capitolo quattro

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Arrivo davanti casa di Ian, suono il campanello. Non apre nessuno. Risuono. Non apre nessuno. Fanculo! Mi siedo davanti la porta e aspetto, minuti, ore, secoli, secondi. Forse un'ora.
–Che cazzo ci fai qui?
Il Signorino è adirato! Dio ha rovinato tutto, vaffanculo.
–Hai rovinato tutto.
–Cosa?
–Quanto sei scemo?
Possibile che non capisce che voglio farmelo? Al diavolo! Gli chiederò di entrare.
Posso entrare? Si certo che puoi. Grazie.
In realtà la conversazione è stata più che altro: «Posso entrare?» «Perché?» «Fammi entrare porca puttana!» «Non scaldarti, fratello.» E quindi adesso sto entrando: seconda volta in questa casa e già mi disgusta. Che idea del cazzo che ho avuto. Controllo l'ora sul mio Casio nero mentre mi siedo sul divano viola: sono le 7:40 p.m. È presto per scopare. Mi alzo dal divano e vado verso il piccolo frigo in cucina. È rosso e pieno di magneti e cartoline.
–Sei andato in tutti questi posti?
–Si.
Io non mi sono mai mosso da questa cittadina, non che non avessi i soldi, solo non è mai successo.
Apro il frigo e prendo una birra ed una carota. Pensavo Ian dicesse qualcosa tipo "Che cazzo fai? Non chiedi il permesso?", invece se ne sta zitto a fissarmi. Buon per me.
Me ne torno sul divano senzacolore.
Noto adesso una libreria zeppa di libri sulla parete a destra del divano. Leggo da lontano qualche titolo: "1984, George Orwell"; "Orgoglio e pregiudizio, Jane Austen"; "Amleto, William Shakespeare"...Dio è pieno di classici. Mai letto uno di quei libri.
Neanche me ne accorgo e sono solo in salotto, Lo Stronzo è andato di sopra. Io gironzolo un po' per la stanza, faccio scorrere la mano sopra tutti quei classici e i mobili, bevo un altro po' di birra e mi metto a dormire sul divano.

Mi sveglio. Casio: 1:00 a.m. Vado di sopra e nel corridoio risuonano i Cure. È l'album Three Imaginary Boys. Chi cazzo mette i Cure a l'una del mattino? Capisco da subito da dove viene la musica: dalla Sua Camera. E riesco anche ad individuarla, ma non mi va ancora di entrare, quindi vago un po' tra le stanze: uno studio, due bagni, una specie di salottino (sembra la camera fumatori di un qualche albergo di lusso). Vado in uno dei due bagni, quello con la doccia, mi svesto e mi metto per due minuti sotto il getto dell'acqua. Mi rimetto i vestiti e mi decido ad andare da Lui. Ho i capelli bagnati.
Entro nella camera e Ian è sdraiato ad occhi aperti sul letto, fissa il soffitto. Sulle pareti ci sono attaccati poster di band degli anni '70 ed '80, foto di ragazze nude ritagliate da riviste porno e scritte illeggibili e sbavate.
Dice un CosaVuoi che mi fa venire voglia di prenderlo a pugni. Cazzo voglio vedere sangue rosso uscire da quella faccia, sangue rosso provocato dai miei pugni e dai miei calci. Si questo è quello che voglio. Giuro che adesso gli dò un pugno, e poi un altro ed un altr- parte Boys Don't Cry. Dio voglio farmelo su questa canzone. Mi siedo accanto a lui sul letto. Poso la mano sopra la sua come-nei-film e alzo lo sguardo facendo il-finto-innamorato. Lui, proprio come pensavo, si scioglie. Allora mi butto a capofitto sul Suo Corpo e ci spogliamo come delle bestie. Credo di dirgli "Prendimi" e altre cazzate simili. Lui sfama la mia bocca. Finiamo. Mi metto a piangere.

Il libro «Le regole dell'attrazione» di Ellis mi ha ispirata a scrivere questa storia.

« Quando il pane è un privilegio »Where stories live. Discover now