Capitolo 25- NonTiScordarDiMe (2 parte)

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Avevo la piena confessione. Incredibile.

«Florence mi vuole morta. È così. Non è vero?»

Il giardiniere nascose il viso tra le pieghe del grembiule, troppo colpevole per guardarmi apertamente. Non poteva essere più diverso dall'uomo che vidi nella serra solo pochi giorni prima.

«Rispondetemi».

«Sì, milady» gemette. «Che Dio abbia pietà delle nostre anime».

«Dovrete rivolgervi al sacerdote per questo».

«Non denunciatemi, ve ne prego!»

«Non può finire così, Percy».

«Farò tutto ciò che mi chiederete ma non denunciatemi» implorò.

Mi tornarono alla mente le raccomandazioni di Dana. «Avete le prove di ciò che avete detto?»

Divenne improvvisamente serio e si scostò dal letto. «No, milady».

«Non dovete temere. Cercherò di non coinvolgervi».

«Non posso milady. La amo ancora e...vedete...è pericolosa».

Dovevo giocarmi il tutto per tutto. «Volete che parli con lord North?»

Avevo visto molte volte il Primo Ministro a corte ma non potevo definirlo amico; speravo nella mia buona sorte e nell'ignoranza del servitore.

«Milady, non chiedetemelo. Non posso».

La mia mente, in subbuglio, cercava un modo per farlo capitolare valutando velocemente qualsiasi strumento che ricordassi.

«Come vi ho detto, voi siete salva ed è un segno per me. Potrei dirvi che...» suggerì, abbassando il tono di voce. «... ho conservato con cura alcune lettere che hanno un immenso valore».

«Ditemi dove trovarle, Percy».

«Nel mio laboratorio. C'è uno scaffale pieno di erbe secche e di vasi vuoti. Troverete un vecchio libro consunto e rovinato. Le erbe del giardino del Signore andate a pagina 25. E andate la sera. Non troverete nessuno».

Lo ringraziai con un cenno del capo.

Percy prese un boccale e me lo porse. «Bevete questo ora».

Allungai la mano per afferrarlo ma ricordai all'improvviso il motivo per il quale ero lì e mi bloccai.

L'uomo sembrò capire. «È solo un tonico» disse, bevendo un sorso. «Vedete?»

Si voltò poi per uscire ma, alla porta, si girò nuovamente. «Cercate i NonTiScordarDiMe, lady Amelie».

Quando rimasi sola, con grande fatica, riuscii a lasciare il letto. Appoggiandomi alle colonne del baldacchino, indossai una vestaglia e mi sedetti alla toeletta.

Ero in condizioni terribili: i capelli arruffati, il viso pallido, forte occhiaie viola. Ma ero viva. Sospirai. "Devo agire ora. Non posso permettermi di riposare".

Sempre con l'aiuto del baldacchino indossai una semplice veste da giorno, color marrone scuro per potermi mascherare con l'oscurità esterna e chiusi i capelli in fazzoletto dello stesso colore. Presi l'ombrello da sole che aveva un bel manico robusto e uscii.

La porta si aprì cigolando e quel rumore sembrò risuonare per l'intera dimora. Con il respiro mozzo, osservai il corridoio vuoto e fortunatamente nessuno si vide all'orizzonte.

Nelle orecchie risuonava un basso fischio; la paura di essere scoperta e la mia debolezza mi preoccupavano alquanto ma dovevo essere veloce e felina come i gatti quando catturano i topi. Attraversai la zona padronale e scesi lo scalone facendo attenzione a non produrre rumore, il che era difficile a causa dell'ombrello che tintinnava ad ogni mio passo sul pavimento di marmo bianco. Fortunatamente riuscii ad arrivare all'atrio.

Davanti al portone d'ingresso dall'altezza massiccia mi fermai. "Come posso uscire di qui senza svegliare nessuno?".

Pensai velocemente ad un'altra soluzione e ricordai come nelle dimore nobili, dietro alle scale, vi era la zona delle cucine. Anche a Dowen House la disposizione degli spazi era identica così attraversai la porta di servizio trovandomi nel cortile esterno. Vi erano cassette di verdure vuote, otri di olio e di birra, carri pronti a partire nel caso i padroni avessero avuto qualche necessità alimentare.

Trovai il sentiero che conduceva alla serra e la raggiunsi quando la luna era ormai alta nel cielo. La mia ombra era chiaramente visibile ma cercai di essere veloce e fulminea ma davanti alla porta mi bloccai. Non avevo la chiave.

Provai comunque a girare la maniglia e quella si abbassò lasciandomi libero accesso di entrare. "Percy?"

Non potevo fermarmi a riflettere ed entrai. Vidi lì vicino una candela e, sotto di essa, la punta di un fiammifero. Di certo qualcuno aveva pensato, nel giusto, che sarei andata subito a reperire quelle prove e sorrisi della buona sorte e del buon cuore di quell'uomo.

Con la candela accesa percorsi per la seconda volta il tragitto addentrandomi nella prima parte della serra dei Dowen e oltre fino al laboratorio dove sapevo esserci la Passiflora.  Aprii la porta di vetro e ignorai la fioriera, il tavolo con vari dosatori e ampolle, i pentolini dove cuocere le pozioni.

Mi diressi direttamente alla libreria. Analizzai tutti i titoli, alcuni più consunti di altri, finchè trovai Le erbe del giardino del Signore.

Notai alle estremità dei fiori ormai secchi che fuoriuscivano. "Cercate i Nontiscordardime" aveva detto Percy e dovevano essere proprio quelli: i petali piccoli e azzurri e lo stelo lungo e sottile.

Aprii la sezione indicata dai segnalibri e notai un pacco di lettere chiuse da un nastro rosso. Ricordava il vestito di Florence alla mia partenza per Dowen House.

Misi il libro al suo posto e mi appoggiai al tavolo per potermi sostenere sentendo il tintinnare di alcune ampolle che avevo urtato. Sciolsi il nastro e presi la prima lettera del pacco. La aprii e iniziai a leggerla.

Sentii dei passi sopraggiungere e, velocemente con il cuore a mille, nascosi le lettere dentro al mio corpetto sperando che non si notassero.


Angolo autrice
Carissimi lettori, ho scritto di getto questo capitolo e, seppur l'abbia letto due volte, possono essermi scappati degli errori e perciò mi scuso :) Spero vi sia piaciuto.
Chi mai sarà questo disturbatore? Aspetto le vostre supposizioni.
XX

Intrigo a CorteWhere stories live. Discover now