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La luce calda di un raggio di sole attraversa il centro della camera da letto di Paulo, ed è lei a darmi il buongiorno, in questa mattina di fine agosto.

Mi giro nel letto, rotolandomi dal lato di Paulo, e accorgendomi che non è con me.

Annuso, come ogni volta, il suo cuscino, beandomi del suo profumo, e apro gli occhi del tutto.

Il suo cellulare è sul comodino, il suo borsone, aperto, di fianco alla porta del bagno in camera, la sua voce che canticchia si fa sentire dalla cucina, e mi alzo, sorridendo e raggiungendo il bagno per darmi una rinfrescata veloce.

Anche oggi fa meno caldo domani.

Quando rientro in camera, lo trovo fermo sullo stipite della porta, con dei pantaloncini scuri con la stampa del vecchio stemma della Juventus e il numero 21, un vassoio con un abbondante colazione tra le mani, una maglietta nera con una stampa di un leopardo proprio al centro e un sorriso sereno sulle labbra.

"Buongiorno, nenita", il suo solito saluto, tutte le volte che riusciva a svegliarsi prima di me, così da portarmi la colazione a letto.

Mi avvicino, sorridendogli innamorata, e gli rispondo stampandogli un bacio sulle labbra morbide e sottili.

Non era una cosa da tutti i giorni, essere così affettuosa, di prima mattina.

Stava proprio per venirmi il ciclo.

"Un sorriso e un bacio di prima mattina. Facciamo progressi", scherza lui, portando gli occhi un po' su tutto il mio corpo, coperto solo dal mio intimo e una delle sue solite magliette.

Afferro uno dei biscotti poggiati sul piatto bianco, di fianco al caffè e al succo di frutta, portandolo alla bocca e dandogli del cretino con il boccone.

"Ecco, adesso ti riconosco", aggiunge, facendo qualche passo avanti.

Rido, allungando una mano ad afferrargli la maglietta scura e tirarlo in avanti, e lui mi segue a ruota, cercando di tenere ancora tra le mani il vassoio pieno e baciarmi nello stesso tempo.

Si ferma ai piedi del letto, osservandomi cadere all'indietro e mettermi seduta, aspettando che mi serva.

Alza gli occhi al cielo, abbassandosi e porgendomi la colazione.

Butto giù il caffè in un unico sorso sotto il suo sguardo attento, che tramuta poi in una grassa risata di fronte alla mia espressione disgustata.

"Era amarissimo", piagnucolo, afferrando velocemente il bicchiere di succo per addolcirmi la bocca.

"Mi hai detto che volevi cominciare a diminuire la dose di zucchero nel caffè, amore mio", mi dice lui, spostando il vassoio lontano da noi e avvicinandosi di nuovo.

"Ma questo era proprio amaro, amore mio", gli rispondo, facendogli il verso per le sue ultime parole.

"Non te la porto più la colazione, se ti lamenti così", dice autoritario, portando le labbra a lasciare baci sparsi sul mio collo e sistemandosi meglio su di me, facendosi spazio tra le mie gambe.

Rido, stringendo le mie mani tra i suoi capelli, spingendolo maggiormente a me, e facendogli percepire quanto disperatamente lo volessi, in quel preciso momento.

Capisce le mie intenzioni, e spinge la sua eccitazione su di me, facendo scontrare i nostri bacini, e facendomi venire fuori un lungo sospiro di sollievo.

"Quanto tempo abbiamo?" chiedo, ansimante, portando per qualche secondo un'occhiata alla sveglia sul suo comodino, mentre le sue mani mi abbassano gli slip.

"Poco, ma ci basta", risponde, alzandosi lievemente per spogliarsi, gli occhi che non abbandonano nemmeno per un attimo le mie labbra serrate.

Si abbassa di nuovo a mordermi quello inferiore con intensità, mentre scivola in me con una naturalezza tale, da chiedermi a volte se davvero i nostri corpi fossero fatti per combaciare perfettamente l'uno con l'altro.

Nasconde il viso nell'incavo del mio collo, sospirando piano, e cominciando a muoversi prima piano, poi sempre più velocemente, mentre io lo accompagno in piccoli e veloci sbuffi di sollievo.





"Non torno a pranzo. Abbiamo allenamento anche il pomeriggio", mi avvisa con voce ovattata per il viso abbandonato sul mio petto.

"Mh", mugugno, continuando ad accarezzargli piano i capelli dietro la nuca.

Lo sento sorridere sulla mia pelle, per poi alzare la testa per guardarmi negli occhi.

Un bellissimo sorriso ad illuminargli il volto, meglio di qualsiasi altra luce possibile.

Mi stampa un bacio sonoro sulle labbra, per poi portare uno sguardo veloce alla sveglia poco distante da noi.

"Cazzo – sbotta scattando in piedi – mierda, è tardi", continua, recuperando i suoi vestiti, sparsi sul materasso e sul pavimento, per poi correre a infilarsi velocemente delle scarpette e afferrare il borsone da allenamento.

Una veloce sistemata ai capelli scompigliati dalle mie mani, poi si stropiccia il viso con le mani, come per riprendersi dall'atto appena concluso e pronto a tornare nel mondo reale.

"Mi raccomando – annuncia, varcando la porta della camera da letto – studia fino ad addormentarti sui libri anche oggi", dice poi, sorridendomi dolce prima di scomparire in corridoio.

Rido, ricordando quando, qualche sera prima, mi aveva trovata coricata sul divano, con il libro di anatomia umana in bilico tra il mio stomaco e il bordo del divano, rischiando di cadere sul pavimento del suo salotto.

Quell'esame mi stava consumando l'anima.

"Ti amo", gli urlo, alzandomi velocemente per affacciarmi dalla stanza, solo per vederlo uscire di casa.

Si ferma sulla porta, girandosi nella mia direzione, e sorridendomi sornione.

"Te amo màs", risponde, prima di uscire, e lasciandomi lì, a sorridere come una perfetta deficiente.

Mi guardo il corpo, coperto soltanto dalla sua maglietta bianca.

Dio, è stata proprio una sveltina.

Mi giro velocemente a recuperare i miei slip, e il veloce movimento fatto per indossarli di nuovo mi fa avere un giramento di testa, e mi appoggio alla poltrona ai piedi del letto, chiudendo qualche attimo gli occhi.

Li riapro, provando un leggero fastidio agli occhi per la troppa luce nella stanza.

Poi il fastidio si sposta allo stomaco, sentendomelo rivoltare e facendomi correre in bagno.

Butto fuori tutto quello che ho divorato poco prima, e forse anche la sera prima, sentendomi meglio soltanto una volta completamente vuota.

Mi accascio sul pavimento, poggiandomi al vetro trasparente della doccia con la schiena, intenta a pulirmi la bocca con l'asciugamano e sistemarmi i capelli attaccati alla fronte, leggermente sudata.

Mi alzo a lavarmi le mani e la bocca con l'acqua fredda, per poi scrutarmi attentamente allo specchio.

Mi dispiace per Paulo, felicemente fidanzato con uno zombie vivente, al contrario di lui, che sarebbe bello anche con la febbre e il naso rosso e screpolato dal raffreddore.

Torno barcollante a sdraiarmi a letto, sentendomi meglio solo una volta completamente abbandonata tra le lenzuola che sanno del mio profumo preferito. Il suo.

Cerco di scacciare il terribile pensiero che già si costruisce nella mia testa, e afferro velocemente il cellulare dal comodino bianco al mio fianco.





A: Simo

<<Credo di avere un
piccolo problema>>

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora