« Capitolo XI : Diamanti »

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< Papà ti prego ascoltami un secondo, se continuiamo così non risolviamo niente >

Sbottò la ragazza al telefono, sotto lo sguardo preoccupato del biondo.

L'uomo si rifiutava categoricamente di lasciarla parlare, continuando a rimproverarla.

< PAPÀ >

Gridò poi, facendo sobbalzare Byron che seduto nel proprio letto, vicino a lei, si mordeva il labbro inferiore.

Mai era stato così nervoso per qualcosa.

< Non abbiamo fatto nulla, io mi sentivo male e lui è venuto in bagno per consolarmi, tutto qui, capisci? >

Il padre sembrò solo calmarsi in quel momento.

Aveva ricevuto una chiamata dalla famiglia Love qualche ora prima, che comunicava di tenere lontana sua figlia dal ragazzo, definita più volte come sgualdrina.

Arya riattaccò dopo aver salutato il padre, che adesso doveva tornare a lavoro.

Sapeva che lui probabilmente non avrebbe fatto nulla per uscire da questa situazione, che avrebbe dovuto fare tutto da sola.

Ma la pressione che oramai da giorni, sentiva sopra le sue spalle.

Tutti la guardavano come se fosse un essere impuro.

E soprattutto Aphrodi, questo non lo sopportava.

Il suo angelo.

Una creatura così candida ed innocente, descritta come se fosse spazzatura.

Non aveva mai amato la violenza fisica, preferiva chiarire in modo maturo, ma non poteva negare di aver desiderato di poter picchiare qualcuno.

La sua reputazione invece, fra gli studenti era diventata ancora più ammirata.

'É riuscito a farsela dare da una santarellina'.

Provava un fastidio tremendo nel sentire commenti del genere.

Soltanto perché Arya era una ragazza, doveva essere chiamata puttana?

Avrebbe preferito che li avessero trattati allo stesso livello.

Strinse il pugno, sentendo poi delle morbide labbra appoggiarsi sulla sua guancia.

< Non te ne puoi fare una colpa, Byron. Noi sappiamo la verità, è questo che conta >

Riuscì a rilassarsi leggermente sotto il suo tocco, sempre così delicato ed attento.

Ma anche se quelle erano le sue parole, lui sapeva che in realtà si sentiva orrendamente dentro.

Come avrebbe non potuto?

Lei, che odiava la disonestà più di ogni altra cosa, ovviamente ne era turbata.

Il ragazzo tutto d'un tratto si alzò, illuminato da un'idea.

< Andiamo in un posto >

< Dove? >

< Aspetta e vedrai >

Gli occhioni della mora sembrarono tornare al loro normale bagliore per un secondo e subito, si affrettò ad afferrare la sua mano, ed uscire dalla stanza.

Finalmente suo padre le aveva procurato l'autorizzazione, quindi poteva uscire dalla scuola senza dover scappare.

Dopo aver superato sguardi curiosi e mormorii, entrambi furono liberi di poter andare in città.

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