Capitolo 18

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Harry non vedeva Ron ed Hermione da quasi due mesi.

Dopo la Battaglia di Hogwarts sia lui che la Granger erano rimasti alla Tana, poi, verso fine Giugno, Harry aveva creduto di scoppiare se avesse trascorso un altro minuto lì dentro e si era trasferito in pianta stabile al numero 12 di Grimmauld Place.

Era rimasto segnato profondamente dal modo in cui alla Tana andasse tutto inesorabilmente avanti: la spugna volteggiava sul lavabo pulendo i piatti, il signor Weasley gironzolava per casa armeggiando con i più strampalati oggetti Babbani, la signora Weasley faceva a maglia con mani tremanti, esattamente come era sempre stato.

Il problema era che non c'era nulla che avesse in sè l'animosa spontaneità di quella famiglia che Harry sentiva di poter definire quasi come la sua.
Tutti e cinque i Weasley che ancora vivevano alla Tana facevano finta di niente, perfino del fatto che non sarebbero dovuti essere solo in cinque.

Solo George doveva fare del suo meglio per non accusare il colpo apertamente, ma a volte era inevitabile che scoppiasse e, quando era in crisi, era incontrollabile e scoraggiante, lui gridava e tutto il resto taceva alla Tana.
Solo qualche lacrima silenziosa solcava delle guance arrossate.

George era arrivato ad odiarsi, disconoscersi e addossarsi la colpa per le sofferenze della famiglia, infatti fu il primo ad andarsene di lì, chiudendosi come un eremita nel negozio che aveva aperto col fratello, nascondendo la sua mancanza dietro alle loro buffe invenzioni che ancora scoppiettavano in vetrina.
Ma senza Fred sentiva che nessuna di quelle risate che udiva provenire dal negozio e dai clienti gli poteva dare soddisfazione, era come una parte di lui si fosse atrofizzata, consumata del tutto e non potesse più percepirla.

Harry credeva di comprenderlo, anche se non completamente.
Ad ogni modo i lutti non sono classificabili, non ci sono perdite che fanno più male di altre, non ci si può basare su parametri definibili e il dolore è sempre dolore.
E quello accomunava un po' tutti quanti, il Grifondoro ad esempio si chiuse in sè stesso in quell'estate trascorsa nella vecchia casa del suo padrino.
Passava le giornate a fissare la bruciatura che nascondeva il suo nome sull'arazzo o a sfogliare i suoi libri, immergersi nei suoi ricordi, da vecchie foto alla sua sciarpa sgualcita di Grifondoro.

E intanto i gufi da parte di Ron ed Hermione si accumulavano, ignorati.
Ma i suoi amici non lo biasimavano, avevano tutti bisogno di un po' di tempo e Harry ancora non ne aveva avuto per piangere Sirius in pace.

Poi l'estate finì, e fu ora di tornare a scuola.
Sembrava surreale anche solo pensare che un luogo del genere potesse ancora esistere davvero dopo tutto quello che era successo.

Harry aveva avuto, fin dal primo istante in cui aveva messo piede alla stazione di King's Cross, la sensazione che quell'ottavo anno non sarebbe stato per nulla come i sei che aveva trascorso ad Hogwarts fino a quel momento.
E, per esperienza personale, di quel tipo di sensazioni iniziava a fidarsi automaticamente.

Era tutto come sempre al Binario, anzi, per la prima volta da sempre Harry ebbe la certezza che attraversare la barriera non potesse essere più facile.

Nel trovarsi dall'altra parte fu sopraffatto, tutto in una volta sola, da un'atmosfera più vivace e colorata che mai: il viavai non era mai stato più travolgente, gli schiamazzi e i saluti più allegri e rumorosi, gli sguardi su di lui e sulla sua cicatrice più insistenti e sfacciati.
I bambini di undici anni che lo indicavano apertamente ai loro genitori, quegli occhietti estasiati e i sorrisi riconoscenti di quegli sconosciuti...

Certo, a piccole dosi era gratificante, ma quella massa di maghi e streghe adoranti gli dava la nausea fino a fargli credere di poter esplodere da un momento all'altro.
Barcollava stordito lungo la piattaforma sollevando la testa e ricambiando debolmente alcuni di quei sorrisi, ogni istante più sicuro di essere sul punto di urlare a tutti i presenti di sparire, dargli pace.

Nightfall Whisper //DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora