La notte d'inverno

19 1 0
                                    

Era una fredda sera di dicembre e il vento soffiava inesorabile per le strade di Hill Valley, un quartiere fuori città le cui case erano state costruite di recente e dove la maggioranza dei giovani aveva deciso di prendervi alloggio nonostante i costi esorbitanti. Cinque di questi giovani decisero di affittare un appartamento piccolo e non molto lussuoso ma molto accogliente e caloroso, in netto contrasto con le temperature basse fuori dalle sue mura. Il gruppo era composto da quattro ragazzi e due ragazze; tra loro Caty, che si sentiva sempre un po' fuori posto in mezzo ai suoi amici, tutte persone poco raccomandabili, come avrebbe detto sua madre, ma i consigli della sua genitrice non la sfioravano perché nonostante tutto erano le uniche persone che conosceva, e malgrado tutte le cose orribili che facevano agli altri abitanti di quel piccolo quartiere, sapeva che non l'avrebbero mai sfiorata con un dito.
Caty quella sera era come sempre al bar di periferia con i suoi cinque amici, e nonostante i loro incitamenti, lei non aveva intenzione di bere. I giovani avevano deciso, notando l'improvvisa piccola bufera che era cominciata fuori dal locale, che sarebbero rimasti ancora dieci minuti prima di tornare a casa sperando che la tempesta si sarebbe placata almeno un po'. Caty controllò l'orologio alla parete sperando che i dieci minuti fossero passati per poter tornare a casa. Non ce la faceva più a stare nel bar e nonostante gli altri ragazzi non lo mostrassero chiacchierando con il padrone del locale, anche loro cominciavano a manifestare i primi sintomi di stanchezza. Decise di alzarsi e con un colpo di tosse richiamò la loro attenzione facendoli girare verso di lei, poi con un cenno del capo indicando la porta fece capire che era ora di andare. Voleva andarsene anche se sapeva cosa l'aspettava: un tratto di strada da fare verso casa da sola di notte. Sua madre era molto protettiva e sebbene la lasciasse andare fuori con quegli strambi ragazzi, come li definiva lei, non aveva nessuna intenzione di mandarla a vivere fuori città, fine della storia. Caty aveva insistito molto su questo argomento ma la madre, testarda com'era, non gliela voleva dare vinta opponendosi alla figlia ogni volta che cominciava a parlare di quel tema. Dopo un po' la giovane scoraggiata aveva lasciato perdere perché non ne sarebbe valsa la pena, e quindi da quando gli amici si erano trasferiti nella zona esterna della città doveva sempre percorrere un tratto di strada per raggiungere il loro appartamento.
I ragazzi passarono per i vicoli secondari per poi sbucare sulla via principale, dove a pochi metri da loro si trovava il piccolo appartamento. Caty li salutò tristemente, avviandosi verso casa sua. Sapeva che la madre non era in casa ma sapeva che sarebbe tornata la mattina dopo molto presto e se non l'avesse trovata in casa si sarebbe preoccupata a morte, insinuando che i suoi amici avevano una cattiva influenza su di lei.
Decise di rimanere sulla strada principale, invece che per i vicoli secondari, e sulla via di casa trovò qualcosa di strano. Un singhiozzo persistente riecheggiava per la strada desolata, e appena Caty si accorse di un bambino sul ciglio della strada che tremava e piangeva. La giovane, dal cuore buono, prese coraggio e si avvicinò al piccolo.
«Ehi piccolo che ci fai qui al freddo a quest'ora?» gli chiese a bassa voce titubante. Lui emise un sussulto e singhiozzò impaurito. «Tranquillo, non ho intenzione di farti del male, forza vieni» disse porgendogli la mano. Lui scettico la afferrò dolcemente e lei, pensando alla casa vuota, decise di portarlo con sé. Era molto magro, quasi scheletrico, e Caty decise che appena arrivati a casa avrebbero mangiato. Entrambi.
Durante il tragitto verso casa il bambino rimase silenzioso e Caty si sentiva sempre più in imbarazzo e non vedeva l'ora di portarlo dentro casa, aveva una fame! I due arrivarono molto velocemente e entrando dentro casa il ragazzo sentì, nonostante la sua giovine età, che c'era qualcosa che non andava in quell'abitazione. Lei lo accompagnò in cucina.
«Allora, aspettami qui. Arrivo solo tra un attimo, intanto bevi questo bicchiere di latte» gli disse porgendogli una grande borraccia stracolma di un liquido bianco, tendente al verde. Vedendo la faccina sconvolta del ragazzo aggiunse: «Tranquillo, è la marca del latte! Poi potremo sgranocchiare qualcosina, ti va?» Il bimbo stava per annuire ma la giovane si era già fiondata lungo il corridoio, senza aspettare risposta dal bambino. Il piccolo si guardò intorno, notando la singolarità della cucina in cui si trovava, e poi contemplò il grande bicchiere di latte appoggiato sulla penisola della cucina. Non aveva intenzione di bere a casa di sconosciuti, ma la sete era troppa così si avvicinò al boccale e cominciò a mandare giù grandi sorsate. Era buono, davvero molto buono. Forse fin troppo buono... Il ragazzo cadde per terra con un rivolo di sangue alla bocca. Caty sentì il tonfo.
Si mangia, pensò.
Forse il piccolo aveva ragione.
Forse non avrebbe dovuto bere.

~Anna

Colpi di scena.Where stories live. Discover now