Capitolo26

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Mi stringo nel mio giubbotto mentre esco di casa con le mie coinquiline per raggiungere l'università.
Dopo aver concluso la sessione, avevamo ricominciato a seguire le lezioni.
Da un lato ne ero felice, ero stanca di svegliarmi con il solo pensiero di mettermi a studiare e varcare la porta di casa solo per fare la spesa quando rimanevo letteralmente senza cibo, ma pensare che da quel giorno sarei dovuta uscire con il gelo ogni mattina mi faceva venir voglia di nascondermi sotto le coperte senza voler uscire più.

Si stava così bene, in quel caldo e comodo letto della mia stanza.
Ma, allo stesso tempo, mettermi a letto la sera e da sola mi faceva sentire le mancanze, del letto di casa mia, della mia famiglia, di Paulo.

Ci stai troppo dentro, sei patetica.

Ho sempre pensato che prima o poi, negli anni dell'università, avrei trovato un ragazzo, ma mai, mai avrei pensato che tutto sarebbe potuto accadere in questo modo.

"Dio, odio essere qui e lontana dal mio fidanzato in un giorno così. L'anno scorso ero da lui a Firenze ed è stata una serata meravigliosa" comincia a dire Elisa, coinquilina 1, pensando nostalgicamente al suo ragazzo, che però è lontano da lei solo un'ora di viaggio in pullman, e che vede quasi ogni due settimane.

"Ma oggi è un giorno come un altro. La cosa importante è amarsi tutti i giorni. Di certo questo giorno non fa differenza" ribatte Alessia, coinquilina 2, invece, sempre pronta a risponderle a tono quando pensa che dica una stupidaggine.
Ma in fondo le vuole bene, solo che è fatta così.
E lei il suo ragazzo non lo vedeva da oltre due mesi, data la distanza dalla Calabria, e il lavoro di lui in un ristorante non gli permetteva mai di salire a trovarla.

Oggi è San Valentino, e mi rendo conto che erano anni che non ne vivevo uno da ragazza "impegnata".
Non ho mai amato particolarmente questo giorno, ma si sa, quando non si è fidanzate, lo si schifa, poi quando hai un ragazzo è il giorno più bello dell'anno.
Negli ultimi anni, poi, mi ricordava sempre Andrea, e gli ultimi trascorsi nella sua stanza d'ospedale.

"E a te? Cosa dice il calciatore?" continua poi Elisa, con un tono che non tanto le si addice, quello da stronza, ma che da po' di tempo utilizzava quando parlavamo, quelle poche volte, di Paulo.

Alessia dice che è solo invidia, ma io non la vedo così e non voglio nemmeno biasimarla.
E' un calciatore, è pieno di soldi, può avere tutte le donne che vuole, anche più belle e soprattutto, della sua città.
Ma in fondo del calcio non le fregava nulla, né conosceva i calciatori, quindi era un pensiero di chi non sa.
E continuo comunque a non biasimarla, perché non nascondo che, nonostante i quasi tre mesi trascorsi dall'inizio della mia relazione, tutte le sue attenzioni e la sua dolcezza, la paura che potesse presto stancarsi di tutto ciò che serviva fare per vederci era costante, perciò ripeto, meglio tenersi i pensieri impegnati con lo studio e il dovere di seguire le lezioni.

"Non dice niente, non ci siamo sentiti. Starà ancora dormendo" rispondo, senza aggiungere altro, né commentare il fatto che fosse il 14 febbraio e non si fosse fatto ancora vivo.

Ma la sera prima la Juventus aveva vergognosamente pareggiato in una partita di fondamentale importanza, e Paulo non era pronto a tornare in campo, perciò non aveva potuto aiutare i suoi compagni.

Il cammino in Champions si è improvvisamente complicato e il ritorno in Inghilterra sarà davvero difficile, e tutto ciò che sogno è uscirne vittoriosi, con tanto di esultanza con la Mask.
Sorrido solo al pensiero.

Fatto sta che, dalla fine del primo tempo, cioè l'ultimo messaggio, io e Paulo non ci eravamo più sentiti.

Sarà arrabbiato per il risultato, come sempre quando capita, quelle poche volte, e starà ancora rimuginando sugli errori e le disattenzioni dei suoi compagni, manco fosse il mister.
Non lo biasimerei se avesse per sbaglio dimenticato il giorno di San Valentino, ma poco mi importa.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora