Capitolo 31

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In poco tempo, grazie a Niccolò, che guidò quasi a velocità folle lungo le strade di Roma, riuscimmo a raggiungere l'ospedale più vicino. Non appena entrai in contatto con i dottori venni ricoverata e restai con le doglie ancora per un po' di tempo. Soffrivo maledettamente. Si trattava di un dolore completamente lontano a quello che mi ero immaginata. A Niccolò, per il momento, non fu concesso di entrare dove c'ero io e lo sentivo bussare rumorosamente alla porta. Continuó a far baccano ed una delle infermiere andò nuovamente ad aprirgli.

-"Le ho già detto che non può entrare"- disse lei con un tono di voce arrogante. Nonostante tutti i precedenti avuti con Niccolò, avevo bisogno di lui al mio fianco in quel momento. Era il sostegno morale di cui necessitavo, almeno per quell'ultima volta. Così aprii lentamente gli occhi e provai a parlare.

-"Ma io sono il padre del bambino!"- si giustificó adirato Niccolò e continuando a guardare l'infermiera arrabbiato.

-"Lo lasci entrare, per favore"- supplicai la donna dai capelli biondi ben sistemati e dal camice bianco. Si voltó verso di me e mi guardó perplessa.

-"È sicura?"- domandò ancora dando un'ultima occhiata al ragazzo. Io annuii e tornai a chiudere gli occhi per il dolore. Capii subito che l'infermiera avesse fatto entrare finalmente Niccolò nella stanza quando vidi le sue mani raggiungere le mie. Le strinse tra le sue e mi parló emozionato.

-"Forza Aurora sei forte! Pensa che tra poco riusciremo a vedere il nostro bambino"- disse cercando di tirarmi su il morale. Sorrisi lievemente ed alzai il volto per guardarlo negli occhi. Erano così belli e profondi ed in quel momento erano ancora più lucidi del solito. In quella giornata c'è ne erano accadute di tutti i colori ed il dolore non era di certo mancato.

-"Non vedo l'ora"- sussurrai a denti stretti per poi strizzare gli occhi e gemere.

-"Devo dirti una cosa"- cercai di dire poco dopo col fiato corto. Lui accarezzò col pollice la mia mano e mi guardó confuso.

-"Cosa?"- chiese con la curiosità addosso. Non feci in tempo ad aprir bocca che diversi dottori irruppero nella stanza.

-"Signorina Ferrara venga con noi"- disse uno di loro per poi farmi stendere su un lettino e facendomi uscire da quel posto. Niccolò ci seguì fino al rientro di un'altra stanza, a cui gli fu negato di entrare.

-"Lei è il padre?"- domandò un dottore al moro.

-"Si, sono io"- rispose sicuro e guardando serio il signore di mezza età di fronte a lui.

-"Potrà entrare solo quando la ragazza avrà partorito, le chiedo gentilmente di attendere"- a quel punto lui annuì soltanto e si arrese subito. Anche io ero a conoscenza del fatto che durante un parto non dovesse entrar nessuno, all'infuori dei dottori. Così mi misi comoda sul lettino e cercai di raccogliere forza ancora per un po'. Non dovevo abbattermi subito.

-"Signorina mi dice il suo nome?"- domandò uno di loro cominciando a mettersi all'opera.

-"Aurora"- dissi respirando a fatica.

-"Bene Aurora, al mio tre inizi a spingere"- mi informò una volta che ebbi deciso di non fare il cesareo. Dovevo prepararmi al dolore, così strinsi i denti e raccolsi tutto il coraggio che avevo in corpo.

-"Uno"- cominciò a contare mettendomi sull'attenti. Feci un enorme respiro ed iniziai a pensare a Niccolò e a come la nostra vita sarebbe cambiata all'arrivo di quel bimbo. Ripensai a quando la nostra unica idea di futuro prevedeva i nostri giorni trascorsi con felicità ed amore. Quando tutto era ancora tranquillo e senza ostacoli. Quando non c'erano lacrime ed insulti. Quando non c'erano litigi. Ma solo quando erano presenti baci e carezze.

La Mia Àncora 2⚓Where stories live. Discover now