Maya.

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considerate l'incipit come: "una ragazza si trasferisce ed inizia una nuova vita", siccome non penso di poter mettere l'incipit vero e proprio.


Il primo giorno della sua nuova vita, non le portò grandi soddisfazioni.

L'aveva passato, per la maggior parte, a rilassarsi, sorseggiando un paio di birre e ascoltando un po' di quella musica che la faceva sentire bene.

Prima di andare a dormire, si era voltata verso la cassa di noce e si era ripromessa che il giorno dopo sarebbe stata più produttiva.

Come predetto, si era alzata di buon ora -verso le 7-, e, dopo aver afferrato la sua borsetta, era volata immediatamente verso le strade di C.

Era una bella giornata, splendeva il sole, ma non era troppo caldo. Un gradevole venticello le accarezzava il volto mentre camminava in direzione di un bar, il più vicino a casa sua, secondo una sua applicazione.

Era di buon umore, ed dopo aver varcato la porta del locale -in vetro, sembrava essere stata pulita da poco, tanto che pensava sarebbe riuscita a specchiarcisi- il suo umore non fece che migliorare: era odore di paste calde, quello che sentiva?

Riusciva a sentire delle risate da dove, in teoria, doveva trovarsi la cucina. Doveva essere uno di quei posti dall'atmosfera amichevole.

Si avvicinò al balcone dove erano esposte decine di dolci diversi, prendendosi il suo tempo per decidere.

Non aveva ancora scelto, che dalla cucina uscì una ragazza, scherzando con una persona all'interno della stanza, che lei non riuscì a vedere.

Quando la ragazza si accorse della sua presenza, le sorrise immediatamente, avvicinandosi. «Buongiorno!» le fece «ha già scelto?».

Lei, da persona onesta qual era, le rispose: «In realtà no, sembra tutto così buono... ha qualcosa da suggerirmi?»

Due minuti dopo era di nuovo in strada, con un gran bicchiere di latte macchiato e una brioche così bella che pareva un peccato morderla.

Non si era organizzata una lista di cose da fare o un elenco di posti in cui voleva andare, quindi camminava alla cieca, osservando i mille negozi e le mille abitazioni di quella città. Fu più volte attirata da negozi di vestiti, in cui entrava, faceva un giro, e da cui poi usciva senza aver fatto acquisti.

E mentre usciva dall'ennesimo negozio a mani vuote, andò a sbattere contro una ragazza.

La ragazza le mormorò uno "scusa" di fretta, e poi riprese la sua corsa.

Confusa, si voltò a guardare cosa avesse di così importante da fare, e la vide correre dietro ad un gatto.

Accennò un sorriso, mentre la fissava afferrare il micio con aria vittoriosa.

Erano passati due minuti da quando aveva ripreso il gatto, che le passò di nuovo di fianco, superandola.

Mentre con una mano teneva l'animale, con l'altra sembrava stesse cercando le chiavi della porta che le stava di fronte.

Le ci volle un po' prima che le trovasse, che aprisse la porta, e che infilasse il gatto all'interno del posto.

Non ci rimase, nella casa: dopo aver lasciato il felino, uscì, diede due mandate alla porta d'entrata, e si diresse verso di lei.

Sembrava mortificata.

«Perdonami, non mi sono scusata come si deve. Immagino tu l'abbia visto- uhm... stavo rincorrendo Black Panther e-, sì, beh, ti ho colpita»

Lei accennò un sorriso: le era bastato vedere il gatto per perdonarla.

Probabilmente nessuna delle due ricorda come, ma dopo quelle scuse, si erano addentrate in interessantissime conversazioni sui fumetti e sui supereroi.

MayaWhere stories live. Discover now