Good choice - Sebastian Stan

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Com'è sentirsi liberi di fare ciò che più ci piace senza temere ciò che gli altri diranno di noi?

Com'è avere una famiglia che ti sostiene, qualunque sia la tua scelta?

Com'è non avere nessuno che ti insulta per ogni minimo errore?

Com'è vivere senza la paura del giudizio?

Non chiedetelo a me.

Io, Giulia, sono sempre stata vittima di ciò che le persone pensano di me.
Ho sempre dato troppa importanza a ciò che i miei genitori, i miei amici, persino i miei conoscenti, pensano di me.

Non immaginatevi la classica scena di qualcuno che sbraita insulti se faccio qualche gaffe.
No.
Per quanto mi riguarda, si parla di sguardi, cenni con la testa, anche solo versi o sospiri.

Per cui, un giorno ho detto basta.

Ho messo un punto a tutto questo.

Ho passato giorni e giorni a riflettere, a pensare a come potevo fare, a rimuginare sui miei progetti futuri.

Avevo messo in programma mesi e mesi di lavoro per potermi permettere un appartamento da qualche parte in un'altra città.

Non so come, ma per due volte ho avuto una fortuna immensa.
La prima volta, è stata la dipartita di mio nonno, che mi ha lasciato in eredità buona parte di un piccolo patrimonio che aveva da parte e che mi avrebbe permesso di affittare, o comprare, un monolocale per circa cinque mesi, lasciandomi, quindi, abbastanza tempo per trovare un lavoretto.

La seconda volta, è stata ancora più grande.
Avevo messo online un piccolo annuncio in cui mettevo a disposizione le mie abilità di sceneggiatrice, acquisite al college, per chiunque volesse.
Inoltre avevo allegato anche alcuni miei lavori per mostrare che non ero così male.
E proprio grazie a questi, un giorno mi è arrivata una e-mail da un certo Ridley Scott, in cui mi chiedeva collaborazione per sviluppare un film ambientato nello spazio.
Incuriosita, sono andata su Internet per informarmi e, come ho letto anche solo le prime cinque frasi che Wikipedia forniva su di lui, ho subito deciso che avrei accettato.

E quindi eccomi qua, in pausa, dalle riprese per circa un'ora e mezza, su una piccola sdraio in un prato di un verde acceso, le cuffiette nelle orecchie e gli occhi chiusi a rilassarmi, baciata dal caldo sole di fine primavera.

Tanti sono assorta nei miei pensieri che non mi accorgo di qualcuno accanto a me che mi toglie un auricolare per metterselo lui.

"Nick Cave, eh? Ottima scelta. "Into my arms" è una canzone bellissima (per chi non la conoscesse, andatela a sentire, è davvero stupenda)." commenta quel qualcuno.

Mi giri verso di lui e rimango per qualche millisecondo imbambolata dagli occhi limpidi di Sebastian Stan.

"Ciao Seb. Come va sul set? Hanno riparato le videocamere?"
"Non ancora, ma credo che ci siano quasi riusciti. Fino ad allora, siamo liberi di fare come vogliamo. Io stavo andando a prendere qualcosa di fresco da bere, sto morendo di caldo. Vieni con me?"  propone sorridendo.

Come dirgli di no.

Dopo aver messo la musica in pausa e aver risposto la sdraio, mi incammino con Sebastian  verso il bar più vicino.

Poiché fa caldo, siamo entrambi a maniche corte.
Non mi ero nemmeno accorta di aver tutto l'avambraccio scoperto, ma con lui mi sento davvero libera.
Inoltre posso godere della vista del suo bicipite destro senza farmi scoprire, in quanto sono talmente bassa da arrivargli a malapena alla spalla.

"Perché non prendiamo un gelato?" chiedo indicando un chiosco a pochi metri da noi.

"Ottima idea, andiamo dai."

Una volta preso il gelato, che Sebastian ha voluto pagare per entrambi, ci sediamo su una panchina in una piccola area verde parlando del più e del meno.
Solo che a un certo punto lo sguardo dell'uomo di fronte a me si fa serio e...preoccupato?

"Giulia, ma cos'hai al braccio?"

Mi prende delicatamente il polso, per poi girarlo per vedere meglio l'avambraccio.

Abbasso lo sguardo, rimanendo in silenzio.

Poi sento un calore sulle guance, le sue mani mi costringono ad alzare la testa e guardarlo negli occhi.
Dio, i suoi occhi.
Potrei rimanere a guardarli per ore e non stancarmene mai.

"Ehy, con me puoi parlare liberamente. Puoi chiamarmi alle tre di notte anche per la cosa più stupida, ma questa mi sembra abbastanza seria e tenuta nascosta per troppo a lungo -indica le cicatrici con lo sguardo- Non pensi sia ora di liberarsi di un peso?"

Alle sue parole una lacrima solitaria mi bagna la guancia sinistra, ma viene prontamente asciugata dal suo pollice.

Prendo un respiro profondo prima di cominciare.

"Queste sono i segni di un periodo molto buio che ho passato.
Quando, quando ero un'adolescente, ero molto diversa da oggi. Anzi fino a qualche mese fa ero l'opposto di come sono oggi.
Oggi mi guardo allo specchio e mi sento finalmente libera di essere me stessa.
Ieri, vedendo il mio riflesso, non mi sentivo mai abbastanza. Un po' l'ambiente in cui sono cresciuta, un po' le insicurezze dovute al mio fisico, davo troppa importanza alle opinioni altrui e a ciò che gli altri si aspettavano da me.
Non sapevo come sfogarmi, molte attività che mi avevano fatto stare bene non avevano più alcun effetto.
Ero circondata da persone con cui non riuscivo a stare in sintonia, anzi, due ragazze c'erano. Sono state loro che mi hanno presa e portata in un luogo silenzioso, dove sono riuscita ad aprirmi con loro.
Avrei voluto parlarne con la mia famiglia, ma mi era impossibile a causa di molti episodi passati, e per colpa di quelli non riuscivo a fidarmi di loro su quegli argomenti.
Non trovavo un'altra via, se non piangere in silenzio nascosta in bagno, o fare un semplice gesto con una lametta. A volte pensavo di farla finita, per sempre, però fortunatamente non ho dato retta a quei pensieri.
Un giorno di qualche mese fa, con una sicurezza che non so nemmeno io dove ho trovato, mi sono guardata allo specchio e ho messo un punto a tutto. Ho ricominciato a sorridere, a sentirmi più sicura di me stessa, a vedermi bella.
Avevo ricevuto una parte dell'eredità di mio nonno e un'offerta di lavoro da Ridley, quindi ho fatto le valigie e sono venuta qui."

Per tutto il racconto non ho osato guardarlo negli occhi, anzi avevo puntato l'attenzione sui miei jeans chiari.
Ma una volta finito di parlare, sento che tira su col naso, allora alzo lo sguardo e lo vedo asciugarsi una lacrima. 
Ma cosa..?

"Scusami, è che la tua storia mi ha colpito, molto...e non ho potuto fare a meno di mettermi nei tuoi panni." spiega sorridendo.

"Non preoccuparti Seb. Devo ringraziarti, sei la prima persona con cui riesco a parlare apertamente e che non mi guarda con compassione. Ma soffre con me."

Lo guardo sorridendo, gli occhi pieni di gratitudine, e lo abbraccio, nascondendo il viso nel suo petto così possente, bagnandogli leggermente la maglia con lacrime di gioia.

"E queste perché?" domanda alzandomi nuovamente la testa e mostrandosi ancora in pensiero.

"Sono di felicità, Seb, stavolta sono di felicità." confesso sorridendo.

Non so se è per la situazione o perché lo volesse davvero, fatto sta che sento le sue labbra sulle mie e la sua corta e morbida barba che mi solletica il viso.

Io, Giulia, finalmente so come ci si sente ad essere liberi.

Allora, vorrei dirvi un paio di cose.

Prima di tutto ringrazio chi ha avuto pazienza e ha aspettato che aggiornassi di nuovo.

Seconda vi devo confessare che questa storia si ispira a un periodo della mia vita che spero si concluderà in una maniera simile.
Ho messo tutta me stessa nello scriverla e spero che voi apprezziate.
Comunque questo l'ho fatto per GiUuLiA258, spero ti piaccia e scusa se ti ho fatto aspettare tanto.

Detto questo, grazie dell'attenzione e vi saluto!❤️

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