Capitolo 651: Un giro di piazza.

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"Non pensavo si dovesse parlare di cose importanti già questa sera..." sbuffò il Valentino, non appena entrò in quella che tutti chiamavano Villa Casalaparia.

La deputazione di nobili forlivesi che avevano deciso di andare ad accoglierlo direttamente lì venne attraversata da uno strano brivido.

Il Borja colse l'inquietudine dei suoi interlocutori. Per un attimo fu tentato di approfittarne e di dire ancora qualcosa che li spaventasse, in modo di averli in suo pugno con la paura, ma poi decise di mostrare buon senso, buon carattere e, soprattutto, buon viso a cattivo gioco.

"Non importa, la colpa è mia che ho fatto tardi... So che sono ormai le dieci di sera, e me ne scuso, probabilmente mi aspettavate prima... Il problema è che, venendo qui, ho incrociato due bellissime lepri e non sono riuscito a impedire ai miei cani di lanciarsi al loro inseguimento..." fece il ventiquattrenne, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi e allargando conciliante un braccio: "Anzi, dovremmo aspettare anche i miei carriaggi, che sono rimasti indietro... Inoltre, inoltre... Con loro ci sono le mie squadre d'avanguardia e non voglio che stiano troppo lontane da me..." soggiunse, facendo ben capire che, prima dell'arrivo dei suoi bagagli e dei suoi soldati, non si sarebbe mosso.

Il Duca, da quel momento in poi, volle vedere la villa, per controllare che fosse un posto sicuro, e non fece alcun cenno ai suoi progetti riguardo la città di Forlì. Quando qualcuno gli faceva domande, lui svicolava parlando d'altro o facendo finta di non aver sentito.

In realtà non aveva ancora deciso se entrare già quella sera in Forlì o meno. Non era nemmeno più certo di voler rimanere in quella villa.

Mentre raggiungevano quel posto, un paio di suoi informatori gli avevano gli avevano fatto presente che in località San Martino c'erano ancora edifici in buono stato e qualche cascina che avrebbe permesso a buona parte del suo esercito di sistemarsi al riparo di eventuali intemperie. La cosa che lo lasciava un po' perplesso era pensare alla vicinanza con la rocca in cui si era asserragliata la Sforza, ma, forse, in quei momenti sarebbe stato più al sicuro lì, fuori dalle mura cittadine, piuttosto che entro il loro perimetro.

Si dovette aspettare un po', prima che arrivassero i bagagli e i soldati del Borja, ma, quando finalmente furono in prossimità della villa, uno dei nobili forlivesi che era accorso per portare i propri ossequi al Valentino, disse: "Se verrete con noi a Porta San Pietro, potrete incontrare il Consiglio dei Venti al gran completo, e anche gli Anziani..."

Cesare, che aveva passato quasi tutto il tempo dell'attesa a studiare l'edificio in cui aveva pensato di far tappa, aveva capito che non si trattava di una sistemazione troppo sicura. Andare in località San Martino e da lì poi scegliere il momento giusto per entrare definitivamente in città sembrava a quel punto la cosa migliore da fare.

"Va bene." disse allora, sorprendendo sia quello che gli aveva fatto la proposta, sia tutti gli altri presenti: "Muoviamoci. Il mio esercito e i miei carriaggi ci seguiranno."

Il corteo del Duca di Valentinois, arrivò fino a porta San Pietro e, malgrado il buio di quella notte, il Borja poté vedere già da una certa distanza l'assiepamento di uomini che lo stavano attendendo appena fuori dalle mura. Sapeva che l'avrebbero accolto in quel modo, perché un portavoce era andato poco prima ad avvisarli del suo passaggio, ma gli faceva comunque un certo effetto vederli schierati a quel modo.

Avvertiva alle sue spalle la colonna di soldati – appena l'avanguardia – che lo seguivano. Se avesse voluto, avrebbe potuto far uccidere tutti i forlivesi che erano corsi a porgergli i loro ossequi, e poi avrebbe potuto entrare in città e metterla immediatamente a ferro e fuoco, sfruttando la sorpresa e la notte come difesa contro un'eventuale rappresaglia della Sforza.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte V)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora