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"Perché tu eri per me
la misura di tutte le cose."
- Franz Kafka, Lettera al padre.

Caro papà.
Caro babbo.
Caro... tutto.

Io non lo so come si scrive una lettera a un padre. Non l'ho mai fatto. Da bambina, con l'aiuto della mamma o delle maestre, ti scrivevo i bigliettini per il compleanno o per la festa del papà. Però non era la stessa cosa. Quei biglietti erano pieni di brillantini, segni di pennarelli colorati che mi scappavano dalle dita e mi macchiavano i palmi, disegni sbilenchi di cuori rossi a riempire ogni angolo del foglio.

Non era la stessa cosa.

Perché questa lettera sarà diversa. Sarà una lettera d'amore per te.

Quando penso a te io vedo...

La scatola con il fiocco bianco piena di praline al cioccolato che ci hai portato quella volta che ti sei rotto la gamba scivolando nella doccia, come se la consolazione servisse a noi, e non a te; le pagine ingiallite dei tuoi vecchi libri, con ancora l'etichetta del prezzo in lire e le parole sbiadite dal tempo; i bambolotti che portavi a casa nel fine settimana, quando rientravi da lavoro.

Sento ancora il profumo di carta appena stampata, quando il sabato pomeriggio ci portavi in libreria e ci lasciavi scegliere tutto quello che volevamo. E il rumore delle palline da tennis che scivolavano sul campo rosso, e che io raccoglievo in fretta per farti continuare a giocare, sporcandomi le dita di terra artificiale. Le canzoni alla radio, e tu che mi chiedevi a memoria la formazione dei Beatles, o di distinguere tutti gli strumenti, e l'orgoglio che mi gonfiava il petto ogni volta che davo la risposta giusta e scorgevo il tuo sorriso riflesso nello specchietto retrovisore.

Ricordo quando mi raccontavi di quando eri bambino, e della minestra della nonna che dopo tanti anni ancora ti mancava. Di quando mi prendevi sulle tue ginocchia e insieme sfogliavamo con cura i vecchi album, e tu mi dicevi di fare attenzione, perché erano così fragili da rovinarsi con un soffio di vento. Di quella volta in cui mi hai insegnato a giocare a poker, e poi mi hai fatto vincere.

Ricordo quando ti chiedevo di fare la lotta, e le tue mani grandi che mi prendevano dai fianchi e mi mettevano a testa in giù. Io che vedevo il mondo sottosopra, e ridevo così forte che a un certo punto non respiravo più, e la pancia che mi faceva male. Ricordo quando salivo sui tuoi piedi e ballavamo insieme, appoggiavo la tempia contro il tuo petto e sentivo il tuo odore di sigarette Philipp Morris gialle e schiuma da barba.

Ricordo quando ti arrabbiavi perché giravo a piedi nudi sul parquet. Dicevi che è dai piedi che partono i malanni, ed è per questo che vanno coperti. Sono passati vent'anni e ancora non riesco a togliermi i calzini quando entro in casa.

Ricordo quando abbiamo salvato quel passerotto dal ciglio della strada, ma era così malconcio che mi è morto tra le mani poche ore dopo. E ricordo il tuo discorso sulla morte, tu che mi dici che non bisogna avere paura, che è solo come addormentarsi e non svegliarsi più.
Ricordo quando il tempo si è portato via la nonna, e in chiesa tu sei rimasto in un angolo con la testa bassa e gli occhiali appannati, e io ho pensato che ora non avevi più una mamma o un papà.

Ricordo quando mi hai detto che non ero una brava figlia, e che non ti avevo mai voluto davvero bene. Quando hai visto un tatuaggio spuntare dalla manica della mia maglietta e ti sei chiuso in te stesso, sussurrando che lo avevo fatto per farti soffrire. Quando hai sentito l'odore di sigaretta sulle mie dita e hai urlato che le figlie non dovrebbero deludere i padri.

Ricordo i singhiozzi di mamma al telefono, lei che si chiudeva in camera da letto pensando che così non potessimo sentirla. Tutte le recite scolastiche in cui ti ho cercato tra quei volti sconosciuti, senza mai trovarti. Gli insegnanti che non hai mai conosciuto, gli amici i cui nomi non ti sei mai ricordato, i fidanzati che eri sicuro sarebbero stati di passaggio, anche quando io avevo il cuore pieno d'amore e di illusione.

Ho ballato a lungo in equilibrio sui tuoi piedi, poi, a un certo punto, non li ho trovati più. Mi sono sentita cadere, come quando allunghi la gamba nella convinzione di toccare un gradino che, invece, non esiste.

Guardavo le altre bambine sulle spalle dei loro padri, le loro mani grandi da uomini che intrecciavano nei capelli lunghi, o che lisciavano le gonnelline a balze. Dicono che il primo amore di una donna sia sempre suo padre. Io ti ho amato, papà, di questo sono certa. Però ti ho anche odiato tanto. E tutti gli amori che sono venuti dopo di te, tra le promesse di essere diversi o forse uguali, in mezzo alle aspettative mai raggiunte, sono stati solo un ridicolo tentativo di non sentirti più dentro alle ossa.

Questa è una lettera d'amore. L'amore che tu hai dato a me, e che io custodisco in un angolino del mio cuore, nonostante tutto. L'amore che io ho provato per te, quando alzavo gli occhi e ti vedevo alto, forte, incredibile. Io sono cresciuta, e tu ti sei rimpicciolito. O forse ho soltanto smesso di alzare gli occhi.

Questa è una lettera d'amore. L'amore che tu avresti meritato in tante occasioni, ma che non ti è arrivato. L'amore che avresti dovuto riservare ad altri, ma che non hai saputo esprimere.

Tu non hai saputo fare il padre, e io, forse, non ho saputo fare la figlia. Non sempre, almeno. Abbiamo scontato la nostra pena strappandoci l'amore dal petto per darlo a qualcuno che non avrebbe potuto apprezzarlo, disimparando a conoscerci l'un l'altra, dimenticando quegli album di foto, quelle palline da tennis, quelle praline al cioccolato.

Questa lettera è il mio atto d'amore per te. Sto alzando gli occhi, papà. E ancora una volta ti vedo lì, cavaliere con spada e mantello, pronto a raggiungere la torre e salvarmi. Anche se su quella torre mi ci hai rinchiuso tu.

Balleremo ancora, un giorno. Io alta come te, dritta sui tuoi piedi larghi, non più preoccupata di sporcarti le scarpe. E tu mi dirai che non importa se sono scalza, o se ho i polpastrelli ingialliti dalla nicotina, o se mi sono innamorata di qualcuno che non sei tu. Perché io sono tua figlia, e questa è la tua lettera d'amore per me.

Lettera d'Amore a mio PadreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora