Capitolo 40

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21 marzo.

Primo giorno di primavera.

Ed io amo la primavera.

I colori, le giornate che si allungano, il vento né troppo freddo, né troppo caldo.

Le giornate di studio non intenso, perché gli esami sono ancora lontani.
Ma soprattutto, il giubbotto di pelle che può finalmente uscire dall'armadio.

Irrimediabilmente nero.

Oggi, forse perché anche il cielo sa che giorno è, il sole splende caldo, rendendo piacevole starci sotto e spiacevoli quelle zone coperte dall'ombra, che invece, risultano gelide.

Oggi, il sole mi scaldava anche il cuore.

Ero stranamente di buon'umore, il che non capitava da tanto.

Mi ero alzata facilmente dal letto, avevo raggiunto l'università con tanta voglia di apprendere, e ora stavo tornando a casa con un certo languorino e voglia di cucinare qualcosa di estremamente buono, o meglio, riscaldare una delle specialità di mia mamma, già belle e pronte nei loro barattolini, che mi caricavo ogni volta in valigia, quando lasciavo di nuovo casa.

Casa mia, che avrei raggiunto di lì a poco, giacché mancano poche settimane a Pasqua, ed io non vedo l'ora di essere di nuovo nelle grandi tavolate di famiglia, tutti intenti a scambiarci uova di Pasqua, parlare di noi, ridere insieme e coccolarci, perché non ci si vede da tanto.

La preoccupazione che verranno fatte domande inopportune e di cuore mi passa sempre per la testa, ma, almeno finché non avrò la situazione sbattuta in faccia, non voglio pensarci.

La mia situazione sentimentale.

Tornando indietro di qualche mese, ricordo quando scherzavo con le mie amiche sul fatto che, alla solita, tradizionale e tipica domanda e il fidanzatino? nel mezzo delle discussioni di famiglia, finalmente avrei potuto rispondere qualcosa, presentare qualcuno, e che qualcuno, pensavo.

Invece, ancora una volta, sarei stata zitta, anzi forse per questa volta sarei scappata via prima che mi sarebbe stata fatta.

Perché sì, dopo l'ultimo giorno a Torino, di Paulo non avevo avuto più notizie.

Ora, forse, con il campionato in pausa, avrebbe potuto approfittarne per recuperare il rapporto con la sua ragazza, evidentemente.

E anche Simona, Roberta, sembravano sparite, e non sapevo se esserne lusingata o rimanerne delusa.

Certo, mi rendevano più facile non pensare a lui, a quanto fossi stata stupida a dirgli, ancora una volta, tutto quel che provavo per lui, non avendo in cambio niente, ma un pezzo del mio cuore avrebbe sempre voluto conservare quella parte della mia vita appena passata a Torino, fatta di belli e brutti ricordi.

Il tragitto verso casa è silenzioso.

Nelle mie orecchie, solo l'immensa e unica voce di Elisa nelle note di Broken accompagna la mia passeggiata solitaria e pensierosa.

Le mie coinquiline sono, come sempre, intente a smanettare al cellulare con i loro ragazzi, perché nelle ore precedenti di lezione non avevano potuto farlo, quindi ora stavano recuperando.

Sorrido nel guardarle, alzando gli occhi al cielo.

Potrebbero sbattere contro un palo senza accorgersi di averlo davanti, tanto sono concentrate, e alzano lo sguardo solo per scambiarsi qualche occhiata prima di passare da un marciapiede all'altro.

Probabilmente anch'io, prima che tutto finisse, ero così, quando parlavo con lui.


***

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora