Oblivion

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Le acque del lago erano torbide, quella sera. Dalle finestre non si riusciva a distinguere nulla, tranne che una fitta oscurità verdognola, ma Asteria sapeva ormai riconoscere la differenza.


Qualcosa, nel lago, era in fermento. Gli esseri che lo abitavano ne erano la prova. Furono visibili le code brillanti di qualche sirena, poi due o tre Avvicini e, infine, uno dei grossi tentacoli della Piovra Gigante aveva deciso di posarsi proprio contro il vetro della Sala Comune di Serpeverde.


Asteria, persa nei propri pensieri, non prestava attenzione al riflesso che le restituivano i grandi finestroni della Sala Comune: un viso pallido e smunto, solcato da copiose lacrime.


La guancia ancora arrossata le bruciava. Ma non era tanto il dolore, né il gesto, quanto la vergogna a farla stare male.


Si sentiva così sciocca per come si era comportata, aveva agito senza pensare finendo per compromettere Draco.


Ripensò all'Infermieria, a quando lui le aveva detto che l'amava e altre lacrime le scesero a bagnarle le guance.


Era in pena per la vita di lui, per quello che poteva accadere; avrebbe voluto uscire, cercarlo e restare al suo fianco, anche se non poteva fare poi molto per proteggerlo.


Ma aveva paura. Paura di come Draco avrebbe reagito, del suo sguardo colmo di disapprovazione. E lei non avrebbe sopportato di essere cacciata via da lui per l'ennesima volta.


Dopo quelle che le parvero ore, distolse l'attenzione dalle acque scure del Lago Nero e tornò a guardare dinanzi a sé, dove Daphne sedeva completamente assorta dalla propria manicure.


Faceva la sostenuta, si comportava in modo distaccato, ma entrambe sapevano bene che non si parlavano perché Asteria ancora non era riuscita a perdonarla. Aveva preso il suo posto, si era assunta un peso che non le spettava.


« Hai rinnegato nostro padre che il suo corpo ancora non si era freddato » le aveva urlato contro non appena furono rimaste sole, in quella casa divenuta silenziosa come una tomba.


Ma ormai era stanca, esausta da tutta quella solitudine e quei tormenti, e rivoleva solo la sua sorellina indietro.


Si sentiva emarginata, anzi abbandonata, dalle due persone che amava di più.


Anche Daphne di tanto in tanto la guardava con la coda dell'occhio, come se non volesse darle la soddisfazione di farle capire che stava aspettando solo che lei si avvicinasse.

**

Si sentiva male per averla colpita a quel modo. Lo sguardo ferito, la guancia arrossata, la sua voce rotta. Aveva valicato un limite, un punto di non ritorno.


Ma era stato costretto a farlo. Non aveva più avuto scelta quando si era accorto che Theodore Nott li stava ascoltando.


Ora più che mai era importante mostrarsi dalla parte giusta.


Theodore Nott aveva già riferito ogni cosa a Nott Senior? Quelle parole erano giunte alle orecchie del Signore Oscuro?


Tremava mentre, nella Stanza delle Cose Nascoste, attendeva che i Mangiamorte apparissero dal vecchio Armadio Svanitore.


Eppure non era l'entrata prossima dei Mangiamorte ad avvilire il suo spirito, non quanto il ricordo di quegli occhi verdi così feriti nel profondo.


Non sapeva più cosa pensare. L'aveva persa? O Asteria aveva compreso che quel gesto violento dato d'impulso era stato solo un estremo tentativo di proteggerla?


Il pensiero che lei ora provava odio nei suoi confronti lo terrorizzava.


Le avrebbe parlato, cercò di convincersi per interrompere quel tremore che gli scuoteva l'intero corpo. Quando tutto sarebbe finito le avrebbe parlato e avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare, tutto, anche l'impossibile.

Come una stella nel buio (Harry Potter ~ Drastoria)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora