Estoy contigo

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"Ognuno per la sua strada"
È la frase che hai detto un mese fa, giorni dopo che ci siamo visti per l'ultima volta. È stato poco prima della serata ai Platino.
Me l'hai detto al telefono, per messaggio. Non di persona. Non a voce.
È stato più facile così, per te, ma non per me.
Non per me che volevo delle spiegazioni, che volevo capire ciò che stava accadendo nella tua testolina che non ha mai delle idee chiare. Perché con te è così: un momento prima pensi una cosa, e quello dopo un'altra. Non hai mai una linea retta da seguire.
Non per me che, ad oggi, mi ritrovo ancora con domande senza risposta e con te, lontana chilometri e chilometri, che mi dai le spalle ed il silenzio, che poi tanto silenzioso non è.

Chissà come stai. Perché volevo chiedertelo l'altro giorno, sai?

Come stai.

Ho provato a scriverti un messaggio, ma non ti è mai arrivato. L'ho cancellato. Un po' per per paura di non avere una risposta da te, un po' per non farti perdere l'equilibrio che, forse, stai cercando di riacquistare.
Che poi, tu, ce la fai a tenerti in piedi, anche senza di me, anche senza nessuno. Solo da te, perché sai tenerti. Ma forse ti sei tenuta talmente tanto a lungo, a furia di mettere da parte le tue insicurezze per far spazio alle mie, che hai finito per lasciarti cadere quando eri da sola, senza nessuno pronto a prenderti, senza me.
Ti immagino ancora un po' distrutta. Dai tuoi pensieri, dal lavoro, da me, da noi, da te stessa, dalle ore di sonno mancate.

Le hai recuperate?

Hai dormito? O non sei riuscita più?

Hai toccato il fondo?

Spero di no.
Tu non sei me. Tu non tocchi il fondo. Tu ti rialzi prima ancora di vederlo, perché sei fatta così. Ti tiri su, piano piano.

Lo vedi? Volevo chiederti molte cose, dirti delle cose, ma ora è diventato difficile.
Ultimamente tante cose con te sono diventate difficili, sai?
È diventato difficile parlarti, dirti "mi manchi", e dimostrartelo, fartelo capire. Prima era facile dirlo anche ad alta voce, era facile dirti "mi sei mancata" mentre ti guardavo negli occhi, mentre mi respiravi nella bocca prima di spogliarci dei vestiti, delle paure, delle preoccupazioni, per poi fare l'amore. Era facile dimostrartelo mentre ti stringevo di più addosso a me per farti capire quanto fosse stata forte quella mancanza, perché le parole non erano sufficienti per rendere.
È diventato difficile farti capire che ti penso, anche quando non sono a casa, anche quando tu non ci sei fisicamente, perché poi in realtà ci sei. Perché non posso andare via per lavoro che ti ritrovo in quello che faccio, in quello che vedo, nei posti che vivo e che vorresti fare anche tuoi un giorno. E li condivido questi posti, con tutti, col mondo, col solo scopo di farli vedere anche a te.
Ti mostro tutto, dalla cosa più stupida alla più importante: la vista dalla mia camera d'hotel, vuota, al tramonto; il mio incontro con i lama a cui hai detto che assomigliavo l'ultima volta che mi hai visto con la barba lunga; la cascata di Iguazú che hai detto sarebbe stata una delle tue mete appena saresti venuta in Argentina.
Ti mostro tutto, condivido tutto.
Hai visto, quanto è bella la cascata? Soprattutto con quell'arcobaleno che sembra circondarla.
Il rumore è forte, quasi assordante da impedire ai pensieri di prendere posto nella testa. È quasi come se li congelasse e ne interrompesse il flusso.
Mi fa sentire bene, mi fa sentire stranamente libero, leggero ma non del tutto. Sento ancora un piccolo macigno addosso, ma non è niente in confronto a quello che c'è quando ci sono pensieri che dici sempre che devo lasciare andare.

L'autista che ci ha accompagnati mi racconta dell'esistenza di una leggenda su questo posto che narra di un Dio che pretendeva di sposare Naipù, una ragazza bellissima, che però scappò in canoa col suo amante, Caroba. Il Dio, infuriato, creò le cascate nelle quali fece cadere i due amanti. La ragazza divenne roccia, il ragazzo un albero, ma entrambi continuano ancora ad osservarsi.
Nel mentre rimango a guardare le cascate estasiato e accenno un sorriso.

Tu lo sapevi già, non è vero?

Certo che sì, tu sai sempre tutto prima che lo sappia io.

Tu mi stai addosso, sempre, anche senza volerlo, anche quando non lo vedo. Però ti sento, anche se hai alzato dei muri attorno a proteggerti.
E non è più così strano sentirti, sai? È bello. Ho imparato ad accettarlo, ma mai a farci l'abitudine. Dopotutto tu non lo è mai stato. Tu non lo sei mai stata, non lo saresti stata neanche se le cose fossero andate diversamente.
E forse avrei dovuto dirtelo, che stare con te era bello sempre, anche quando non facevamo nulla. Anche quando nelle giornate di pioggia prendevi una coperta grande, la usavi per coprire entrambi e poi ti rannicchiavi contro di me, mentre leggevi uno dei tuoi libri sul femminismo, solo per farti coccolare un po'.
Forse avrei dovuto dirtelo che con te non ho paura di lanciarmi senza avere un paracadute sulle spalle, senza alcuna rete sotto pronta a prendermi.
Forse avrei dovuto dirtelo che dovevi smettere di bloccarmi quel "noi", di farmelo morire in bocca con un bacio, e che meritava di essere pronunciato.
Una serie di "forse" e domande è quello che adesso mi hai lasciato addosso insieme a tutto il resto, insieme a te.
Che poi lo so che mi senti anche tu ancora un po' addosso, anche se non vuoi dirmelo, anche se stai cercando di prendere le distanze da me, di scacciarmi via il più lontano possibile.

E allora sai che c'è?

C'è che forse smetto di tenermelo dentro e lo urlo, tanto gli altri sono in auto, nessuno mi sente. Siamo solo io e le cascate.
Lo urlo a pieni polmoni, nel rumore, nel vento, prima di dirtelo per messaggio.

'Estoy contigo'

𝑬𝒔𝒕𝒐𝒚 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒊𝒈𝒐Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum