é tutto nella tua testa.

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788 parole

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ogni tanto penso di me in terza persona. ogni tanto dovremmo tutti pensare di noi in terza persona, ripercorrere la nostra giornata come fosse quella di un personaggio partorito dalla mente creativa - o malata - di un aspirante scrittore o, magari, uno scrittore pluripremiato. io devo essere certamente partorito da uno scrittore in erba, o che l'erba se la fuma proprio, altrimenti st'accozzaglia di stronzate che mi costringe a vivere non si spiegano.
penso di me in terza persona e il risultato è quasi sempre lo stesso: menomale che c'è yoongi, perché senza lui la mia vita sarebbe inutile, nel vero senso della parola. passo troppo tempo a letto, non riesco a concentrarmi su nulla per più di dieci minuti e credo che le mie competenze, persino le più basiche come la comprensione del testo, stiano scemando. come se la schizofrenia paranoide non bastasse, la massa inutile che c'ho nel cranio sembra aver deciso di spegnersi completamente o, prospettiva ancora peggiore, di friggere. ma osservando la mia vita come fossi io il cretino che la scrive, posso dire che jimin è bravo perché ultimamente non si dimentica più di prendere i farmaci.
pensare di me in terza persona comunque aiuta, anche se mamma e i medici dicono che non dovrei per qualche strano motivo. mi sveglio la mattina e penso “jimin ora prende le medicine” e infatti le prendo proprio perché lo penso. perché se qualcuno deve scrivere la mia vita, non vedo perché non possa essere io. in fin dei conti anche quello che l'ha ideata è malato - chi, sano di mente, concepisce un dodicenne schizofrenico? - quindi tanto vale che il malato di turno che scrive sia io.
mamma e i dottori mentono quasi sempre, sono lì che insistono dicendo che non prendo le medicine, come se i contenitori potessero svuotarsi da soli. io lo so che mamma vuole vendermi alla scienza e fare soldi, lo so, per questo mi inpunto e prendo le medicine, così non può farlo. so anche che i dottori non vogliono curarmi e anzi, sono abbastanza sicuro che vogliano farmi credere che sono più malato di quanto io non sia. lo dico sempre a yoongi, lui è l'unico che mi ascolta sempre.
anche ora, sul letto, è seduto a gambe incrociate e mi accarezza la testa mentre gli racconto come ho scritto questa giornata. non ho fatto molto, ho qualche problema nel trovare qualcosa che mi interessi, mi scoccia tutto e non riesco più a leggere bene, però ho tolto l'ennesima pillola dal suo dispenser e ho deciso io ciò che avrei fatto. ho giocato a palla con taehyung, ho mangiato i waffle e io e yoongi siamo andati abbiamo giocato a nascondino. yoongi è un po' una frana a nascondino.

«no, yoongi? sei o non sei una frana a nascondino?».

yoongi mi guarda triste e io capisco che ha parlato di nuovo con mamma. ogni volta me lo rovina, e mi tocca ricordargli che mamma mente e dice solo bugie. è stancante, ma in fin dei conti yoongi è la cosa più bella in questa vita, da quando ci siamo incontrati all'ospedale psichiatrico tre anni e mezzo fa.
é stato un po' la mia salvezza, yoongi. con il sorriso gengivale da bambino e il suo fare schivo, ma affettuoso. poi ascolta tanto e si lascia trascinare da me, non sa proprio dirmi no. ci addormentiamo insieme quasi ogni notte e passiamo l'intera giornata a chiacchierare e giocare, lo aiuto anche a nascondersi nell'armadio quando sento i passi di mamma che si avvicina.

«sai perché sono facile da trovare, per te».

jimin pensava spesso alla sua vita in terza persona e si convinceva di scrivere quanto viveva. la mattina, però, quando di alzava, prendeva una pillola e la buttava nel cesso, tirando poi lo sciacquone, non la ingoiava. mangiava i waffle e sorrideva a yoongi, seduto di fronte a lui. poi, passava la giornata in camera. taehyung giocava a palla con suo padre, jimin li osservava e fantasticava di giocare con lui. non leggeva i libri che gli venivano regalati per paura di ciò che contenessero, scandiva perfettamente le parole ma si convinceva di non comprendere, perché il messaggio segreto, tra le righe del libro, gli sfuggiva - perché inesistente.
ogni sera abbracciava yoongi, quel ragazzino con la pelle dello stesso colore delle pareti della stanza d'ospedale, e dopo avergli raccontato la giornata lo rimproverava aspramente, perché continuava a dire sempre quella frase, che jimin non riusciva che a reputate una bugia.

«sono solo nella tua testa, jimin. dovresti ricominciare la cura».

jimin si metteva seduto e gli spiegava con cura perché non dovesse ripetere sempre quella menzogna, ignaro di star parlando con il muro da anni.

«stai male» rispondeva il parto della sua immaginazione, scuotendo il capo ogni volta.

jimin, gli occhi vacui sul muro, sentiva le lacrime affiorare ogni volta. scuoteva a sua volta il capo e guardava yoongi.

«promettimi che questa volta non te ne andrai se le prendo».

yoongi lo permetteva ogni volta. jimin ricominciava la cura. yoongi spariva ogni volta e jimin, solo, tornava a svuotare i flaconi nel cesso in cerca del suo amico.


proprio fine a sé stessa sta cosa.

lo sciacquone. yoonminWhere stories live. Discover now