa e come fosse potuto accadere. La mia unica consolazione era che l'indomani avrebbe dovuto abbandonare per forza il suo bunker. Avremmo finalmente cominciato la nostra avventura semi-lavorativa. The English experience!

L'alba del nuovo giorno, tanto per citare una filmografia presa a caso, era giunta.
Ore sette. La sveglia suonava all'unisono e l'unica cosa che mi dava la forza di non incazzarmi per il comportamento puerile assunto dalla mia speciale coinquilina, era la giornata che mi stava aspettando. Tutti e quattro, dopo aver fatto una veloce colazione, prendemmo un taxi, in modo da dividerci le spese e raggiungemmo una delle università più famose dell'Inghilterra.
Quella maestosa struttura che urlava "sapienza"; la raffinatezza che si poteva scorgere all'interno e quella sala centrale che avevo potuto ammirare solo in tutti i film di Harry Potter, si presentavano dinanzi ai miei occhi, lasciandomi privo di parole. Tutti quei quadri e i lunghi tavoloni con sopra adagiate numerose lampade, della sala mensa, sembravano essere il set perfetto di un film.

<< Bene ragazzi...ci vediamo qui a fine giornata...buona fortuna! >> Carl, sembrò essere titubante quando ci salutò, dopo aver afferrato la mano della sua Lidia.

Meg, ricambiò con un sorriso, senza neanche concedermi uno sguardo. Mi faceva incazzare il suo modo di fare. Non mi aveva dato nemmeno l'occasione di spiegarmi. Stupida!
Percorsi il lungo corridoio che mi portò in un'aula abbastanza grande da accogliere almeno tre delle classi in cui ero abituato a studiare a Chicago. Un ragazzo sulla trentina, probabilmente un assistente, ci invitò a raggiungere i posti siti più avanti, in quanto, il nostro capo, sarebbe arrivato a momenti. Chissà di chi trattava; forse di un uomo sulla cinquantina simile al mio vecchio, oppure di quei professori che assomigliano a delle piccole talpe, o ancora, un uomo robusto con la lunga toga nera e una parrucca bianca arricciata. Diversamente da quando avevo sempre immaginato, dalla porta che si spalancò alla destra del pulpito, si mostrò una bellissima donna dai capelli dorati. Oh mio Dio!

<< Buongiorno a tutti. Mi presento, il mio nome è Marianne Roe e sono il vostro capo stagista. Felice di fare la vostra conoscenza. Innanzitutto, chiudete quelle bocche da ebeti arrapati! Posso essere una donna affascinante, come potete bene vedere, ma di certo non sono uno zuccherino. Anzi, renderò la vostra vita un inferno se non sarete pari alle mie aspettative>>

La graziosa signora Roe, tanto bella quanto velenosa, era una donna dal fisico asciutto e scolpito; alta all'incirca 1,74 che poteva avere, probabilmente, una quarantina d'anni. Di sicuro, amava tenersi in forma. E si vedeva. "Chapeau!"
Concluse il suo discorso augurandoci "Buona Fortuna", ma soprattutto che ne avremmo avuto bisogno, dato che ci era stata assegnata lei come capo. Devo ammettere che questa cosa mi stimolava in un modo assurdo.
Avevo notato più volte il suo sguardo posarsi su di me ed infatti, non ci volle molto che mi chiamò a sé per un piccolo colloquio del tutto informale.

<< Lei deve essere lo studente americano che ha ottenuto il massimo dei voti nel convegno svoltosi a Washington.>> Aveva dei magnifici occhi che sapevano rispecchiare la sicurezza che le sue parole ostentavano.

<< Sì! Mi chiamo Josh Kent, sono di Chicago e ho vinto il master insieme ad altri tre studenti del mio stesso college >>

Ammetto che parlare con quella donna mi intimoriva, soprattutto perché sembrava un cacciatore bramoso della sua preda.

<< Ottimo! Avremo modo di conoscerci bene, nel corso della sua permanenza presso il mio stage. Per ora è tutto. Può andare, signor Kent>>

Decisamente sapeva come cacciare! Non c'erano dubbi, quella sarebbe di sicuro stata una magnifica esperienza.

All about you- PurgatorioWhere stories live. Discover now