Che tempismo

257 19 1
                                    

Fu una di quelle mattine in cui ti trascini a forza fuori dal letto, abbandonando il tepore delle coperte più lentamente possibile. Erano le nove di mattina ma sembrava pomeriggio inoltrato, la nebbia fitta e la pioggia ininterrotta avevano schiacciato il sole dei giorni precedenti; non c'era spazio più neanche per il più piccolo dei raggi solari. Gli uccellini mattinieri non cantavano e fuori dalla finestra non si vedeva altro che una fitta coltre grigia.

'Che tempismo'.

Abbandonare il letto caldo la mattina non mi era mai piaciuto e quella mattina, dopo una notte insonne, l'idea di separami dal comodo materasso mi faceva semplicemente schifo. Avrei passato tranquillamente tutta la giornata avvolto tra quelle coperte, inerme sul mio letto a baldacchino con le tende chiuse, ma il baule vuoto era proprio lì sulla sedia che mi attendeva inesorabile. Mi restavano meno di due ore per riempirlo, vestirmi e lasciare il castello. Per un momento pensai che forse avrei dovuto trascorrere le vacanze lì ad Hogwarts, lontano da tutto e tutti, senza nessuno a cui dover dare conto di quello che facevo o non facevo, libero di trascorrere tutte le mie giornate a marcire sul letto consolandomi con l'ottimo cibo delle cucine del castello; l'immagine della faccia di mia madre a quella richiesta si dipinse immediatamente nella mia mente e mi fece abbandonare di corsa quella prospettiva. Non restava altro da fare che alzarmi e fare quello che andava fatto. Aprì le tende e mi trascinai in bagno. Non avevo voglia di radermi, feci semplicemente la solita doccia e uscì. Davanti a me trovai il mio migliore amico in pigiama; mi fissava a braccia incrociate, con un'espressione per metà preoccupata e per l'altra metà addormentata. Ci guardammo per qualche istante, nessuno dei due sembrava aver voglia di dire niente e ringraziai Merlino per questo. L'ultima cosa che volevo era dover affrontare la realtà che mi stava logorando dentro.

«Ron. Come stai?»

Evidentemente avevo cantato vittoria troppo presto.

Non risposi subito, mi diressi verso l'armadio e diedi le spalle al corvino; sentivo il suo sguardo perforarmi la nuca.

«Sono stato meglio» risposi infine.

Lui non disse niente, mi guardò per alcuni secondi, poi si avvicinò, mi appoggiò una mano sulla spalla e mi abbracciò. Rimasi immobile, con le braccia lungo i fianchi e la schiena rigida; non capivo il perché di quel gesto. Non avevo bisogno della compassione di nessuno. Ma mi sentivo debole mentre Harry mi batteva delle impacciate pacche sulla schiena. Perché mi sentivo in quel modo?

Poi si allontanò e ritornò a piantare i suoi occhi verdi nei miei.

«Colazione?»

«No, amico. Non ho fame»

«Scherzi Ron? Ci sono le uova, il bacon e le salsicce stamattina» disse speranzoso di un riscontro positivo.

«Non importa, non mangerei nulla comunque» replicai asciutto.

Non rispose. Si infilò una tuta grigia e uscì chiudendosi la porta alle spalle.

«È più grave di quanto pensassi» sussurrò una volta chiusa la porta, convinto che non lo avessi sentito.

Ripensai a quelle parole mentre appallottolavo i vestiti dentro il mio baule. Harry e io ci conoscevamo da molto tempo e non avrei mai voluto che lui mi avesse visto in quel modo. Debole e spento. Perché per quanto non volessi ammetterlo, per quanto mi rifiutassi di guardare in faccia la verità, per quanto fosse comodo scappare da quella realtà così dolorosa, era in quel modo che mi sentivo. Impotente e succube di qualcosa che facevo fatica a riconoscere ma che mi lacerava dentro.


Non mi fermai neanche per un attimo, neanche cinque secondi di pausa. Probabilmente perché così facendo, così impegnato a sistemare meticolosamente gli indumenti e i miei effetti nel baule, avrei evitato che le emozioni prendessero il sopravvento, avrei riempito la mente e non ci sarebbe stato spazio per alcun tipo di pensiero che non fosse il baule. Avrei evitato di pensare a quella sera, a quanto mi facesse male un punto sulla sinistra del mio petto ogni volta che il ricordo sfiorava la mia mente. Avrei evitato di pensare a lei.

O probabilmente anche perché mi ero rotto i coglioni di essere sgridato dalla McGranitt.

Fatto sta che alle 10:55 il mio baule era sigillato, la stanza ordinata e mi avviavo a grandi passi in Sala Grande a raggiungere gli altri per andare alla stazione di Hogsmeade, segnando indelebilmente quel giorno sul calendario di tutti i tempi. Ron Weasley era in anticipo per la prima volta nella sua vita. In realtà la seconda, se si considera il parto cesareo di mia mamma Molly quando avevo deciso di fare la mia apparizione dieci giorni prima del previsto. Anche in quel caso mi ero rotto le palle.

I've known for a long time - RomioneWhere stories live. Discover now