Capitolo 684: Fu venduta al Valentino.

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L'Alégre era arrivato a Forlì verso le cinque del mattino e, dalla confusione che aveva trovato non appena varcate le porte della città, aveva capito di aver fatto bene a partire non appena ricevuto il messaggio del Borja.

Aveva chiesto, lungo la via per il palazzo dei Numai, cosa fosse accaduto, ma i soldati che incontrava sapevano solo dirgli la mezza Messa, passando dal riferire che il Balì di Digione aveva strappato la Tigre dalle mani del Valentino, ad assicurare che era stato il Valentino a voler consegnare la donna al Balì.

Confuso, Yves raggiunse la sua destinazione. Numai lo accompagnò personalmente fino alla stanza in cui alloggiava Cesare, e lo lasciò davanti alla porta, facendogli solo presente che il Duca era molto adirato e scosso per quanto accaduto.

L'Alégre bussò un paio di volte, ma dovette dire il suo nome, per farsi aprire. Una volta appurata l'identità del nuovo arrivato, infatti, il figlio del papa lo fece entrare immediatamente e, parlando veloce come il vento, gli riferì in ordine sparso tutto quello che era successo.

Con il passare delle ore, gli abitanti di casa Numai cominciarono a impensierirsi, perché dalla camera giungevano grida di rabbia e risposte altrettanto urlate. I brevi momenti di silenzio, poi, lasciavano intendere che il Valentino e il francese si stessero azzuffando.

Solo a mattina fatta – quando già il Balì di Digione era arrivato a reclamare il seguito della Sforza come proprio ostaggi al pari della Tigre – Cesare e Yves uscirono dalla camera.

"Si faccia come dite voi." concesse il Borja, scuro in viso, sputando ogni parola come se gli costasse una fatica immensa.

"E sia, allora." concluse l'Alégre, che, invece, sembrava essersi liberato da un grosso peso: "Oggi, dopo il pranzo, ci si incontrerà tutti in piazza, ci confronteremo civilmente e civilmente decideremo."

"Fate presente ai vostri amici clarissimi – soffiò il Valentino, mentre il suo interlocutore già raggiungeva il piano di sotto – che c'è più in gioco che non solo l'onore del re di Francia."

Yves fece un breve cenno con il capo e poi, sistemato il mantello sulle spalle, lasciò il palazzo dei Numai, per andare a parlamentare con il Balì di Digione e con tutti quelli che gli avevano dato manforte nella sottrazione della Leonessa.

Bisognava trovare, a suo avviso, un accordo che non scontentasse nessuno, ma, per farlo, avrebbe dovuto smussare le spigolature di tutti gli uomini coinvolti in quella che gli pareva quasi la tratta di una schiava.


Quando Caterina vide la porta aprirsi, ebbe un istintivo moto di paura che, però, si stemperò immediatamente nel vedere entrare Argentina e una delle sue vecchie sguattere di cucina. Portavano con sé un paio di piatti e una brocca di acqua fresca.

"Mia signora..!" fece la prima, avvicinandolesi in fretta e tenendo una mano verso di lei, come a volerle accarezzare il volto.

La Tigre, senza riuscire a trattenersi, si ritrasse. Era ancora troppo vivida la sensazione delle dita del Borja su di sé, per accettare serenamente che qualcuno la toccasse, fosse anche la sua cameriera personale.

"Noi donne stiamo bene, anche le figlie di Dianora. Messer Baccino voleva accompagnarci qui da voi, ma non gliel'hanno permesso." spiegò Argentina, ritirando subito la mano, intuendo il motivo della ritrosia della signora a farsi anche solo sfiorare.

"Comprensibile." commentò piano la donna.

"Siamo state mandate qui per aiutarvi a vestirvi per il giorno – disse a quel punto la sguattera di cucina – e noi abbiamo subito accettato per vedere come stavate."

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo (Parte V)Where stories live. Discover now