1. Non basta respirare per sopravvivere

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Silenzio.

Attorno a lei solo oscurità. Il cielo terso sembrava doverla inghiottire da un momento all'altro.
Com'era potuto succedere tutto così in fretta?
Dove ho sbagliato?

***

"Non so davvero cosa dire..." disse Arya rassegnandosi.
Felaria la guardava perplessa, cercando di trovare le parole più adatte per risponderle senza irritare ulteriormente l'amica che aveva già i nervi a fior di pelle.

"Non è proprio possibile rifiutare l'incarico..? Voglio dire, non posso davvero credere abbiano chiuso la discussione senza nemmeno lasciarti intervenire" chiese preoccupata.
Arya alzò lo sguardo dal suo libro per incontrare gli occhi dell'amica, visibilmente in apprensione: "Non han voluto obiezioni, han dichiarato che sono la persona più adatta a questo..."lavoro" se così si può chiamare e mi hanno rispedito qui, ad Asgard senza che potessi in qualche modo rifiutarmi o dire la mia. Ecco tutto." concluse ormai in modo freddo.
"Che arroganti, sinceramente" barbottò l'amica.
"Son pur sempre i nostri superiori, se dicessi così davanti a loro immaginati come la potrebbero prendere!" la rimbrottò Arya, ridendo.
L'amica ricambiò la risata "Però ho ragione" e si sedette accanto a lei.

Il pomeriggio passò veloce e le due dame rimasero a chiaccherare fino a che, all'imbrunire, Arya salutò la compagna per ritirarsi nelle sue stanze. Attraversò i lunghi corridoi del palazzo fino ad arrivare nell'ala dedicata alle guerriere ove si trovavano i suoi alloggi.

Si stese sul letto, rassegnata. Di lì a breve avrebbe dovuto darsi molto da fare, sopratutto per essere un compito così ingrato per una guerriera come lei. Chiuse gli occhi nel tentativo di scacciare via il nervosismo e si abbandonò al sonno più profondo.

***
La mattina dopo Arya si alzò di malumore, preoccupata, arrabbiata, insomma dello stesso stato d'animo in cui si trova quando doveva prepararsi alla battaglia. Indossò le vesti che le guardie le avevano consegnato: una sorta di abito da ancella estremamente femminile e molto distante dalle armature che indossava quotidianamente. Si sentiva umiliata ma non poteva più dir nulla ormai. Dunque uscì per avviarsi nelle segrete oltre le quali si trovavano le celle dei prigionieri del Re.
Fu scortata da due guardie che la accompagnarono fino alla sua "nuova postazione di lavoro" dove poi la lasciarono senza troppe formalità.

Ed eccoci qui pensò.
Di fronte a lei la cella del Dio degli Inganni, figlio di Odino, figlio di Laufey, fratello di Thor e prossimamente anche mia nuova seccatura protestò tra sè e sè.
Il Dio nemmeno si era accorto della sua presenza, neanche quando la donna entrò nella cella facendo calare la malia che separava la stanza dal resto della sala.
"E dunque tu sei Loki" esordì.
"E tu...saresti?" domandò il dio alzando lo sguardo dal suo libro, con fare del tutto disinteressato.

