Capitolo dieci

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Liv lasciò la dressing room di Slash con un sorriso stampato in faccia, un vortice di farfalle nello stomaco e la testa talmente leggera da sembrare che potesse staccarsi da un momento all'altro dal corpo. Succhiò il labbro inferiore, cercando ancora tracce del suo sapore, e si affrettò ad allontanarsi da quella zona perché l'ultima cosa che voleva affrontare erano sguardi e chiacchiere.

Tornò nell'area comune adibita al ristoro e si fece dare della birra, che le venne servita in bicchieri di carta. Cercò di spegnere quel fuoco infantile che rischiava di divamparle addosso, ma senza riuscirci. Era felice di aver rimpiazzato un bollente bacio di ripiego con uno autentico, e ancor di più era oltremodo contenta per aver percepito che quella volta non era stata una sorta di valvola di sfogo utile a liberarsi da pensieri gravosi, ma era stata per davvero desiderata da quell'uomo che in passato le si era insinuato nei sogni troppe volte, rendendo esaltante la dimensione onirica.

Trincerata dietro il suo bicchiere bianco, osservò alcune persone dello staff muoversi indaffarate attraverso la sala trasportando chi amplificatori, chi strumentazione varia e chi pannelli stretti tra le braccia. Stavano sistemando il palco che a breve avrebbe ospitato gli Aerosmith, modificandone la cornice che li avrebbe accolti.

Prese il suo bicchiere e si diresse dove sapeva avrebbe trovato i membri della band riscaldare voce e mani. Attraversò il corridoio illuminato da luci a neon, salutando di tanto in tanto i tecnici che incontrava e raggiunse il backstage vero e proprio, dove scorse le due band scherzare e ridere tra loro. I chitarristi discutevano, indicando la chitarra elettrica tra le braccia di Frank, il giovane musicista dai lunghi capelli castani, che scendevano ondulati lungo la schiena mentre Brenz agitava le sue bacchette in aria seguendo un ritmo tutto suo.

Steven parlottava con un uomo di mezza età, annuendo di tanto in tanto mentre osservava un foglio che l'altro gli mostrava. Liv guardò l'orologio che segnava le otto e un quarto di sera. Lo show sarebbe cominciato non prima delle nove e mezza e lei doveva chiamare Mia prima che iniziasse il concerto.

Ripercorse a ritroso l'intero corridoio, consapevole che sarebbe dovuta passare di fronte alla porta del camerino di Slash. Salita la rampa di scale che conduceva alle dressing room, un lontano motivo, delle note che avrebbe ricostruito tra mille, le si insinuò lentamente nella testa. Accelerò il passo trovandosi di fronte alla fonte di quel magnifico suono, di quelle note che insieme costituivano la base della canzone che lei più tutte amava: Sweet child of mine.

Comprese presto perché la sinfonia le arrivava chiara all'udito, senza essere attutita da alcun ostacolo fisico: la porta del camerino di Slash era semi aperta rivelando un ambiente in penombra, illuminato forse da una semplice piantana. Al primo famosissimo riff, Slash fece seguire la parte ritmica, quella che apparteneva alla chitarra di Izzy Stradlin, accompagnata dalla sua voce roca che prendeva il posto di quella originale di Axl.

Liv si poggiò alla parete, di schiena, e chiuse gli occhi lasciandosi trascinare da quel che Slash stava suonando. Notò come la sua voce, così roca e ruvida, fosse diversa da quella magistrale di Rose, avrebbe osato dire imperfetta e non adatta al canto, ma era la facilità con la quale alternata i riff, gli assoli e la parte ritmica che la lasciava senza respiro. Quel chitarrista era un portento.

Senza rendersene conto prese a cantare anche lei, sussurrando le parole per non farsi sentire e lo immaginò seduto alla sedia, la chitarra posata sulle gambe e le dita in movimento; il capo chino, le labbra serrate e il viso nascosto dai ricci neri che cadevano ribelli sulle spalle. Un'ultima nota e il silenzio invase la stanza e il corridoio. Liv apri gli occhi, sospirò rendendosi conto di star sorridendo e si decide ad attraversare per arrivare alla sua di stanza.

- Liv-

Lei si voltò e sulla porta c'era Slash che la guardava con l'ombra del sorriso sulle labbra carnose.