"Io sono la tua nuova dama di compagnia, o per meglio dire la tua levatrice dato che a quanto pare sei pazzo come un cavallo e nessuno vuole stare vicino a te oltre un raggio di cento metri" sorrise.
Loki la fulminò con lo sguardo "Non mi piacciono le persone spavalde come te e con quel tono irriverente".
"A te non piacciono proprio le persone in generale Loki, è diverso. Ed è il motivo per cui ti trovi qui, tra quattro mura, nei sotterranei per chissà quanto altro tempo, se ti fossi comportato a modo quando era il momento di farlo non saresti costretto a stare qui" lo sbeffeggiò.
Il dio si alzò di scatto dalla poltrona su cui era seduto, posò il libro su di essa e si scagliò contro Arya fermandosi proprio ad appena dieci centimetri da lei. Lo sguardo gelido incrociò quello della ragazza che, trovandoselo così vicino, cominciò ad intimorirsi ed indietreggiare.
Loki era alto, tremendamente alto, e le battaglie che aveva affrontato avevano forgiato il suo corpo ricoprendolo di una muscolatura marmorea e possente mantenendo comunque la sua figura longilinea.
Arya si era ammutolita, immobile, persa negli occhi del dio, verdi smeraldo velati da una sfumatura azzurra, quasi di ghiaccio.
Non se lo aspettava, dopo tutto il tempo passato in quella prigione si era convinta che il dio fosse dimagrito, divenuto debole ed inerme, ma a quanto pare si sbagliava. Quello che aveva davanti a sè era un dio a tutti gli effetti e le incuteva timore.
"Non fai più tanto l'arrogante adesso eh?" esordì, squadrandola dall'alto verso il basso.
"E poi con chi credi di parlare? Non hai nessun diritto di darmi del tu, io sono Loki, il Dio degli Inganni e come tale devi portarmi rispetto e rivolgerti a me con il lei e nient'altro".
Arya tentennò "Non penso tu sia nella posizione di darmi ordini" ribattè.
Se ne pentì pochi istanti dopo quando vide il volto del dio farsi sempre più nero di rabbia.
A quel punto credette sarebbe esploso da un momento all'altro ma, con sua grande sorpresa, Loki fece un sorrisetto beffardo e tornò a sedersi sulla poltrona, ignorandola completamente.

La ragazza guardò il dio riprendere la sua lettura e la stanza cadde nel silenzio.
"Sono qui per redimere il tuo animo, per esserti di compagnia, questo è il compito che mi è stato assegnato dal Padre degli dei prima della sua dipartita" disse, rompendo la quiete che si era creata.
Loki se le ricordava le ultime parole del Padre, prima di diventare una nube di vapore dorata e ricongiungersi con l'amata Frigga e le sue stelle. Era stata la prima volta in cui si era sentito veramente suo figlio, ma era stato solo per un istante e solo in punto di morte.
Non bastava. E ora per rimediare cosa manda? Una "dama di compagnia?" pensò sprezzante il dio, continuando a fissare la ragazza davanti a sè.
"Siediti" ordinò.
Arya non gradì il suo tono ma non se lo fece ripetere due volte.
Il dio posò nuovamente il libro, si appoggiò allo schienale della poltrona e, accavallando le gambe, riprese a fissare la dama come un leone fissa la sua preda.
"Come hai detto che ti chiami?" domandò.
"Non l'ho detto in realtà e, visto il tuo interesse, non vedo cosa ti possa importare" rispose Arya senza distogliere lo sguardo.
"Hai ragione, in effetti non mi interessa proprio, potrei deciderlo io un nome per te, tipo bestiolina, eh? Cosa ne dici?" il dio era visibilmente irritato da come la ragazza continuava a rispondergli.
Non sopportava la sua mancanza di rispetto, la sua sfrontatezza, e questo lo faceva molto alterare.

"No, mi chiamo Arya..." si rassegnò la ragazza, tentando di mantenere lo sguardo glaciale del dio. Non le aveva tolto i suoi occhi di dosso nemmeno per un istante.
"Arya" ripetè ad alta voce Loki.
"Che nome banale" concluse e tornò al suo libro.
Per tutto il resto della giornata il dio non le rivolse più la parola ma la ragazza si era preparata all'eventualità. Rimase seduta sul bordo del letto su cui già si trovava e cominciò a leggere anche lei uno dei tanti libri che si era portata dietro. Ogni tanto il dio alzava lo sguardo interrompendo la sua lettura per guardarla.
Quando sta zitta è quasi carina, pensò tra sè e sè.

Spazio autrice: Mi presento! Son LadyWilliam, e sono una lettrice assidua su questa piattaforma da un anno a questa parte! Sono platonicamente innamorata diciamo del personaggio di Loki (e anche dell'attore ovviamente u

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Spazio autrice: Mi presento! Son LadyWilliam, e sono una lettrice assidua su questa piattaforma da un anno a questa parte! Sono platonicamente innamorata diciamo del personaggio di Loki (e anche dell'attore ovviamente u.u) e volevo dare vita alla storia che mi raccontavo in testa negli ultimi periodi. Dato che riconosco di non essere una gran scrittrice mi farebbe piacere avere i vostri pareri, aggiornerò il più frequente possibile e farò in modo di scrivere la storia lunga come me l'ero figurata in testa ^3^
E se avete delle correzioni e dei suggerimenti non esitate a scrivere!
See you soon guys!

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