Un paio d'ore dopo, da dietro le quinte del maestoso anfiteatro sul mare, Liv guardava incantata suo padre cantare al pianoforte la famosissima Dream on, canzone che, durante quel tour, avrebbe fatto emozionare gran parte della fetta di pubblico.

La voce del chitarrista la fece voltare da sopra la spalla, mentre ringraziava uno dei tecnici del suono dopo averlo sistemato per l'entrata in scena. Iniziò a saltellare sul posto, quasi a voler scaldare i muscoli o disperdere parte dell'energia accumulata e guardando unicamente davanti a sé, dove una folla sterminata cantava accompagnata dalla voce di Steven e il suo pianoforte.

Si calò la tracolla della chitarra sulla testa, appoggiandola alla spalla e, Rayban agli occhi e cilindro in testa, si mosse verso l'ingresso principale del palco con quella sua camminata unica.

La musica stava per terminare, Mama Kin avrebbe chiuso il concerto e Slash avrebbe affiancato i giganti con la sua Gibson. Il suo ingresso produsse un boato nel pubblico e, guardandolo dal fondo, Liv riuscì a cogliere quel calore che il suo pubblico gli regalava, un affetto rinnovato a ogni comparsa, a ogni nuova nota prodotta dalle sue mani.

Slash sollevò un braccio in saluto e si sistemò accanto a Joe, pronto per il gran finale. Vederli suonare insieme fu un'esperienza nuova anche per Liv, che saltava con lo sguardo da un componente all'altro, gettando anche un occhio ai fan impazziti. Quello sarebbe stato un tour memorabile per tutti, musicisti e pubblico, e anche per lei che li avrebbe accompagnati in giro per L'America.

Un ultimo saluto, qualche altro scatto con la sua macchina fotografica e le luci si abbassarono, permettendo l'uscita di scena della Band che, con ancora un fiume di adrenalina in corpo, si ritrovarono nel backstage a chiacchiere tra loro.

Consegnarono gli strumenti agli addetti e si incamminarono verso la zona ristoro dove l'acqua fresca e comodi divani lo attendevano. Assieme a loro si mosse un folla di gente, persone dello staff, manager, compagne di una vita e amici. Liv inviò a Mia le ultime foto della serata, quelle che ritraevano Slash con la sua chitarra, Steven cantare, il pubblico adorante e lo scatto finale di gruppo, e si incamminò dietro al gruppo, intercettando lo sguardo del padre che si era voltato sopra la spalla per cercarla. Steven rallentò, attendendola.

- Siete stati unici! Avete messo su uno show degno del vostro nome e la partecipazione di Slash ha avuto un impatto positivissimo sul pubblico. Complimenti Papà -

Steven le sorrise - È stato bellissimo. Il pubblico ci ha dato la carica giusta per dare il meglio di noi- indico Slash con l'indice- e lui è un fuoriserie!-

Il cellulare di Liv vibrò nella sua mano e aprì la casella per leggere il messaggio che doveva essere di Mia.

" Quanta gente! Papà è sempre il migliore in circolazione"

Poi, subito dopo un altro messaggio

" Mamma mia quanto è brutto Liv... se lo vedi bere, giragli alla larga che potresti ritrovarti investita senza rendertene conto"

Liv rise e digitò una semplice e chiara risposta, scema, ma non fece in tempo a chiudere e guardare altrove che il telefono tornò a vibrare

" Tesoro, io lo dico per te. A me finirono addosso circa 77 - forse- chili di uomo, a te potrebbero arrivarne 350. Finiresti asfaltata"

- Ma vaffanculo!- rispose ridendo prima di infilare il telefono nella pochette e raggiungere con gli altri i divani. Andò verso la lunga tavolata sulla quale cibo e bevande occupavano gran parte della superficie e si fece versare del liquido rosa in un bicchiere in carta, sperando fosse leggermente alcolico, quel tanto che sarebbe bastato a rendere il drink più gustoso al palato.

Si voltò di spalle e osservò gli uomini che non smettevano ancora di parlare tra loro, discutere del concerto. Erano tutti lì, fieri della prima del loro tour e consapevoli che a breve si sarebbero aperte le danze. Sì, le danze con le modelle.

Sweet child of mineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora